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Sardegna. Tonnellate di abiti donati alla Caritas finivano sulle bancarelle di Napoli

Il traffico di abiti, nuovi o usati, comunque in buono stato di conservazione, andava probabilmente avanti da tempo.

Ci sono voluti molti giorni di lavoro per riempire quel semirimorchio, fermo presso il centro raccolta Caritas di via Po a Cagliari, poi messo sotto sequestro a seguito di un blitz effettuato la sera del 6 gennaio, nel porto del capoluogo sardo, dal Nucleo investigativo regionale della Guardia Forestale, guidato dal commissario Ugo Calledda, su disposizione del sostituto procuratore Guido Pani della Direzione distrettuale antimafia.

Cinque gli indagati: Andrea Nicolotti, referente dei servizi di approvvigionamento e logistica della Caritas, Tonino Marras, della Derichebourg, società attiva nel campo della gestione rifiuti e recupero di abbigliamento usato, Guido Afflitto, titolare di un'azienda per il riciclo del vestiario nell'Isola, Giampiero Cesarini e Rosa Contiello coniugi di origine campana da tempo residenti in Sardegna e attivi nel settore del recupero di abiti usati. Si sospetta che la raccolta di vestiti, ufficialmente effettuata per fini caritatevoli, in realtà funzionale al mercato clandestino e alle bancarelle del napoletano, andasse avanti già da tempo. Difficile credere a un caso isolato con l’indagine, durata mesi, partita da una segnalazione anonima pervenuta forse proprio dall’interno della Caritas diocesana: sintomo di un malessere verso un traffico di cui qualcuno era al corrente e che andava avanti già da tempo.

Organi di stampa isolani rilanciano l’ipotesi che anche i vestiti raccolti per i migranti, durante la Fiera di Cagliari che si tiene ogni anno in prossimità del periodo estivo, possano aver fatto la stessa fine: stipati dentro un autoarticolato per poi essere venduti, dopo lo sbarco nel porto di Napoli, nelle bancarelle campane. Ad alimentate il traffico, gli indumenti raccolti in molti paesi dell’Isola.

In caso di beneficenza la normativa non prevede particolari restrizioni: la Caritas effettua la raccolta degli indumenti, li seleziona e li dona ai bisognosi senza ulteriori passaggi. Al contrario, nel caso in cui questi stessi indumenti dovessero essere messi in vendita, si applicano le leggi sullo smaltimento dei rifiuti, trattandosi appunto di abiti usati che in quanto tali necessitano di un processo di igienizzazione. E’ anche in relazione al rispetto di queste procedure che si concentra l’attenzione della Procura.

I reati contestati agli indagati sono due: traffico organizzato di rifiuti e truffa in concorso. In attesa di sviluppi l’imbarazzo è palpabile tra i volontari di via Po e gli stessi palazzi diocesani. Nel frattempo la Caritas di Cagliari ha diramato un comunicato: oltre a ribadire la funzione “istituzionale” di aiuto ai poveri e ai migranti, e il consueto auspicio che le indagini della magistratura facciano il loro corso, viene annunciata la sospensione immediata “di ogni attività di raccolta di indumenti sino a che non venga fatta luce” sulla vicenda. Una sospensione che, considerati i tempi della giustizia e il tenore dei reati ipotizzati, si prospetta piuttosto lunga.

Le dimensioni del traffico sembrano d’altronde rilevanti: il blitz effettuato nell’area portuale di Cagliari ha portato al sequestro di svariate tonnellate di vestiti donati da cittadini, associazioni e commercianti. Il semirimorchio, pronto per l’imbarco, era stato preso in carico dalla società Logistica Villano (due sedi, una ad Angri e una a Cagliari) che non risulta coinvolta nell’inchiesta ed è pertanto estranea alle accuse.

L’indagine della Direzione distrettuale antimafia è ancora all’inizio. Il sospetto è che la commercializzazione clandestina fosse inquadrata in un vero e proprio racket, del capo usato o del fondo di magazzino, governato da organizzazioni malavitose vicine alla camorra. Non è un caso che a muoversi sia stata la Dda. Si ipotizza che i vestiti siano finiti non solo nelle bancarelle del napoletano, ma addirittura in quelle del nord Africa.

Come riferito dall’Ansa, le indagini della Forestale hanno imboccato anche la pista di un utilizzo illecito del logo Caritas, con l’organismo “per la promozione della carità” che in questo caso figurerebbe come parte lesa.

La vicenda fa tornare di attualità alcuni sospetti sulla gestione delle attività legate all’assistenza ai poveri da parte della Caritas cagliaritana. Alcuni mesi fa, Enrico Fresu, giornalista dell’Unione Sarda, aveva firmato numerosi articoli sulla vicenda delle carni avariate che sarebbero state servite sui tavoli della mensa diocesana. Anche in questo caso a dare il là alla curiosità della stampa fu una segnalazione proveniente dall’interno, forse spia di un malessere causato da non limpidissime modalità di gestione delle innumerevoli attività caritatevoli da parte della diocesi cagliaritana. Alla conferenza stampa di “autodifesa” partecipò, oltre a don Marco Lai, “reggitore” della Caritas sarda e all’arcivescovo di Cagliari, Arrigo Miglio, proprio uno degli indagati della vicenda oggetto di questo pezzo, Andrea Nicoletti, il cui avvocato ha già dichiarato all’Ansa: "Il mio assistito è estraneo ai fatti, lo dimostreremo il prima possibile. Confidiamo e abbiamo fiducia nella magistratura".

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