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Sardegna. Michela Murgia contro le "schiavitù militari" nell’isola

C'è una Sardegna nascosta, che sfugge alle rubriche turistiche dei grandi giornali e alle cronache mondane della Costa Smeralda. E' la Sardegna delle servitù militari su cui, in questi giorni, è cresciuto sensibilmente il dibattito tra sardi per gli effetti poco piacevoli sulla vita di migliaia di cittadini e sulle attività economiche degli allevatori e di altri comparti economici. Tutto è posto in relazione alla "presenza militare" che interessa ampie aree come il Salto di Quirra, dove la Procura della Repubblica di Lanusei ha interdetto il pascolo ai pastori (5 mila capi di bestiame) o Capo Teulada. Non si salva neanche lo spazio marittimo e aereo intorno alla Sardegna utilizzato per le esercitazioni aeree e navali. Queste attività non solo condizionano il traffico civile con attese di passeggeri in aeroporto ma producono forti vibrazioni sui vetri delle case di numerosi paesi della costa dell'oristanese e anche della zona di Buggerru, dovute alla velocità supersonica raggiunta dai velivoli, nonché a bombe e missili, che cadono a poche miglia dagli abitati.

In tutta questa vicenda, secondo quanto è noto, c'è che lo Stato italiano affitta a eserciti di varie nazioni il Poligono del Salto di Quirra, ricavando un milione e duecentomila euro per ogni giorno di utilizzo. E qui interviene la scrittrice Michela Murgia la quale, in un intervento molto critico sul nuovo quotidiano Sardegna24, chiede i quindici milioni di euro che lo Stato italiano ha promesso di versare come risarcimento ma che in realtà non sta versando. "Ma non commettiamo neppure per un momento, conclude la Murgia, l’errore di credere che il prezzo della nostra servitù sia tutto lì".

Ben pochi infatti sono i vantaggi che la Sardegna ha ricavato nei secoli dallo stato nazionale. E anche i governi regionali hanno fallito lo sviluppo economico e sociale dell'isola, per quanto dotati di un'autonomia legislativa e regolamentare, ampia e in settori esclusivi. Ma nello scenario critico dell'economia isolana attuale, le servitù militari non sono considerate un'opportunità di sviluppo e neanche una rendita, perché i costi in termini di salvaguardia della salute sono altissimi e producono l'abbandono del territorio per la sua invivibilità. Si fa quindi strada, nei sardi, la consapevolezza che è l'ambiente, la sua tutela, il core business di uno sviluppo sostenibile su cui basare il futuro delle generazioni future, ma i tempi sono sempre più stretti.

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