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Saras. Basta con gli eroi!

Ora che è morto la Patria si gloria d’un altro eroe alla memoria.
Ma lei che lo amava aspettava il ritorno d’un "soldato" vivo, d’un eroe morto che ne farà? Se accanto, nel letto, le è rimasta la gloria d’un altro eroe alla memoria.
(F. De Andrè)

Bruno Muntoni, 56 anni, è l’ultimo "eroe".

Così viene oggi definito dalla stampa per il suo gesto, diretto a salvare la vita ai suoi colleghi Gino Solinas (27 anni) e Daniele Melis (30 anni), ma ha trovato anch’egli la morte ad attenderlo.

Bruno Muntoni era il più anziano ed esperto dei dipendenti del Consorzio Comesa, impegnati nella Mildhydrocracking 1 unit, un silos orizzontale di oltre 10 metri che ha la funzione di accumulare il gasolio e contenere gli idrocarburi che poi sono desolforati.

Lavoravano alla raffineria Saras di Sarroch, in provincia di Cagliari: raffineria appartenente ai fratelli Moratti.

Oggi sono state indette otto ore di sciopero da parte dei sindacati, e sono attesi in giornata il presidente e l’ad della raffineria, Massimo e Gianmarco Moratti, per portare un "conforto" alle famiglie degli "eroi".

Dall’inizio dell’anno gli eroi che al mattino sono usciti di casa per andare a lavorare e che non hanno fatto più ritorno alla loro casa, ai loro affetti, alle loro mogli, sono 422: cifra approssimata per difetto in quanto mentre scriviamo si continua a morire.

Dall’inizio dell’anno le cronache registrano 422.104 infortuni e 10.552 invalidi: sono le cifre di una guerra.

A niente è valso l’insegnamento della tragedia della Thyssen di Torino, a niente è valso l’impegno artistico di persone che hanno tentato di raccontare quella tragedia, come Mimmo Calopresti il quale l’ha raccontata quella sciagura con il film "La fabbrica dei tedeschi".


Ostracismo e fastidio è stato espresso costantemente da parte di Confindustria e dei suoi massimi vertici per la legge 123 del 2007, approvata dall’allora governo Prodi, e per la quale è ancora in alto mare l’approvazione dei decreti attuativi: senza i quali la legge stessa è svuotata dei principi che voleva affermare, la diretta responsabilità di tutti i soggetti che si occupano di sicurezza sul posto di lavoro.

La legge prevede che vengano istituiti organismi misti di controllo, composti da rappresentanti dei lavoratori, da rappresentanti delle aziende e dalle Asl.

Si introduce altresì il carcere per tutti coloro che mettono a repentaglio la vita e la sicurezza di chi lavora.

L’allora direttore generale di Confindustria, Maurizio Beretta, aveva definito ingiustificato l’inasprimento delle pene: come se i tre morti al giorno di media nei luoghi di lavoro non fosse una ragione significativa.

Ma le responsabilità vanno attribuite anche ai sindacati; a quei stessi sindacati che oggi si mostrano addolorati e che attuano forme di protesta davanti ai cancelli delle fabbriche.

Ma dov’erano i loro rappresentanti sindacali aziendali, i loro Rsl (responsabili della sicurezza sul lavoro) mentre gli altri operai, quelli che veramente lavorano, mettono a rischio la propria pelle? 

La verità è che non soltanto Confindustria è responsabile di questa carneficina, in quanto trova la scusa della crisi per non spendere per la sicurezza, ma responsabile sono gli stessi sindacati, tutti poco propensi ad incidere significativamente sui vertici aziendali al fine di tutelare i propri colleghi.

I sindacati italiani, culturalmente, sono poco inclini ad assumere responsabilità in solido con le aziende.

Questa è l’accusa da muovere a tutti loro, questa la loro follia e la nostra quotidiana barbarie di soldati che combattono una guerra non dichiarata.

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