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San Severo (Foggia), tentato omicidio ai danni di due africani

Sono stati aggrediti due africani a San Severo (Foggia), dove ha sede l'Associazione "Ghetto Off". Il tentato omicidio si è consumato, nel corso della carovana antimafia del 30 aprile promossa dall'omonima onlus che si batte per la chiusura del Ghetto di Rignano Garganico, e la costruzione di un ecovillaggio dove accogliere dignitosamente altri migranti in terra di Capitanata. Per Daniele Calamita, Segretario generale della FLAI-CGIL, parlare di caporalato equivale a parlare del “braccio armato e crudele della nuova mafia".

 

Il fatto eclatante è stato comunicato per nota scritta da Libera San Severo, Art Village e Ass. Ghetto out.

"Sono due africani di Casa Sankara – si legge - impegnati con noi nella lotta contro il caporalato e per l’attuazione del progetto regionale Ghetto off-Capo free. Con la lotta nonviolenta risponderemo tutti uniti contro queste aggressioni vili. Invitiamo tutti gli africani del Ghetto a liberarsi dai caporali, uscire dal Ghetto e venire a Casa Sankara, per decidere insieme per il lavoro, per una abitazione dignitosa, per l’autodeterminazione."

“L’episodio non fa che confermare l’urgenza con la quale si deve arrivare allo smantellamento del ghetto di Rignano, così come la Cgil, la Flai ma soprattutto i lavoratori migranti chiedono da tempo”, affermano Antonella Morga, segretaria regionale della Cgil, e Filomena Trizio, segretario generale della Camera del Lavoro di Foggia.

“La Regione Puglia ha accolto le nostre sollecitazioni e sta lavorando alla predisposizione per questa stagione di raccolta di cinque tendopoli gestite dalla Protezione civile e dalle associazioni di volontariato. Allo stesso modo va impressa un’accelerazione a un progetto di accoglienza strutturale qual è quello dell’ecovillaggio promosso da Art Village, Libera e associazioni di migranti, da sempre sostenuto dalla Cgil”.

“Va da sé che la chiusura del ghetto – concludono Morga a Trizio – si scontra con gli interessi criminali dei caporali e di quanti sfruttano le condizioni di disagio dei lavoratori migranti. Ci auguriamo possano essere garantite dalle istituzioni preposte maggiori condizioni di sicurezza per gli operatori delle associazioni e del sindacato, che quotidianamente forniscono assistenza nel campo. La nostra solidarietà va ai due ragazzi vittime di una vile aggressione, consapevoli che non saranno queste azioni ad arrestare il processo di smantellamento del campo né la loro lotta per i diritti, la legalità, la dignità”.

Secondo Daniele Calamita, Segretario generale della FLAI-CGIL, parlare e descrivere in modo quantitativo, ma soprattutto qualitativo di “caporalato”, che equivale a parlare del “gabbellotto - braccio armato e crudele - della nuova mafia. Se alla condizione di sfruttamento e di pressoché totale soggezione al caporale – spiega il Segretario - si associa la valutazione relativa alla presenza di migranti senza regolare assunzione e senza permesso di soggiorno, la stima empirica assume i tratti di una tragedia umanitaria. Infatti se diciamo che nel periodo estivo (pomodoro), la presenza di irregolari arriva a 10-15 mila unità forse corriamo il rischio di sbagliare, per eccesso o difetto, tra il 5 e il 10%.”


“Questi dati – ricorda Calamita - apparentemente distanti gli uni dagli altri, possono darci una chiave di lettura soprattutto se proviamo a fare qualche stima economica. Considerata una superficie coltivata a pomodoro nel 2013 di circa 27.000 ettari, e tenuto conto che un ettaro produce dai 700 ai 1500 quintali, possiamo calcolare che la produzione territoriale complessiva si attesta a circa 27 mln di quintali (media 1.000 ad ettaro). Trasformando 27 mln di quintali in cassoni, arriviamo ad un quantitativo di circa 9.000.000 di binz (casse da 3 quintali utilizzate per il trasporto del pomodoro). Ogni lavoratore migrante raccoglie mediamente 1 cassone (binz)/ora, con un dato medio giornaliero di 10 cassoni, il che equivale a circa 900.000 giornate lavorative. Poiché il periodo di raccolta del pomodoro dura sostanzialmente 2 mesi (giugno-luglio), si arrivano a stimare circa 15.000 giornate lavorative/giorno, il che significa, che ogni giornata di raccolta del pomodoro troviamo almeno 10-15 mila lavoratori (quasi esclusivamente migranti), dove ovviamente non tutti sono assunti e/o regolari.


“Cosicché – evidenzia - analizzando i dati, se è vero che il solo pomodoro sviluppa 9.000.000 di cassoni, e praticamente quasi tutti i migranti lavorano sotto caporale, il caporale specula da ogni "proprio schiavo" da 1 a 2 € a cassone, a seconda di quanto è produttivo il campo. Di conseguenza, la mole di illeciti legati alla sola raccolta va da 8 a 18 milioni di euro. Se a questi – chiosa il rappresentante della FLAI - aggiungiamo che per 60 giorni (900.000 giornate) il caporale accompagna gli schiavi a lavoro (circa 5 euro a viaggio), totalizziamo altri 9 milioni di euro. Se aggiungiamo che i caporali gestiscono le abitazioni (ghetto), e ovviamente si fanno pagare il fitto (circa 200 euro mese a testa), volendo considerare il solo ghetto di Rignano sono altri 500.000 €. Se aggiungiamo ancora che i caporali speculano anche sul panino che forniscono ai propri schiavi con altri 2-3 € di rincaro medio per singolo panino fornito, si generano altri 2,7 milioni di euro (sempre rapportato ai circa 15.000 migranti giorno per 60 giorni di lavoro). Se aggiungiamo infine che il caporale specula anche sulla ricarica elettrica del telefono cellulare (circa 3 euro a ricarica), considerando una stima media di una ricarica ogni 2 giorni orientativamente non mi discosto dalla realtà se diciamo che il caporalato specula un altro milione di euro, ed ometto la speculazione sull'acqua potabile.”

“Dalla semplice somma matematica – sottolinea Calamita - si ricava che la quantità di denaro che gira intorno al caporalato nel solo periodo della raccolta del pomodoro va dai 21 ai 30 milioni di euro. A fronte di questa cifra, consideriamo poi che i braccianti immigrati in 2 mesi di lavoro, sulla base degli stessi dati, forse arrivano a guadagnare intorno ai 27-36 (da 3 a 4 euro per cassone raccolto) milioni di euro, dai quali vanno detratte tulle le speculazioni del caporalato; i conti sono fatti: al singolo schiavo vanno circa 400-500 € in 2 mesi di lavoro (circa 6-7 milioni di euro in 60 giorni) tutto il resto va nelle tasche del sistema perverso del caporalato.

E se queste illegalità diventassero legalità? “Provo a fare una proiezione legale dell'uscita dal caporalato – risponde il segretario - se partiamo dai dati della relazione e consideriamo i 9.000.000 di cassoni, considerando una media di 6-7 cassoni raccolti in una giornata lavorativa (da contratto 6 ore e mezza), si sviluppano una quantita di giornate lavorative di circa 1.500.000. Se vogliamo sottodimensionare (e ripeto: sottodimensioniamo di molto) il dato e considerare 1 mln di giornate in retribuzione contrattuale (49,88 € al giorno), vediamo che il gettito economico per la sola retribuzione sarebbe di € 49.880.000 milioni di euro, se a questo aggiungiamo il mancato gettito previdenziale (INPS) pari a circa 10.000.000 di euro (il calcolo è: 8,89% della retribuzione a carico del lavoratore e circa 5 euro giorno da parte delle imprese, visto che tutte applicano la fiscalizzazione degli oneri contributivi, con sconto dell 80% su quanto dovuto), e a ciò aggiungiamo anche il mancato gettito fiscale, che per i soli lavoratori ammonta ad € 1.122.400 (il 23% della retribuzione) al quale va aggiunto il mancato gettito relativo alle imprese.”
 

“Da tutte queste brevi considerazioni, e considerando che il dato è fortemente sottodimensionato, se diciamo che il sistema dell illegalità, sottrae alla collettività dai 60 agli 80 milioni di euro, il dato lo ritengo statisticamente molto attendibile, al tempo stesso lo ritengo estremamente preoccupante per un territorio come il nostro, di qui le diverse campagne e l'impegno continuo e costante che come FLAI CGIL stiamo portando avanti in questi anni (e non ci sono mancate minacce di morte per quello che facciamo e diciamo), io sono dell'idea che alle illegalità, che purtroppo sono sempre organizzate, bisogna rispondere con legalità altrettano organizzate.
Bisogna lavorare con una missione ben precisa che è quella di ridare dignità ad un settore nevralgico per tutta l'Italia, settore che non può prescindere dalla legalità e dall'etica, serve una seria educazione civica ai tanti imprenditori, che macchiano con le loro malefatte la dignità di un intera regione.
 

Foto: Wikimedia

 

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