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Home page > Attualità > Salva-banche e Alì Babà

Salva-banche e Alì Babà

Agli inizi degli anni ’60 prestavo servizio al Banco di Napoli e sin da allora sapevo che le banche non potevano fallire, ma sottoposte alla procedura della liquidazione coatta amministrativa e che i soldi dei depositanti correntisti ed obbligazionisti erano salvi, tuttalpiù si perdevano i frutti di tali attività.

Sin da allora si faceva ricorso per incentivare il collocamento di obbligazioni “della casa" o di quelle dello Stato alla compilazione di orripilanti graduatorie tra le varie sedi e tra i dipendenti di queste. Le filiali erano in concorrenza tra di loro ed i direttori ambivano collocarsi ai primi posti di queste graduatorie per salire nella stima del direttore generale. I dipendenti facevano di tutto per invogliare i clienti a sottoscrivere le obbligazioni per ricevere un compenso percentuale sul prodotto piazzato.

In ogni caso la deontologia del tempo era che mai e poi mai si sarebbero spinti i sottoscrittori ad acquistare le obbligazioni forzando la loro volontà. Si illustravano alcune caratteristiche delle obbligazioni lasciando al cliente la scelta del tipo di investimento.

Il comportamento degli “sportellisti" delle quattro banche nel vendere le obbligazioni subordinate ( che nei contratti di vendita – fissato bollato – venivano indicate con obbligazioni sub scadenti il "x" ) era discutibilissimo dal momento che non potevano ignorare l’alto rischio che queste obbligazioni comportavano anche se il rischio si sarebbe appalesato in presenza di una debacle della banca.

Ci si difende sostenendo che l’investitore aveva a disposizione una decina di fogli sui quali era scritto di tutto, proprio di tutto ed anche il contrario di tutto. Sulla prima pagina il rischio era indicato come MEDIO - BASSO ed verso la fine si diceva che poteva essere ALTO.

Credo veramente che se i risparmiatori avessero saputo che correvano il rischio di perdere tutto mai e poi mai avrebbero sottoscritto un solo euro di tali obbligazioni.

Un pensiero va alla Banca Etruria che il consiglio di amministrazione sembrava quello di Alì Babà . (per importanza e non per il riferimento ai quaranta ladroni)!

La Banca d’Italia, che arriva sempre quando non resta altro che il riconoscimento dei cadaveri, ha scoperto che quando la Banca Etruria aveva sofferenze tre volte superiori al proprio capitale anziché recarsi in Duomo per una novena di intercessione, provvedeva ad elargire quindi milioni di euro (se li denominiamo in lire resteremmo storditi, poco meno di trenta miliardi) in consulenze esterne e 14 milioni di euro per compensi ad amministratori e sindaci. Il padre della bellissima Maria Elena era vicepresidente della Banca e probabilmente ai consigli di amministrazione non c’era e se c’era dormiva! Il papà della ministra era consigliere di amministrazione della Banca Etruria allorquando la banca stessa ebbe una multa di quasi due milioni e mezzo di euro dalla Banca d’Italia per «carenza di organizzazione e controlli interni, carenza di gestione e controllo del credito, violazioni in materia di trasparenza, omesse e inesatte segnalazioni». Il papà della ministra dovette sborsare 144.000 euro per quotaparte della multa.

 

In questo marasma si continuava a vendere le obbligazioni alla povera gente, a piccoli e medi risparmiatori dal momento che i grandi si defilavano poiché erano a conoscenza delle condizioni fallimentari dalla banca. Adesso il direttore generale della Banca d’Italia dice che da ora in poi sarà vietato vendere a privati queste terribili obbligazioni. Si chiude la stalla quando i buoi sono scappati. 

I “regnanti" evitano di chiamare per nome e cognome il povero Luigi D'Angelo, il pensionato di Civitavecchia che si è tolto la vita per la truffa subita, indicandolo come “la triste vicenda di Civitavecchia" oppure come il “povero obbligazionista" sempre di Civitavecchia. A Luigi non viene riservato nemmeno l’onore della citazione precisa. 

La legge Fornero ha creato gli esodati, il decreto di Renzi ha creato dei truffati prostrati sino alla disperazione.

Un’ultima considerazione. Alla Leopolda Renzi ci ha fatto sapere che lui vuole bene al suo “babbo" che i nipoti vogliono bene al loro “nonno" che i parenti e gli amici sono fieri di avere un tale parente. A sentirlo mi veniva quasi da piangere e mi sono sorpreso che non venisse trasmessa in sottofondo l’Ave Maria di F.Schubert. Siamo al patetico. Renzi si è preso il merito di aver salvato settemila posti di lavoro, i depositi in conto corrente, le aziende che avevano i conti presso le quattro banche in crisi esistenziale e se qualche migliaio di poveri cristi si fosse accasciato distrutto nel fisico e nel morale cosa conta? Nulla! Un cinismo inaccettabile.

Si afferma che dal prossimo gennaio i depositi fino a cento mila euro saranno protetti, oltre non si sa. Ma la nostra azionista di maggioranza non ha dato ancora il suo placet e noi anziché protestare siamo lì in rispettosa attesa pendendo dalle labbra della signora Merckel. Le aziende che devono pagare gli stipendi ed i fornitori come faranno ad essere tranquilli parcheggiano tali somme non sotto i materassi ma nei conti presso le banche? E se le banche vanno a carte quarantotto cosa ne sarà di queste somme?

 

Una soluzione ci sarebbe, basta avere un po’ di fantasia. Se la somma parcheggiata è di un milione di euro basta aprire una decina di conti presso dieci banche ed il problema è risolto. Poi il nostro presidente del consiglio si affretterà a farci sapere che la ripresa è in atto e robusta dal momento che i conti correnti presso le banche italiane sono aumentati del 20 % rispetto al mese precedente e del 78 % rispetto ai tempi di Enrico Letta. 

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