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Rustichelli e il cartello competitivo amministrato

Il presidente dell'Antitrust vorrebbe imporre alle banche la remunerazione minima di conti e depositi, in nome del "benessere comune". Ma di concorrenza, che pure è la sua missione istituzionale, non parla

 

Sul Sole dell’8 settembre c’è una intervista al presidente dell’Autorità Garante per la concorrenza e il mercato, familiarmente nota come antitrust, Roberto Rustichelli. Vorrei soffermarmi sul passaggio relativo alla tassazione degli “extra” margini d’interesse delle banche, in attesa che l’iter parlamentare di conversione del relativo decreto legge ci porti qualche lume in più e molto gettito in meno, trasformando la bomba populista in un petardo fradicio.

AGGANCIATI AL TASSO BCE

L’Antitrust, in sintesi estrema, ha il compito istituzionale di promuovere la concorrenza, rimuovendo gli ostacoli ad essa, anche a supporto dell’attività del legislatore. Cosa che in questo paese porta a provare profonda tenerezza per questa Autorità. Sulle banche e sulle loro dinamiche competitive, Rustichelli la prende larga per giungere ad una proposta invero singolare:

Se le banche restituissero ai loro depositanti il 40% del tasso (3,75%) che la Bce riconosce loro, quindi l’1,50%, questo si tramuterebbe in uno spread dell’1,10% rispetto al tasso medio di interesse attualmente riconosciuto ai correntisti. A consumatori, imprese, onlus, enti previdenziali resterebbero quasi 11 miliardi.

Dunque, vediamo. Secondo dati, invero non freschissimi, che Rustichelli prende dal sindacato bancario Fabi, sei mesi fa sui conti correnti di famiglie, imprese, Onlus ed enti previdenziali c’era liquidità a vista pari a 1.368 miliardi di euro. La media delle remunerazioni di conto corrente non vincolato era a marzo di 0,32%. Se la si portasse a 1,50%, non è chiaro se ope legis o per moral suasion, si produrrebbe su base annua un flusso di interessi di 15 miliardi che, al netto della tassazione al 26%, farebbe 11 miliardi. E vissero tutti remunerati e contenti. Incluso lo Stato, con i suoi 4 miliardi di extra gettito.

Ripeto la domanda: le banche devono pagare il 40% del tasso Bce sui depositi in conseguenza di una legge, sia pure per un solo anno? Se sì, se ne ricava che il costo della raccolta diretta bancaria diventa un prezzo amministrato. Il vertice dell’Antitrust può anche avanzare raccomandazioni del genere ma forse sarebbe preferibile comprendere in che modo stimolare la concorrenza.

Se invece tale misura fosse “volontaria”, si tratterebbe di una forma di cartello tra banche. Solo in parte mitigata dal fatto che la remunerazione dei conti a vista così determinata sarebbe un floor, un livello minimo, a partire dal quale le banche sarebbero libere di farsi concorrenza. Almeno, secondo Rustichelli.

CONOSCERE IL MERCATO PER DELIBERARE

Ma cosa garantisce che le banche, che sembrano poco propense a farsi concorrenza a questo livello quasi nullo di tassi a vista, si scannerebbero per offrire di più a partire da un costo ben più elevato della raccolta? Mistero. “Caro correntista, prima ti pagavamo zerovirgola, ora partiamo da 1,50% ma faremo di tutto per pagarti più di così!” Forse l’Antitrust e il suo presidente dovrebbero preliminarmente analizzare la struttura di mercato e cercare di capire perché le banche non aumentano la remunerazione dei conti correnti a vista, e pagano (pagavano) poco anche i depositi vincolati. Che sono il vero risparmio, visto che il conto corrente è uno strumento di pagamento.

Perché le banche pagano così poco la raccolta, quindi? Azzardo: perché non hanno bisogno di raccolta oltre i livelli correnti, visto che il cavallo (cioè l’economia) beve poco? Se l’Antitrust compie un’istruttoria ed osserva collusione tra banche per tenere i tassi molto bassi, ha il dovere di segnalarlo. Se non lo fa, o facendolo ha potuto concludere che non c’è collusione, perché costruire questo accrocchio, un vero e proprio “cartello di Schrödinger”, che è tale ma smette di esserlo se le banche retrocedono ai correntisti più del 40% del tasso che gli istituti ricevono dalla Bce? E se le banche, dovendo remunerare la raccolta al più elevato livello “amministrato”, ribaltassero quel mark-up sul costo dei prestiti? Che mondo complesso, signora mia, ci sono tutte queste parti che si muovono e non stanno mai ferme.

Ma soprattutto, prima di parlare di “non conformità” della situazione attuale col dettato del leggendario articolo 47 della Costituzione, quello che tutela il risparmio, il presidente dell’Antitrust si è accorto che i clienti stanno usando la liquidità per sottoscrivere titoli di Stato, peraltro tassati al 12,50% e non al 26%? Di che tutela del risparmio stiamo parlando? Forse i saldi liquidi di conto corrente non sono liberamente disponibili ma tenuti in ostaggio dalle banche? Qualcuno, non necessariamente Rustichelli, potrebbe essere soddisfatto che i tassi su conti e depositi bancari non rappresentino un ostacolo al collocamento dei Btp. O forse obiettivo è quello di spiazzare i titoli di Stato?

Ecco, io dal presidente dell’Antitrust avrei voluto leggere inviti di questo tenore: le banche, essendo venuti meno i motivi che le avevano spinte ad azzerare la remunerazione dei conti correnti, straccino quelle famose letterine mandate ai clienti, sostituendole con altre di segno opposto: “caro cliente, i tassi non sono più a zero, riprendiamo a remunerarti i conti correnti nello stesso identico modo in cui facevamo fino al giorno prima di mandarti quella famosa lettera”. Soluzione non perfetta ma almeno di ripristino dello status quo ante, oltre che di ristoro specifico dei soggetti direttamente interessati. Alcuni istituti lo hanno fatto.

Che è cosa assai diversa che prelevare un paio di miliardi dalle banche e dire “li useremo per i mutui dei giovani, magari per ridurre le accise, o anche per la decontribuzione”. Che ci azzecca con i depositanti? Nulla. Eppure mi pare che il presidente dell’Antitrust ignori questo aspetto, impegnato com’è a vagheggiare cartelli di Schrödinger e prezzi amministrati del costo della raccolta.

Comprendo che lo “spirito del tempo” sia questo, cioè gride manzoniane pateticamente impotenti quando non propriamente dannose, ma da un presidente di Antitrust ci si aspetta di più e di meglio, nella fattispecie di indagare il funzionamento del mercato. Persino in questo ridicolo paese, dove la concorrenza è un disvalore e il mercato si applica ai nemici, riservando le rendite agli amici.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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