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Riforma fiscale | Cercasi concordato preventivo con la realtà

La nuova bomba a orologeria piazzata nei conti pubblici inizia a ticchettare, mentre c'è chi pensa di riuscire a estrarre gettito aggiuntivo dalla categoria di contribuenti più coccolata da questa maggioranza

Ora che la manovra 2024 è stata esplicitata e ufficializzata, rivelando sui punti fiscali una sostanziale aderenza a quanto ho scritto giorni addietro, possiamo fare una considerazione aggiuntiva di carattere generale, non particolarmente originale.

Annunciare una “riforma fiscale” finanziandola solo per un anno credo batta ogni record di assurdità, persino in un paese ridicolo come il nostro. Nella legislatura 2001-2006 abbiamo avuto il leggendario “primo modulo”, con taglio di un punto alle aliquote Irpef, finanziato con aumento dei bolli. Durò pochissimo, come sappiamo, e i “moduli” restarono nel grembo di Giove.

Anche questa “riforma” nasce con le stesse caratteristiche. Per una misteriosa credenza, qualcuno pensa che ridurre il numero di aliquote sia condizione necessaria per stimolare la crescita. Quello che impicca questo governo è la reiterazione della decontribuzione da dieci miliardi saldata alla eliminazione di un’aliquota. Dalla prossima legge di bilancio avremo la disperata corsa a coprire, con la solita italica fantasia, questa nuova voragine auto-inflitta.

SCALONI E VORAGINI

Ieri in conferenza stampa il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha candidamente ammesso che la copertura per quello che ha definito “lo scalone Irpef” proviene dall’utilizzo del fondo per la riduzione della pressione fiscale. Cioè coperture una tantum per spese ricorrenti. E infatti, per portarsi avanti col lavoro, il governo ha fatto sparire l’ACE (aiuto per la crescita economica), la cui funzione è quella di agevolare la ricapitalizzazione delle imprese. Avremo quindi, sempre che non accadano altri imprevisti da coprire con fantasia, l’embrione della copertura per il prossimo anno.

Ma la vera mina, come detto, sono questi dieci miliardi di decontribuzione, la via scelta per “preservare il potere d’acquisto” dei redditi bassi. Se solo fosse vero, visto che si tratta di una reiterazione di misura che poco e nulla aggiunge al potere d’acquisto per l’anno 2024. Una iniziativa fortemente asimmetrica, nel senso che la sua rimozione avrebbe abbattuto i redditi disponibili e la fiducia ma il cui mantenimento non apporta nulla di aggiuntivo.

Oggi sul Corriere il vice ministro dell’Economia e zar del fisco, Maurizio Leo, sostiene che è vero che abbiamo copertura per un solo anno, ma “si tratta di un fotogramma di un film che bisogna vedere per intero”. E il prossimo fotogramma sarà quello del concordato preventivo per gli autonomi, che dovrebbero pagare le tasse per il prossimo biennio in base alla stima di redditività fatta dall’Agenzia delle Entrate.

Non è una misura inedita, fu già tentata da un governo Berlusconi con Giulio Tremonti in via XX Settembre, ma fu abortita per il sopraggiungere di una immancabile recessione, di quelle che colpiscono elettivamente l’Italia e qui tendono a permanere, trovandosi così a proprio agio. Oggi Leo commenta:

Sappiamo che esiste un tax gap di 80-100 miliardi di euro, il gettito che manca allo stato se l’evasione fosse azzerata. Questo tax gap deve essere ridotto e cominceremo con il concordato preventivo biennale. Possiamo farlo grazie alla mole di informazioni nelle banche dati e la fatturazione elettronica, parliamo di circa 2,2 miliardi di fatture. Saremo in grado di fare ai contribuenti proposte accurate e ragionevoli.

VEGGENTI MILLIMETRICI

Ma la frase che mi colpisce maggiormente è questa:

Potremo dire in modo millimetrico al contribuente quanto guadagnerà nel prossimo biennio e, in base a questo, concordare quante tasse pagherà, secondo un rapporto più collaborativo con l’Amministrazione.

Davvero? Possiamo scrutare il futuro in questa maniera “millimetrica”? E per caso siamo anche in grado di prevedere una recessione? Se la risposta è no, i contribuenti declineranno cortesemente l’invito, dicendo che “c’è grossa crisi” e non si sentono di prevedere la loro redditività del prossimo biennio. Incredibile, vero? Ma, sempre in punta di logica, vedere nel concordato preventivo una cornucopia da cui estrarre coperture, si scontra col fatto che questo vuol dire aumentare in una prima fase la pressione fiscale a carico di soggetti, come gli autonomi, che sono coccolati e protetti da questa maggioranza, essendo considerati una “classe imprenditoriale” tra le più meritevoli.

Cosa sto cercando di dirvi? Che, in caso di recessione, il concordato preventivo fallirà sul nascere oppure produrrà gettito non significativo. Quindi non tratterrei il respiro in attesa che la cornucopia ci riversi in testa le coperture per il prossimo anno.

E quindi, che fare il prossimo anno? Lo vedremo. Ma abbiamo messo una bomba a orologeria nei conti pubblici, l’ennesima, al solo fine di preservare la condizione fotografata a fine 2023. Cosa potrebbe accadere, il prossimo anno, in caso di mancanza di risorse per le coperture? Che i nostri eroi, non potendo/volendo suicidarsi con la cancellazione della misura, e puntando a mantenere il nuovo limitato numero di aliquote, potrebbero decidere che lo scaglione dei “ricchi”, quello del 43%, non inizia da 50 mila euro ma da 45 mila. O cose del genere.

Sarebbe la certificazione del paese che divora sé stesso, quello dove il “ceto medio” è in realtà una armata di cenciosi, veri o presunti tali. Perché quello che sta accadendo a questo paese è l’evaporazione delle basi imponibili. E di questo ci si accorgerà solo quando sarà troppo tardi. L’unico vero concordato di cui abbiamo bisogno è quello con la realtà.

Piccola nota a pie’ di pagina: il/lo premier, Giorgia Meloni, ieri in conferenza stampa ha confuso l’extradeficit con extragettito. Forse un wishful thinking, o un lapsus freudiano caratteristico della politica italiana. Del resto, anche un altro prestigioso statista, oggi prestato alla diplomazia mediorientale, parlava anni addietro della necessità di “attingere al deficit“: il vero pozzo senza fondo della nostra classe parolaia illusionista.

Photo by governo.it – Immagini messe a disposizione con licenza CC-BY-NC-SA 3.0 IT

Questo articolo è stato pubblicato qui

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