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#Restiamoacasa, vivere l’isolamento con i cani

Uscite limitate e tanto tempo insieme tra le mura domestiche. Quali sono gli svantaggi e quali i vantaggi di questo periodo per chi vive con un cane? E come possiamo aiutarlo a evitare lo stress?

di Anna Romano

 

Siamo #tuttiacasa, e i nostri cani con noi. È un bene aver la giornata da passare tutta con loro? O è un rischio, o ancora un po’ e un po’? E se noi patiamo la limitazione delle uscite (niente “facciamo due passi”, niente “andiamo a guardare le vetrine”), quanto patiscono loro il doversi limitare a giretti nei pressi di casa? Ne parliamo con Elena Garoni, veterinaria comportamentalista, ed Elisa Marzola, educatrice cinofila, per farci segnalare gli aspetti cui prestare attenzione e qualche trucco per aiutare i nostri cani a ridurre lo stress. Considerazione che sono vere in questo periodo di lockdown, ma che possono tornare utili anche in altre occasioni e contesti.

L’uscita come bisogno primario

Il decreto nazionale “Io Resto a Casa” che limita le uscite dei cittadini – limitazione che a sua volta mira a contenere la diffusione di SARS-CoV-2 – dice chiaramente che è possibile continuare a far uscire il proprio cane. Tuttavia, le diverse Regioni regolano in modo differente tali uscite: la LAV ha raccolto gli atti in vigore in modo da dare una panoramica chiara di tali differenze. In alcuni casi è specificatamente fatto divieto di allontanarsi oltre i 200 metri dalla propria abitazione; in altri l’indicazione è più generica o assente. Comunque, in molti casi appare evidente che la passeggiata dev’essere contenuta nello spazio.

«Tutti, assolutamente tutti i cani devono poter uscire di casa e poter passare del tempo in uno spazio aperto e naturale. La vita in ambiente casalingo è un adattamento del singolo individuo, non della specie: uscire, per il cane, significa poter perlustrare gli spazi, conoscere o stare lontani da altri esseri viventi, cacciare, competere… in altre parole, mettere in atto tutto il bagaglio etologico del cane, che in casa può essere espresso solo in parte», spiega a OggiScienza Elena Garoni.

Il bisogno di uscire è, con le dovute differenze individuali, particolarmente sentito da alcune categorie di cani. «Primi fra tutti gli adolescenti, i cuccioloni tra i 6 e gli 11 mesi, che hanno una maggior esigenza di conoscere, esplorare e mettersi alla prova, e soprattutto di stare in libertà con gli altri cani. È infatti un’età nella quale quasi tutti i cani cercano il rapporto con l’altro – una necessità che parzialmente diminuisce con l’avanzare del tempo». La seconda macrocategoria è rappresentata dai cani più dinamici, come i pastori conduttori (pastori tedeschi e australini, belga malinois, collie…), i grandi inseguitori e perlustratori, come i segugi, i beagle, e soprattutto setter e bracchi».

Tempo da fiutare

Le limitazioni nelle passeggiate possono mettere i cani a rischio di frustrazione e stress. Questo non avviene solo in tempi di Covid-19, comunque. La necessità di limitare le uscite può presentarsi anche in altri contesti: può succedere quando il cane è stato operato o è ferito, o comunque per qualche ragione è debilitato; può avvenire anche nel caso di cani fobici, molti dei quali hanno serie difficoltà a superare le mura domestiche.

Ecco perché, nel momento in cui non possiamo fare delle belle uscite lunghe, in ambienti naturali, diventa molto importante far rendere al massimo le passeggiate. Come? «La principale variabile da considerare è il tempo che vi dedichiamo: non dev’essere solo lungo, ma anche di qualità, e seguire la scansione del tempo canina. Noi siamo abituati a muoverci velocemente, ma i cani, che hanno una percezione prevalentemente olfattiva, hanno bisogno di tempo per annusare. Dobbiamo quindi innanzitutto imparare ad avere la pazienza di aspettare che il cane finisca di annusare anche un singolo filo d’erba… o tutte quelle cose che ai cani piacciono tanto e a noi umani repellono, come la spazzatura e le deiezioni», continua la veterinaria.

«A volte, perfino i cani stessi devono imparare a recuperare questi tempi, tanto sono abituati a dare delle annusate veloci ed essere poi strattonati via. Per aiutarli in questo, dopo aver controllato che non ci siano altri cani intorno, possiamo anche disseminare una manciata di biscottini per terra, così che il cane possa andare a recuperarli uno per uno, aumentando le sue capacità di percezione olfattiva».

Che ci fai ancora qui?

Per quanto riguarda lo stare a casa, i cani possono essere frustrati perché le uscite non sono abbastanza soddisfacenti, frustrazione che esprimeranno abbaiando, o con esagerate richieste d’attenzione, o ancora distruggendo qualche oggetto o con movimenti continui o irrequieti. Questi segnali di stress non sono però da correlarsi necessariamente ed esclusivamente con la limitazione delle passeggiate.

«Alcuni cani, soprattutto quelli che già presentavano sintomi d’ansia, soffrono la pura e semplice alterazione della routine, quella quotidianità cui erano abituati. In altre parole, soffrono perché all’improvviso siamo sempre in casa. I cani hanno imparato a scandire i loro tempi sui nostri, tanto che di solito sanno perfettamente distinguere un giorno feriale da un festivo, nel quale possiamo stare con loro. Ma ritrovarsi improvvisamente con una sfilza di giorni festivi può essere destabilizzante», spiega Garoni.

Tanto più se noi stessi siamo stressati. «Tendiamo sempre a dimenticare quanto il cane sia una spugna del nostro assetto emotivo», commenta Marzola. «Lo stare insieme a casa può essere molto vantaggioso, perché ci dà il tempo di condividere il tempo con lui, oltre a stargli fisicamente vicino. Ma se noi per primi siamo irritati, preoccupati o in ansia, la compagnia non sarà più fonte di piacere bensì d’irritazione, preoccupazione e ansia». Vi sono diversi studi sul contagio emotivo del cane e della nostra specie e, ad esempio, una ricerca pubblicata nel 2017 su Animal Cognition aveva mostrato come questo si verifichi nel cane in presenza di suoni a valenza negativa, sia prodotti dall’essere umano sia prodotti da un altro cane. Certo non è facile mantenersi sereni quando noi stessi risentiamo della tensione di questo periodo; intanto, però, non possiamo nemmeno dimenticare come il nostro stato emotivo possa influire su chi ci circonda.

Testa, naso, zampe

«Detto ciò, possiamo pensare a diverse attività da svolgere a casa con il nostro cane, che lo aiutino sia a passare il tempo sia, soprattutto, a sentirsi gratificato dal punto di vista fisico e cognitivo», continua l’educatrice cinofila. «Una delle più semplici si può mettere in atto durante i pasti, che di solito sono rappresentati da pochi minuti a ingurgitare le crocchette. Invece, possiamo avvolgere alcuni bocconi in diversi strati di carta, sacchetti biodegradabili, giornali: in questo modo, il cane si dovrà adoprare con la bocca e con le zampe per aprire la “matrioska” e raggiungere il cibo, impegnandosi in un’attività che coinvolge sia la sfera cognitiva, come forma di problem solving, sia quella olfattiva». Anche il kong, una sorta di tubo di plastica morbida da “farcire” con alimenti cremosi, svolge una funzione simile, impegnando il cane a estrarre il cibo a suon di linguate.

Di aiuto possono poi essere i masticativi, spesso usati come anti-stress per i cani. In molti animali, essere umano compreso, l’azione del masticare aiuta infatti a fronteggiare le situazioni di stress e diminuire i livelli di ormoni correlati, come il cortisolo e le catecolamine, influenzando l’attività del sistema nervoso.

Queste strategie possono essere utili per diversi momenti di stress e in differenti contesti. Pensiamo, molto semplicemente, a un cane che deve restare a casa da solo per un tempo leggermente più lungo del normale, o anche ai canili: un “regalo incartato” può essere utile per arricchire il tempo passato nel box, ovviamente se ci sono le giuste condizioni (ad esempio, il cane dev’essere da solo, perché se il compagno è più rapido di lui ad aprire il pacchetto e arrivare al cibo, facilmente glielo andrà a rubare).

«Ricordiamoci inoltre che i cani, in linea di massima e sempre tenendo in considerazione le differenze individuali, sono animali molto collaborativi, che hanno bisogno di un ruolo in famiglia. Vale quindi anche la pena lavorare in tutti quei giochi che ci consentono di coinvolgerlo nelle nostre attività», spiega Marzola. Basandoci sul metodo del clicker, possiamo ad esempio insegnar loro a portarci determinati oggetti, ad accendere e spegnere le luci, a discriminare con l’olfatto tra prodotti diversi, come il the e la camomilla, premiandolo quando individua quello giusto (un sistema non tanto diverso da quello usato per addestrare i cani a discriminare tra tessuti tumorali e sani).

La risorsa di chi ha balconi e terrazze

«L’olfatto è il senso più sviluppato nel cane, e usarlo è per lui un lavoro impegnativo, molto dispendioso in termini energetici», continua Marzola. Uno studio del 2015 aveva riscontrato che le richieste energetiche di un cane da lavoro dedicato alla ricerca olfattiva sono all’incirca doppie rispetto a quelle necessarie a riposo, e una review di un paio di anni fa suggerisce che tale consumo energetico sia legato all’attenzione che la ricerca richiede, più che a un particolare sforzo fisico, e che sia probabilmente influenzato dalla durata, dalla frequenza e dall’intensità delle attività.

«Per chi ha la fortuna di avere terrazzi e balconi, che magari di norma non sfrutta molto, questi sono ottimi posti dove dedicarsi alla ricerca olfattiva, che impegna il cane mentalmente, stancandolo. Gli spazi all’aperto offrono infatti la possibilità di nascondere i bocconi in posti diversi, come la terra nei vasi, o rialzandoli su di una sedia, godendo al tempo stesso del piacere del sole e dell’aria aperta».

Stare a casa, le due facce della medaglia

«Il dover stare a casa ha conseguenze ambivalenti. Da una parte, è un’ottima occasione per stare con i nostri cani e imparare a conoscerli meglio, soprattutto se li coinvolgiamo in attività che ci permette di osservare come ragionano, come gestiscono i problemi», riprende Garoni. «Ma un punto molto importante da ricordare è che, a un certo punto, le misure di contenimento dell’epidemia finiranno, e noi riprenderemo – con tempi che ancora non conosciamo – le nostre attività normali. Ciò che temiamo, come comportamentalisti ed educatori, è che in quel momento si possa verificare un importante aumento di cani incapaci a restare a casa da soli. L’abitudine ad averci accanto diventa quindi una trappola in cui il cane cade quando riprenderemo a uscire».

Questo è un aspetto su cui dobbiamo cominciare a lavorare da adesso, concordano Garoni e Marzola. Si possono ad esempio fare delle “separazioni in casa” nelle quali il cane è lasciato ad esempio solo in una stanza per un certo periodo di tempo, e possiamo premiarlo quando è tranquillo pur essendo da solo, o non ci segue in una stanza. «Il principio è quello di evitare di rispondere alle richieste d’attenzione, una strategia che si usa anche in alcuni casi di ansia da separazione», spiega Marzola.

«Considero questo periodo un’occasione», conclude Garoni. «Per conoscere il nostro cane, e per riflettere sulle sue necessità: stando a casa per lunghi periodi, possiamo intuire come si possano sentire i cani quando sono confinati da soli per intere giornate. Ricordiamo sempre che avere un cane non è obbligatorio, ma una scelta da fare dopo un’accurata analisi di realtà che ci permetta di stabilire, con onestà, quanto siamo disposti a cambiare del nostro stile di vita per dedicargli tutto il tempo necessario».

Fotografia: Pixabay

 

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