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Requisitoria Dell’Utri. Le dichiarazioni di Spatuzza

Le deposizione del pentito Gaspare Spatuzza al processo Dell’Utri esaminate dall’accusa. Di seguito il testo della requisitoria del pg Antonino Gatto.

Requisitoria Dell'Utri. Le dichiarazioni di Spatuzza

Spatuzza dice che verso la fine del 1993 egli, insieme a Cosimo Lo Nigro, uomo d’onore di Brancaccio condannato con sentenza definitiva per le stragi del 1993, fu convocato da Giuseppe Graviano, pure lui condannato per le stragi del ’93, presso una villetta a Campo Felice di Roccella. A questo convegno i due furono accompagnati da Nino Mangano, anche lui condannato per le stragi del ’93, quel Nino Mangano che avrebbe potuto essere una di quelle persone che si recarono da Tullio Cannella per dirgli “Stai pronto che entro 48 ore ti portiamo da Vittorio Mangano”. Nino Mangano, però, li lascio allo svincolo dell’autostrada e non partecipò. Nel corso di questo colloquio Graviano impartì a Spatuzza l’ordine di preparare un ulteriore attentato a Roma in danno dei carabinieri. Il collaborante, che versava con lui in un rapporto un poco particolare in quanto lo venerava, diceva che per lui Graviano era suo padre, si permise molto educatamente di prospettargli il disagio che serpeggiava in seno agli uomini d’onore che erano che erano stati adibiti a questi cruenti compiti e per questi attentati di natura terroristica che avevano perpetrato che non rientravano nella filosofia, diciamo così, di Cosa nostra, il loro disagio per le morti causate soprattutto in riferimento a quella piccola bambina, Nadia, di Firenze che era rimasta uccisa nel corso dell’attentato di Via dei Georgofili. E gli prospettò questo disagio dicendogli, dopo che gli è stato detto che deve preparare quest’altro attentato a Roma in danno dei carabinieri: <<mi pare che per questa storia ci stiamo portando appresso un po’ di morti che a noi non ci appartengono>>. Al che di rimando Graviano rispose che questo era un bene perché in questo modo, cioè portandosi appresso “un po’ di morti che a noi non ci appartengono, chi si doveva smuovere si sarebbe dato una smossa e proseguì chiedendo ai due [Spatuzza e Lo Nigro, ndr]: <<Ma voi ve ne intendete di politica?>>. Sia lui, sia lo Nigro risposero: <<Noi non ne capiamo proprio niente>>. Risponde Graviano: <<Io invece me ne intendo e c’è un discorso in piedi che se va bene ne avremo tutti dei benefici, compresi i carcerati>>. […]

Lo Spatuzza inizia ad organizzarsi per questo attentato il cui obbiettivo sarà identificato da lui nello Stadio Olimpico di Roma e avrebbe dovuto essere commesso una domenica alla fine di una partita di calcio. Sennonché prima di procedere all’esecuzione dell’attentato gli fanno sapere che deve potenziare gli effetti di questo attentato […] e di non muoversi, però, fin quando i Graviano non gli avessero dato l’ordine di farlo. Quindi: stai fermo e aspetta la finale. E la finale venne quando gli venne fissato un incontro a Roma […] presso il bar Doney di Via Veneto a Roma, dove lo Spatuzza si recò accompagnato da Scarano Antonio, anche lui condannato per le stragi del ’93, che però non vi partecipò. […] Il Graviano, che era vestito del solito cappotto Blu – è una caratteristica del Graviano – aspettava davanti al Bar e aveva, dice Spatuzza, un’espressione gioiosa come chi ha vinto all’enalotto o avuto la nascita di un figlio. E in preda a questo raptus di gioia lo invitò a consumare qualcosa dentro al bar dove presero posto a uno dei tavoli. Perché lo Spatuzza ha tenuto a sottolineare la gioia del Graviano? Perché dice: <<questa conversazione al bar nemmeno doveva esserci. Io avevo solo il compito di andarlo a prelevare. Però aveva quest’espressione gioiosa e mi invita a entrare e prendiamo posto ai tavolini. Lì, sempre con quell’espressione gioiosa, mi riferisci che avevamo chiuso tutto e ottenuto quello che cercavamo. Questo grazie alla serietà di quelle persone che avevano portato avanti questa cosa. Mi si dice che avevamo preso tutto e ottenuto quello che cercavamo grazie alla serietà di quelle persone che non erano come quei quattro crasti socialisti che si erano presi i voti nell’88-’89 e poi ci avevano fatto la guerra. Mi vengono fatti i nomi di due soggetti, di Berlusconi; e qui gli venni a dire, a Graviano, se era quello di Canale 5. Graviano mi disse che era quello del Canale 5 aggiungendo: “tra qui c’è di mezzo un nostro compaesano, Dell’Utri. Grazie alla serietà di queste persone ci avevano messo praticamente a noi il Paese nelle mani”>>. A questo punto Spatuzza pensa che non si debba fare più l’attento ai carabinieri e allora ritorna a quello che era un suo pallino, e per la verità non era un pallino solo suo, era un pallino di Giuseppe Graviano, perché sospettavano che il pentito Totuccio Contorno fosse il responsabile dell’omicidio di Michele Graviano, padre di Giuseppe, nonché responsabile della scomparsa di Salvatore Spatuzza, fratello di Gaspare. E quindi erano accomunati da questo interesse personale a rintracciarlo per ucciderlo, tanto che l’avevano cercato [ovunque] e lo Spatuzza era riuscito, attraverso una segnalazione, a rintracciarlo […]. Però Graviano aveva risposto: “Lascia stare contorno perché l’attentato ai carabinieri si deve fare lo stesso sia perché gli dobbiamo dare il colpo di grazia sia perché per Contorno dobbiamo trovare un tipo di esplosivo diverso” da quello sinora adoperato per evitare che le forze dell’ordine possano mettere in collegamento quell’attentato mafioso a quegli attentati, apparentemente di natura terroristica che sono le stragi del ’93. […][2.44.10]

La data dell’incontro

La data dell’incontro consente di inquadrare il contesto temporale in cui si è svolto e che cosa maturava in quel contesto temporale. Dice Spatuzza [che l’incontro] avvenne tre, quattro giorni prima del furto delle targhe applicate sull’auto usata per l’attentato all’Olimpico, il quale furto fu a sua volta consumato il sabato precedente la domenica fissata per tale attentato. <<Il Graviano, poi - dice Spatuzza - fu arrestato pochi giorni dopo il fallito attentato, ovvero di lì a poco da quell’incontro>>. […]

L’altro tema apportato da Spatuzza riguarda Porta Nuova. Nel 1993 Spatuzza ricevette da Graviano Giuseppe […]l’incarico di andare a mettere ordine nel mandamento di Porta Nuova, il cui reggente egli sapeva essere Vittorio Mangano, in cui dei ragazzi commettevano furti e rapine, evidentemente senza il beneplacito di Cosa nostra. Per [assolvere] questo compito ritiene il collaborante di essersi servito di Salvatore Grigoli, altro uomo d’onore di Brancaccio, futuro collaboratore, anche lui condannato per le stragi del ’93. Sconfinare nel territorio di un altro mandamento senza l’avallo del capofamiglia , secondo Spatuzza, il quale evidentemente si riferisce alle regole di Cosa nostra, costituisce <<un vero e proprio colpo di Stato>>, una cosa di portata assolutamente eccezionale. Comunque, il suo capofamiglia lo ha autorizzato. […] In epoca successiva, però, avendo appreso dagli organi di informazione del rapporto esistente tra Vittorio Mangano e Marcello Dell’Utri, il collaborante, memore di quanto riferitogli dal Graviano nell’incontro al bar Doney, aveva collegato l’incarico a suo tempo ricevuto […] ai rapporti esistenti tra Giuseppe Graviano con Dell’Utri e tra quest’ultimo e Vittorio Mangano.

I cartelloni pubblicitari

Sempre nel ’93 Giuseppe Graviano, incaricò Spatuzza di prendere contatto con tale Paolino Dalfone, che a Brancaccio esercitava un’impresa artigiana in un capannone che gli era stato messo a disposizione dai fratelli Graviano […]. Il Dalfone doveva installare dei cartelloni pubblicitari in terreni privati che ricadevano nella giurisdizione mafiosa del mandamento di Brancaccio. […] Furono contattati i proprietari dei terreni, i cartelloni furono installati nei luoghi che il collaborante ha indicato successivamente agli inquirenti. Essendo l’installazione avvenuta in terreni privati, dice Spatuzza, non era necessaria l’autorizzazione comunale […] che Giuseppe Graviano dal carcere gli faceva sapere che doveva rimuovere questi cartelloni pubblicitari. [Nel] ’96, quando il collaborante diventa capo mandamento, [...] sempre dal carcere i Fratelli Graviano gli fanno sapere che doveva andare se i tabelloni erano stati effettivamente rimossi e se non erano stati rimossi doveva non solo rimuoverli, ma in ogni caso doveva eliminarne finanche il basamento.

Spatuzza andò, constatò che i cartelloni erano stati rimossi, ma i piloni non li rimosse perché a quell’epoca aveva <<altre cose da pensare>> e lasciò perdere la cosa. Questa richiesta di rimuovere finanche i piloni dei cartelloni al collaborante comparve per lì una stranezza, ma egli se la spiegò successivamente. Dice Spatuzza: <<Nel momento in cui nasce la questione del signor Marcello Dell’Utri, riconducibile al signor Silvio Berlusconi, che gestisce una situazione di pubblicità […] faccio tutto un collegamento. Ovvero ho tratto che ricollegando al discorso del bar Doney effettivamente anche noi eravamo un po’ interessati di pubblicità>>. […] Circa interessi economici che possono collegare i Graviano a Dell’Utri o a Berlusconi, il collaborante ha fatto presente che << Standa, che poi è un affiliato Standa, però già la stessa parola Standa mi dice tutto oggi! Tra l’altro credo che sia l’unica a Palermo per quello che mi riguarda, proprio sul quartiere di Brancaccio. […] Visto, che questi soggetti, in particolare il signor Berlusconi è proprietario di una Standa, visto che è l’unica Standa a Palermo e guarda caso al Brancaccio, credo con molta probabilità in società con i fratelli Graviano>>.

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