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Repubblica Parlamentare o Repubblica Bonapartista?

Il 20 e il 21 settembre p.v. si terrà il referendum relativo alla riduzione del numero dei Parlamentari. E’ questo l’ennesimo tentativo di modificare la Costituzione, se ne sono fatti tanti e purtroppo qualcuno è anche riuscito come quello che ha modificato il Titolo V della Costituzione con gli effetti devastanti che ha avuto sulla vita degli italiani. 

Proprio questi effetti e la loro gravità li stiamo costatando in questa fase di crisi sanitaria. L’aver potenziato le Regioni introducendo dosi massicce di decentramento ha posto fine a qualsiasi politica nazionale, alla coesione sociale e nazionale ed ha di fatto eliminato il principio di uguaglianza tra cittadini appartenenti allo stesso Stato. Gli italiani vengono ora chiamati a pronunciarsi sull’ennesima bruttura costituzionale e cioè la riduzione del numero dei Parlamentari. Ascoltando e leggendo le argomentazioni a favore della riduzione del numero dei Parlamentari si resta basiti. La propaganda vuol far credere che il funzionamento della Democrazia italiana, l’onestà della classe politica, la riduzione dei costi della politica dipendono dal numero dei Parlamentari. Sono queste argomentazioni assolutamente infondate. Se il livello di corruzione e di efficienza dell’istituto parlamentare dipendesse dal numero dei parlamentari i regimi dittatoriale e i parlamenti di molti Stati latino – americani, africani e asiatici sarebbero i più efficienti, i meno corrotti e i meno costosi. La riduzione del numero dei parlamentari è da ascrivere a pieno titolo all’azione politica che le elites finanziarie, i media asserviti e l’ideologia economicista stanno conducendo da oltre tre decenni per trasformare il sistema politico da Parlamentare e Democratico in Bonapartista e Liberale. Tra la riduzione del numero dei parlamentari e una migliore qualità della classe politica eletta non c’è nessun automatismo. A causa della fine dei partiti politici sostituiti da cartelli elettorali, dell’abrogazione del finanziamento pubblico dei partiti, del mancato rispetto del dettato Costituzionale relativo ai partiti politici, la politica e la classe politica hanno perso qualsiasi autonomia ed anche la loro qualità è sensibilmente calata. Con classi politiche assoggettate sempre di più agli interessi del finanzcapitalismo, con parlamentari ostaggio del proprietario del cartello elettorale sotto il quale vengono candidati, con la ricerca spasmodica di risorse finanziarie per campagne elettorali, un Parlamento ridotto di numero sarebbe ancora di più ostaggio di potentati economici e finanziari. E’ da tre decenni che la stabilità del governo interessa il dibattito politico nazionale come se essa fosse condizione essenziale per rilanciare l’Italia. La realtà è un’altra: le uniche grandi riforme fatte in età repubblicana sono state quelle approvate durante la Prima Repubblica, ossia quando i Governi duravano mesi o al massimo un anno e i partiti erano radicati ed organizzati sui territori. A partire dagli anni ‘90 gli attacchi condotti a Parlamento e Partiti politici in nome della governabilità e della moralizzazione della vita politica hanno prodotto: crescente disuguaglianza sociale, il blocco dell’ascensore sociale, l’aggravarsi del divario tra Nord e Sud del Paese e l’indebolimento dei diritti sociali. Basterebbero questi semplici indicatori per consigliare ai cittadini di votare NO al taglio del numero dei parlamentari. I sostenitori del SI richiamano Rodotà, Bassanini, Iotti, De Mita, Bozzi, Spadolini ecc. per sostenere la riduzione del numero dei Parlamentari. Inviterei tutti costoro a leggere gli atti del dibattito politico avviato in quegli anni. Il lavoro fatto dalle varie commissioni è lontano mille miglia dall’approssimazione degli “apprendisti stregoni” di oggi che pensano di moralizzare la vita politica riducendo il numero dei parlamentari. Un sistema politico è il prodotto della Storia e della cultura politica e giuridica di un Popolo ed è da queste che bisogna partire per affrontare la questione e non da rivendicazioni che hanno il sapore della vendetta. Gli italiani si trovano ancora una volta ad un bivio, devono scegliere se continuare ad avere un sistema parlamentare chiedendo l’applicazione del dettato costituzionale sia rispetto al parlamento che rispetto ai partiti politici o optare per un sistema bonapartista in cui gli unici interessi ad essere rappresentati saranno quelli proprietari delle elites finanziarie. In questi anni il ruolo del Parlamento è stato svilito a favore dell’Esecutivo e contestualmente è stato potenziato il ruolo delle Regioni. Attaccare il Parlamento riducendone il numero dei componenti è l’attacco ultimo a questa istituzione al fine di potenziare sempre di più l’esecutivo all’insegna di una sorta di interazione diretta tra Capo del Governo e Cittadini. Una tale ipotesi, senza una rivisitazione complessiva del nostro Ordinamento costituzionale equivale a costruire le premesse per la fine della Democrazia e quindi è da respingere. Gli italiani il prossimo 20 e 21 settembre votando Si o No al taglio del numero dei Parlamentari devono scegliere se vogliono il rafforzamento del sistema Democratico Parlamentare o un sistema politico Bonapartista e Liberale. Una tale tema necessiterebbe di un dibattito vasto e accorto diverso dalle sciocchezze moralistiche sulla riduzione dei costi del Parlamento.

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