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Relazioni politiche tra Italia e Libia dal Dopoguerra a poco prima la morte di Gheddafi

Le relazioni politiche tra Italia e Libia sono di lunghissima data. La primavera araba ha acceso I riflettori su un'area africana affascinante e fulcro della decolonizzazione del secolo passato. Tralasciando le non meno importanti vicissitudini geopolitiche appartenenti all’epoca dell’Impero Romano, o a quella dell’Italia Coloniale, concentriamoci sul periodo che va dalla fine della Seconda Guerra Mondiale fermandosi proprio ai primi segnali della rivolta: si è detto (e scritto?) abbastanza da lì in poi.

Per quanto riguarda l’epoca presa in considerazione, per evidenziare l'importanza a livello internazionale delle relazioni tra questi due Paesi, basta citare i numerosi interventi a livello finanziario effettuati dalla finanza libica nei confronti del sistema industriale italiano. L’avvio di tali manovre finanziarie può esser fatto coincidere con l’intervento finanziario libico nei confronti della Fiat nel 1976. Protagonista indiscusso di tale manovra politica fu allora l'amministratore delegato dell'IFI, Gianluigi Gabetti, il cui compito era di guidare la trattativa per l'ingresso nell'azionariato.

In tale ambito è stato possibile registrare con certezza la presenza di capitali appartenenti a Gheddafi fino al 15 agosto 1986. Una presenza di capitali garantita dalle fiduciarie di Gheddafi, in quell’ambiente rappresentate da Abdullah Saudi. L’annuncio ufficiale dell’ingresso nell’azionariato è datato 1 dicembre 1976. Tale ingresso avvenne tramite l'acquisto di azioni Fiat per un controvalore di 450 milioni di dollari. Tale somma rispecchiava all'epoca un buon 10% delle azioni presenti sul mercato. L’anno 1982 vede un aumento della partecipazione azionaria, raggiungendo il 13%. Il 1986 è l’anno della liquidazione, per una somma di tre di miliardi di dollari.

Dietro l’uscita del capitale c’erano delle chiare motivazioni politico-diplomatiche: tale manovra finanziaria si era resa necessaria a causa del progressivo deterioramento delle relazioni diplomatiche libiche nei confronti degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. Un tale deterioramento dei rapporti in questione fu causato principalmente da una progressiva intensificazione dell'attività terroristica culminata nell'attentato di Lockerbie, il 21 dicembre 1988. Vittime di tale attentato furono i 270 passeggeri del volo 103 PanAmerican.

Nonostante la delicata situazione internazionale, la Libia è sempre riuscita a continuare a intrecciare i propri legami economici con l'Italia, acquisendo e mantenendo nel corso degli anni lo status di attore importante nel campo commerciale e in quello finanziario. Una buona parte del merito va sicuramente attribuita al costante processo d’intermediazione condotto da Bettino Craxi e soprattutto all'abbondanza di riserve di materie prime.

A livello generale, comunque, possono essere senza dubbio elencati tre fattori fondamentali che hanno caratterizzato la sempre più crescente spregiudicatezza libica e le relative pretese in materia di negoziati, nei confronti del sistema politico- economico italiano: in primo luogo va menzionato il surplus proveniente dall’esportazione di petrolio e gas verso l’Italia; in secondo luogo vanno nominate le importanti somme incassate per via del surplus, poi investite in aziende italiane in crisi di liquidità, tra cui Fiat e Unicredit; terzo punto fondamentale è il controllo delle rotte d’immigrazione clandestina provenienti dall’Africa centrale, che attraversano la Libia, e che puntano alle coste siciliane. Dopo più di trentacinque anni, le relazioni economiche e politiche tra Italia e Libia sono ancora strette e vincolanti più che mai.

Uno dei fattori principali che lega così fortemente l’Italia alla Libia è la dipendenza energetica italiana neiconfronti del Paese nordafricano. La Libia è tra i più importanti fornitori di gas e petrolio per l’Italia. Il gas fornito dalla Libia scorre attraverso 512 km di tubi appartenenti al condotto Greenstream, il qualecollega la Libia all’Italia tramite il terminale di Gela, erogante circa venticinque milioni di metri cubi algiorno, il che corrisponde al 12% del fabbisogno nazionale italiano. Ciò per quanto riguarda i periodi di massima domanda. Il 23 febbraio 2011 è stato eseguito l’arresto delle forniture di gas, a causa della rivolta libica. Può essere interessante in tale situazione accennare al fatto che le riserve nazionali ammontano a 3,8 miliardi di metri cubi, il che corrisponde a trenta giorni di fabbisogno invernale.

Un dato può bastare per confermare l'importanza della Libia per l'Italia nell'ambito della dipendenza energetica: dopo Russia e Algeria, la Libia è il terzo Paese che rifornisce di gas l'Italia. Il peso esercitato dal gas sul fabbisogno nazionale, corrisponde al 39%, un aumento imponente, se si considera che nel 1979 il peso esercitato ammontava al 15%. Il gas acquista successiva importanza se si considera che il 44% dell'energia elettrica è prodotto proprio dal gas. Tale prospettiva va analizzata da un punto di vista globale dell’importanza del gas nella bolletta nostrana.

Inoltre è di fondamentale importanza non trascurare che la Libia, oltre al gas, esporti anche petrolio, rivestendo un ruolo di primo piano, anche e soprattutto nella fornitura nei confronti dell'Italia. La Libia esporta circa 1,9 milioni di barili al giorno, di cui il 32% sono diretti verso l’Italia. Se si considera la situazione in termini di riserve globali, la Libia si piazza ottava in classifica. A tal punto può essere interessante considerare che l’estrazione e l’esportazione del petrolio siano principalmente gestite dalla libica National Oil Corporation, fondata nel 1970 a Tripoli, dove ora la carica di presidente è ricoperta da Shukri Ghanem. La compagnia petrolifera nazionale libica è predominante, possedendo un certo numero di filiali più piccole, e possedendo metà del petrolio del Paese. La più grande produttrice di petrolio tra le sue filiali è la Waha Oil Company (WOC), seguita dall’Arabian Gulf Oil Company (Agoco), Zueitina Oil Company (ZOC) e Sirte Oil Company (SOC).

In termini di bilancia commerciale, la Libia è riuscita costantemente ad assicurarsi un vantaggio derivante dai combustibili fossili, le riserve petrolifere e i giacimenti di gas, soprattutto nei confronti dell'Italia. Se si analizza ad esempio il periodo compreso tra gennaio e novembre 2010, si può chiaramente vedere che il deficit di bilancio italiano nei confronti della Libia ammontava a 8,19 miliardi di euro. Tale cifra è indicativa, poiché supera la cifra del deficit di bilancio italiano nei confronti dell'Algeria, da cui l'Italia importa la maggior parte del gas. Se si analizza la situazione commerciale in generale nei confronti dell’area nordafricana, si vede chiaramente che l’economia italiana è in deficit nel rapporto import-export, nonostante i vantaggi commerciali dell'Italia rispetto a Marocco, Egitto e Tunisia.

Stando ai dati forniti dall’Istituto per il commercio estero (Ice), le aziende presenti in Libia sono un centinaio, tutte di dimensioni medio - grandi. Essenzialmente sono due i fondi d’investimento che si sono occupati dell’incameramento del surplus ottenuto dall’esportazione di materie prime: il Lybian investment authority (Lia) e il Lybian arab foreign investment company (Lafic). Questi due fondi d’investimento operano generalmente a livello internazionale come portavoce delgoverno di Tripoli, e si vedono partecipi nei più disparati settori immaginabili. Il 2,5% di Unicredit, pari a undici miliardi di euro, è detenuto dal Lia, così come anche il 2% di Finmeccanica. Il 2% di Fiat e il 7,5% dello Juventus Football Club sono detenuti dal Lafic.

Se nello specifico si analizza il caso di Unicredit, basta sommare la partecipazione del 4,9% detenuta dalla Banca centrale libica, ed ecco che la Libia è il primo azionista con il 7,21%: il vicepresidente dell’istituto è proprio il direttore della banca centrale libica. Un caso? Stime affermano che il portafoglio detenuto soltanto da questi due fondi di investimento un tempo controllati da Gheddafi ammontino a circa 70 miliardi di euro. Tali stime potrebbero essere facilmente smentite, giacché è molto improbabile riuscire a valutare esattamente la disponibilità finanziaria della Libia, che poi in realtà coincide con quella della famiglia del ex colonnello.

Durante il censimento del 2006 la popolazione libica ammontava a 5,67 milioni di abitanti, ma nel 2009 la stima sale a 6,4 milioni di persone. Prima del 15 febbraio 2011 la presenza degli stranieri in Libia ammontava ufficialmente a circa 1,65 milioni di persone, di cui circa 1,5 egiziani. La data del 15 febbraio 2011 è cruciale, perché rappresenta il giorno in cui le contestazioni al regime di Gheddafi si sono evolute in ribellione armata, spingendo diversi Paesi esteri a far evacuare i propri cittadini. Sebbene i rapporti tra Italia e Libia siano di lunga data, al 15 febbraio 2011 i cittadini italiani presenti in Libia erano circa 1500.

A seguire, si registra una forte presenza di cittadini provenienti dalle nuove economie emergenti: circa 30mila cittadini provenienti dalla Cina, e altrettanti dalle Filippine. I cittadini provenienti dalla Thailandia sono circa 23mila, mentre quelli provenienti dall’India sono 18mila. Se si osservano brevemente queste cifre, si può chiaramente dedurre che la comunità italiana non è sicuramente tra le più numerose. Una differenza che può essere resa evidente è che i cittadini dei Paesi più organizzati e dotati sono stati assistiti nell’opera di evacuazione subito dopo l’inizio dei disordini, mentre i cittadini tunisini ed egiziani si sono dovuti spostare in massa per raggiungere i confini orientali e occidentali della Libia.

Stando ad un'analisi dell'Unhcr, l'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati, il flusso dei profughi diretti verso i confini con l'Egitto e la Tunisia ha raggiunto anche picchi di 12-15mila persone al giorno, la maggior parte di cui erano operai egiziani e tunisini. Il versante tunisino sembra essere stato poi quello più attivo, con un passaggio di 150mila profughi già ai primi giorni del mese di marzo. In tal caso si è potuto assistere a un’opera diretta di solidarietà dei cittadini tunisini, intenti a supportare questo flusso di profughi conterranei diretti verso il proprio Paese.

I combattimenti per le strade della Libia hanno provocato quindi una fuga di massa, suscitando forti paure per un esodo migratorio, di tipo incontrollato e illegale, diretto principalmente verso le coste italiane, grazie all’approdo dell’isola di Lampedusa, isola che ormai da anni è l’obiettivo di fatiscenti barche cariche d’immigrati provenienti dalle coste del nord africa, che tentano di attraversare il Mediterraneo; la porta per l'Europa. E' probabile che un tal esodo di massa possa essere stato volutamente agevolato e incentivato da Gheddafi e famiglia, con il preciso scopo di essere in grado di effettuare nuove pressioni politiche sul governo italiano, ed ovviamente anche per motivi interni.

Le coste libiche, insieme a quelle tunisine, con la città di Sfax, rappresentano ormai da diversi anni il terminale di un massiccio flusso migratorio clandestino proveniente dall'Africa centrale. Tali flussi migratori attraversano il deserto del Sahara, giungendo sulle coste tunisine e libiche, dove li attendono scafisti organizzati in maniera del tutto imprenditoriale, che organizzano e gestiscono il traghettamento verso le coste italiane, corridoio verso l’Europa. Questo è il motivo principale per cui le diverse maggioranze politiche al potere in Italia hanno costantemente cercato di raggiungere degli accordi bilaterali con la Libia, nonostante i veti imposti dalla comunità internazionale, soprattutto da parte di Stati Uniti e Regno Unito.

In tale ambito, l’unico accordo, redatto e ratificato, è quello siglato dal governo Berlusconi il 30 agosto 2008, il quale contiene dei protocolli d'intesa e collaborazione economica, e affronta il problema dell'immigrazione clandestina attraverso la Libia. La questione della lotta all’immigrazione clandestina è affrontata precisamente dall’articolo 19 del trattato e prevede il costante pattugliamento delle coste libiche con equipaggi misti a bordo di motovedette messe a disposizione dalle forze armate italiane, cui va ad aggiungersi un sistema di telerilevamento presente alle frontiere terrestri libiche, affidato a società italiane.

Allo stato attuale delle cose, la fornitura più importante è stata quella di sei motovedette, con equipaggio addestrato da personale militare italiano. In tutto ciò andrebbe però specificato che la Libia non ha mai firmato la Convenzione sullo status dei rifugiati del 1951, ciò significa che il governo libico non riconosce lo status di rifugiato ai cittadini in fuga da guerre civili e massacri etnici, avvenimenti molto comuni nell’area centrafricana. Tutto ciò evidenziando la palese violazione del diritto internazionale dell'accordo bilaterale menzionato prima.

Tale aspetto è decisamente rilevante, poiché Gheddafi era operativo anche dal punto di vista economico nei confronti dei Paesi confinanti da cui provengono i flussi migratori, a tal punto da finanziare il presidente dello Zimbabwe Mugabe, e le tribù del Darfur. Il fatto di non partecipare alle convenzioni internazionali sui diritti dei rifugiati ha comportato non pochi problemi durante i tentativi di collaborazione tra i due Paesi, raggiungendo anche un elevato livello di tensione, come nel caso della sparatoria del 12 settembre 2010 tra una delle motovedette fornite dall’Italia e un peschereccio siciliano nel golfo di Sirte, ufficialmente acque internazionali, ma considerate dalla Libia come di propria competenza. In cambio del rispettivo blocco del flusso d’immigrati, l’Italia si è impegnata a fornire investimenti in infrastrutture pari a 5 miliardi di dollari in venti anni, anche come risarcimento storico per le responsabilità coloniali italiane.

Arriviamo all'anno scorso.Dopo l’istituzione di una no fly zone da parte dell’Onu, la situazione è precipitata a causa delle operazioni militari di Francia, Regno Unito e Stati Uniti, con appoggio logistico diretto dall'Italia. Questo è un passaggio cruciale per le future relazioni tra i due Paesi.

 

(Scritto con la preziosa collaborazione di Joshua Pagliaricci)

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