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Referendum: un esito prevedibile, un rischio imperdonabile

Alla fine la questione lacerante del referendum si avvia al tramonto.

 

Non è tramontato affatto invece il senso di sconfitta - dei sostenitori del SI, ovviamente - ma anche di vittoria “triste”, di chi parteggiava per il NO.

A parte una minoranza di entusiasti festeggiatori che si attribuiscono - rubando l’intero palcoscenico - il merito della vittoria (Di Maio & Co. tanto per non fare nomi), qualcuno si chiede perché non ci siano altro che facce serie e musi lunghi anche dalla parte del NO.

La risposta è meno difficile di quello che si potrebbe immaginare.

Con la vittoria del NO si è affermato un principio basilare della convivenza politica e sociale: la Carta Costituzionale è patrimonio comune e in comune ci si mettono le mani, se e quando necessario. E questo è motivo di serietà, non di esultanza.

Serietà per lo scampato pericolo provocato dallo scriteriato avventurismo di Renzi, serietà per la consapevolezza dell’importanza del momento, serietà per l’occasione persa di apportare modifiche necessarie (ma non così come sono state proposte) e serietà anche perché si sa che tutto ciò vale solo per una minoranza di attenti osservatori ed estimatori della cosa pubblica.

Insomma, c'è serietà per essere stati costretti a fronteggiare l'impalpabile fatuità di chi ci ha governato finora.

Ma in realtà si sa che il voto è stato, improvvidamente, politicizzato (e personalizzato) proprio dallo stesso Renzi. La vittoria del NO è stata quindi un’affermazione politica, ben più che una difesa di condivisi valori costituzionali. E anche questo è motivo di scarsa esultanza, addirittura di una qualche tristezza.

È stata l’affermazione di una parte politica che però non è una parte politica perché sono almeno tre parti e molto diverse fra loro: il m5s, la destra (leghista e non) e la sinistra (cioè la residuale sinistra radicale - nel frattempo affossata definitivamente dalle improbabili “narrazioni” vendoliane e dei suoi balbettanti epigoni - cui si è aggiunta in questa occasione la sinistra PD, critica da tempo con il renzismo, ma incapace di agire da catalizzatore per un agglomerato socialdemocratico coerente e consapevole).

Le tre parti insieme vincenti con il NO costituiscono l’opposizione all’attuale governo, niente di più e niente di meno di questo. Con le stesse percentuali delle europee 2014 (PD 40,1% di qua e tutte le opposizioni di là) con la differenza che un 25% del PD ha votato NO, ma una corrispondente parte delle opposizioni ha votato SI.

In sintesi non è successo niente se non tramutare - con gli stessi voti! - una innegabile vittoria (elettorale) in una altrettanto innegabile sconfitta (referendaria).

Era così difficile immaginarlo, dal momento che, da subito, il referendum è stato proposto e imposto come un sondaggio popolare sul governo Renzi? Era così difficile immaginare che le opposizioni coalizzate avrebbero avuto la maggioranza? Davvero Renzi pensava che in meno di due anni la sua azione di governo era stata così incisiva e i successi ottenuti così eclatanti da rovesciare la percezione pubblica del suo operato?

Si voleva cambiare la Costituzione (che ne avrebbe bisogno) e certi meccanismi del funzionamento istituzionale (che ne avrebbero estremo bisogno) veicolando in un quesito palesemente ipocrita (“volete risparmiare?”) la voglietta personale e narcisistica del plebiscitario assenso al premier.

Roba da repubblica delle banane.

Imporre al paese un tema così profondamente divisivo, proposto in maniera così discutibile, con un quesito palesemente fasullo, scontrandosi con tutte le opposizioni in un momento estremamente delicato dal punto di vista economico e, soprattutto, politico (con l'Europa che l'anno prossimo rischierà molto con le elezioni francesi, tedesche e olandesi) è stato un errore politico madornale.

Oltre che un rischio imperdonabile.

Ora il problema è (tanto per cambiare) tutto interno al Partito Democratico che ancora non ha deciso cosa sarà da grande. Ha cercato di essere socialdemocratico e non c'è riuscito, ha cercato di essere una riedizione della Democrazia Cristiana e ha fallito. Con Bersani ha teso una mano a Grillo ed è stato preso pubblicamente a schiaffi. Renzi ha rincorso la destra e sta percorrendo la stessa parabola discendente di Berlusconi (ma in molto meno tempo).

Anni persi e tutti adesso vogliono correre a votare per i propri tornaconti politici (paradossalmente oggi vogliono andare alle urne proprio quelli che hanno perso il referendum) con una legge elettorale che fino a ieri era da tutti criticatissima, non credibile, non affidabile e parzialmente incostituzionale. Una legge che, comunque, darà risultati tali da imporre alleanze di governo assolutamente improbabili, eccezion fatta - forse - per una riedizione ancora più a destra della Grosse Koalition attuale (che tanto Grosse non era) come lascia immaginare quell'apporto da destra del 25% dei voti referendari favorevoli al SI.

In alternativa il solito governo tecnico di lacrime e sangue.

Sono gli eccellenti risultati di una classe politica di dilettanti allo sbaraglio. Ma così moderni, così fighetti...

 

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