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Re-posting: una lettura di “Regno a venire”.

E’ interessante analizzare l’ultimo libro di J.G.Ballard “Regno a venire”, perchè possiamo trarne degli spunti stimolanti per capire la società nella quale viviamo e ci muoviamo.

I quartieri residenziali sognano la violenza. Addormentati nelle loro sonnacchiose villette, protetti dai benevoli centri commerciali, aspettano pazienti l’arrivo di incubi che li facciano risvegliare in un mondo più carico di passione….

 

Quindi, è possibile che lo sviluppo capitalista, per riprodursi, abbia eliminato tutti i possibili intoppi alla valorizzazione del capitale che è la ragione (e la forza) della sua esistenza. Perciò, oltre alla separazione tra razionalità ed emozioni, operata dal sistema nel quale ci muoviamo, le si è sedate attraverso un controllo totale sulla vita, i bisogni, i consumi delle persone, perchè - a conti fatti - le emozioni sono un ostacolo, poniamo, al controllo sulla forza lavoro, sulle minoranze, sulle organizzazioni politiche che lottano contro il capitalismo. Perchè, tutte queste realtà di contrasto o di contrapposizione, sono immerse in un sistema di affettività, valori e speranze che devono - per il sistema - essere attaccate, e possibilmente distrutte.

Dopo che il protagonista del libro assiste ad una scena di intolleranza razziale nei pressi del “Metro Centre”:

Avevo assistito all’insorgenza di un nuovo tipo di odio, silenzioso e disciplinato, un razzismo stemperato da tessere fedeltà e codici pin. Lo shopping era il modello di tutti i comportamenti umani, totalmente privo di rabbia o emozioni. La decisione degli abitanti di quella zona residenziale di rifiutare la presenza dell’imam rientrava tra le scelte cui i consumatori avevano il diritto. Ovunque sventolavano le bandiere con la Croce di San Giorgio - nei giardini delle villette, nelle stazioni di servizio e davanti agli uffici postali - mentre quella cittadina senza nome celebrava la sua ultima vittoria“.

Cioè, il consumismo è il modello di vita, chi non si adegua è un potenziale nemico, questo ci dice Ballard. Non ho alcuna difficoltà a seguirne il discorso e a credergli, visto come vanno le cose in gran Bretagna, dove questi fatti esistono concretamente e un certo stile di vita imposto dal sistema produttivo che ha distrutto la socialità (frantumazione sociale in generale e atomizzazione della classe operaia inglese in particolare) è stato il motore - ad esempio - della nascita del British National Party e delle sue fortune politiche. Qualcosa del genere ci riporta alla mente anche il fenomeno leghista, nato e sviluppatosi proprio nella fase cruenta della de-industrializzazione nel nord-Italia e della ristrutturazione del capitale a livello continentale, con conseguente imposizione di un differente stile di vita rispetto a quello prima dominante (produzione, risparmio, investimento, soppiantati da produzione di beni superflui in grandi quantità per il mero consumo).

Quindi, nemmeno Ballard dà spazio a spiegazioni morali o meramente culturali per afferrare le motivazioni e gli stimoli profondi che stanno alla base dei fenomeni sociali, imputandoli - invece - al sistema produttivo.

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