Rai-Santoro: servizio pubblico?
Al di là di ogni decenza. Al di là delle leggi di mercato che vedono Santoro portare profitti alla RAI. Al di là delle evidenti convenienze del monopolio privato ad eliminare un concorrente, ecco la nostra democrazia reale che obbedisce agli ordini del sultano che, non contento del potere che gli deriva dal possedere il monopolio mediatico privato, mette i piedi nel piatto RAI e licenzia Santoro, come se ciò fosse la cosa più normale del mondo.
Giova ricordare che ancora oggi definiamo “servizio pubblico” una istituzione che già 20 anni fa fu consensualmente spartita in 3, con il primo canale alla DC, il secondo ai socialisti, e il terzo canale ai comunisti, ma tutti dimenticarono di ridefinire il “servizio pubblico” come “servizio ai partiti” e fu abbandonato definitivamente il progetto di una Rai indipendente dalla politica e al servizio dei cittadini, come indispensabile contrappeso al blocco di notizie controllate da forze economiche, politiche, religiose.
L’Italia a livello informativo non è una democrazia, ma una piena dittatura in mano a ristrette oligarchie economiche, politiche (partitiche), religiose.
Ciò che mi fa venire il mal di fegato è che in tutti questi anni i movimenti, nati fuori dai partiti che si sono divisi
Solo questa impostazione ci porterebbe vicino ad una reale democrazia mediatica, mentre oggi la avvilente realtà è quella di 5 reti nazionali agli ordini di un solo padrone che ottiene da esse il consenso elettorale.
Oggi si parla di Santoro a La7, che presto dovrebbe essere controllata da un “padrone buono” (De Benedetti), di tendenze monopoliste anche esso, in quanto possiede già Repubblica e l’Espresso e presto potrebbe tornare in possesso della Mondadori scippatagli da Berlusconi, legato al Pd e quindi inevitabilmente espressione di interessi economici e politici di parte, esattamente come B. oggi.
Se a La7 accorreranno i vari Fazio, Floris, Santoro, Gabanelli, Dandini,
Probabilmente in Italia accadrà ciò che è diventato “sistema” negli USA, in cui il “pluralismo” consiste nel fatto che le 50 principali TV private sono tutte di proprietà di multinazionali o sette evangeliche, e di “servizio pubblico” nemmeno l’ombra.
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