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Riformare la politica per riformare la P.A.

La questione è antica e ciclicamente viene riproposta senza però riuscire mai a trovare una soluzione plausibile. Ora arrivano le parole del premier Silvio Berlusconi che parla di amministrazione pubblica troppo costosa ed antiquata.

Sacrosanto verrebbe da dire, ma sembra che le soluzioni per affrontare questo annoso problema siano quasi impossibili da trovare. Il risultato è che la pubblica amministrazione mostra di continuo e in tutti i suoi settori il suo alto grado di inefficienza malgrado la crescita senza sosta dei costi per mantenerla, che in un periodo di crisi senza precedenti come questo sono ancora più amplificati.

In campagna elettorale si è fatto tanto parlare di eliminazione di sprechi, come il taglio delle Province, delle Prefetture e del numero dei parlamentari o la informatizzazione della pubblica amministrazione.

Nulla di tutto ciò, ovviamente, è più nell’agenda governativa.

Il problema è serio, e il governo… ci ride su, proponendo come antidoto all’inefficienza degli uffici pubblici le faccine che ridono! E notizia di questi giorni che il sindaco di Milano Letizia Moratti e il ministro per la Pubblica amministrazione Renato Brunetta hanno firmato a Palazzo Marino un protocollo d’intesa per l’innovazione tecnologica dei processi e dei servizi del Comune di Milano.


Un tassello del processo complessivo di riforma della Pubblica amministrazione che il ministro definisce come una vera e propria "rivoluzione". Il 23 marzo, in particolare, sarebbe dovuta iniziare anche a Milano l’installazione negli sportelli pubblici di un apparecchio in grado di consentire ai cittadini, reduci da una transazione, di votare con un tocco la propria soddisfazione o meno: voto favorevole con un tocco sulla "faccina" verde sorridente, voto neutro su quella gialla, voto negativo su quella rossa arrabbiata. Ma in Italia il problema ha raggiunto picchi parossistici nel rapporto qualità-prezzo della gestione della P.A. e c’è ben poco da ridere!

Si pensava che la tanto decantata legge Bassanini del 2000 potesse apportare una svolta epocale. Ciò non è affatto avvenuto, ma non per colpa della legge che contiene in se importanti novità e giuste correzioni, ma perché molti aspetti di quella legge non hanno trovato per diversi motivi giusta applicazione, prima fra tutte quei "nuclei di valutazioni", che dovevano servire a giudicare l’operato e l’efficienza della macchina amministrativa, senza i quali non si riesce a capire dove e come migliorarne il funzionamento.

In Italia purtroppo manca l’autorevolezza del Governo, ostaggio, di troppi interessi di parte, logiche di partito e localismi che impediscono di toccare privilegi e rendite di posizione che rallentano e appesantiscono inesorabilmente la macchina dello Stato.

Ecco allora che quella inefficienza, scandalosa in certi settori della pubblica amministrazione, è in qualche modo conveniente e opportuna per garantire al potere politico che la governa il consenso e l’appoggio dei suoi “clienti”.

Il cittadino-utente-elettore ha come unica opzione quella del voto, ma in realtà è uno strumento con poca efficacia perché il problema è comune a tutte le forze politiche proprio perché nasce all’interno della politica stessa, e non cambia con il colore o con le coalizioni che compongono le strutture amministrative. Fino a quando non si modifica la struttura della politica e dei suoi tanti interessi localistici e particolari, sarà praticamente impossibile eliminare le inefficienze della macchina statale, che si nutrono e sopravvivono proprio grazie e a causa della politica.

Il controllore non può essere lo stesso del controllato tanto per fare un esempio pratico ed esemplificativo. Sembra una boutade ma invece è quello che succede da decenni nella pubblica amministrazione, nei casi in cui esiste tale "sottospecie" di controllo. Forse in questo senso la crisi economica, senza precedenti, può rappresentare un’occasione unica per apportare quelle modifiche radicali all’impianto burocratico ed amministrativo dello Stato. Perdere anche quest’ultima occasione potrebbe avere conseguenze difficilmente immaginabili per il sistema paese e per le generazioni future.

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