• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Mondo > Qualche considerazione sulla chiusura di Megaupload

Qualche considerazione sulla chiusura di Megaupload

1. Non mi è chiaro che fine faranno i file non illeciti immagazzinati sui server del sito di file sharing. La chiusura imposta dall’Fbi ha tenuto conto dei diritti dei cittadini digitali che usavano il servizio in modo legale?

2. L’Fbi usa per Megaupload il termine «Mega-cospirazione». Lo stesso termine che Julian Assange, nel 2006, utilizzava per definire organizzazioni come l’Fbi. E in effetti entrambe (stando all’accusa) fondano il loro potere sulla segretezza delle informazioni scambiate. Con una differenza: quando l’Fbi intercetta le mail di Megaupload per sventarne il presunto sodalizio criminale, scattano le manette per gli accusati. Quando sono membri delle autorità statunitensi (penso a Bradley Manning, naturalmente) a fornire documenti che rivelano presunte azioni criminali al loro interno, le manette scattano per gli accusatori.

3. I gestori del servizio non erano esattamente degli attivisti per la libera espressione. Tra le accuse (documentate a suon di mail intercettate dalle autorità, come detto) si parla di riciclaggio di milioni di dollari ottenuti come frutto del traffico illegale dei file, di migliaia e migliaia di dollari dati a utenti come ‘paga’ per postare contenuti in violazione del diritto d’autore (contenuti che gli stessi gestori avrebbero invitato a postare, pur sapendo fossero illeciti), si dettagliano conti bancari milionari nelle Filippine, a Hong Kong, a Shangai, in Nuova Zelanda, a Singapore come risultato di attività illegali (compresa la non rimozione di contenuti segnalati come illeciti). E tra i beni confiscati ci sono schermi Lcd a 108 pollici. Ma anche Rolls-Royce, Maserati, Cadillac, Mercedes Clk. Con targhe come: «Stoned», «Weed», «Guilty», «Hacker». E «V», come quella della ‘Vendetta’ di Alan Moore – e di Anonymous. Tutto lecito? Lo stabilità la giustizia. Ma il profilo personale che emerge dalle conversazioni intercettate e dall’impiego del denaro guadagnato fa intuire che il motivo dell’esistenza di Megaupload fosse fare (tanti) soldi, più che promuovere il libero scambio di idee e prodotti culturali.

4. Ciò detto, il problema della libera espressione resta. Per quanto detto al punto 1, ma anche per quanto scrive Paolo Brini, attivista ed esperto di diritto d’autore online, nella mailing list del centro Nexa: «Le “autorità” americane, all’indomani della protesta contro SOPA e PIPA, ricevono una tiratina di guinzaglio e sequestrano tutti i server di MegaUpload in Virginia, in 4 diversi datacenter, in assenza di un processo preliminare e in assenza del mandato di un giudice (ordine di un procuratore federale, e come ho scritto e riscritto in passato l’amministrazione Obama ha messo nelle posizioni chiave del Dipartimento di Giustizia, inclusa la carica di Vice Procuratore Generale, cinque avvocati della RIAA)». E ancora: «Questa azione dimostra anche che le autorità americane non hanno bisogno di leggi come SOPA e PIPA per agire con sequestri indiscriminati in assenza di un mandato di un giudice, e spero aprirà gli occhi a coloro che ancora si illudono che gran parte del DoJ non sia completamente controllato dall’”industria del copyright”». Ma non solo:

Dimostra altresì quale potrà essere la realtà se continueremo a tollerare, anche nell’Unione Europea, le menzogne e falsità prive di qualsiasi riscontro oggettivo e non supportate da nessuna analisi scientifica che l’industria del copyright continua a diffondere.

5. La reazione di Anonymous è senza precedenti, e fa capire che il futuro della governance di Internet si sta giocando ora come forse non mai. E se ricorrere ad attacchi Ddos non è esattamente la tattica più ortodossa del mondo (la usano in modo massiccio i regimi autoritari per reprimere il dissenso politico, per esempio), può servire per diffondere consapevolezza – e subito – del problema a larghi strati della popolazione digitale. Si è percepita in questa azione coordinata e di massa da parte degli Anon un senso di urgenza ma anche di frustrazione: per quanto si protesti (come per SOPA/PIPA), pare che governi e lobby continuino ad alternare bastone e carota, facendo un passo indietro e due avanti. Se l’impostazione resterà questa, lo scontro non potrà che acuirsi. E non è detto che il risultato non sia un controllo perfino maggiore. E’ importante dunque che siamo noi tutti a chiedere, con gli strumenti che ci fornisce la democrazia, che la soluzione dei problemi posti dallo sviluppo di Internet non contrasti con la tutela dei nostri diritti fondamentali. Solo così si potrà trasformare una guerra informatica in maggiore trasparenza e controllo da parte dei netizen sugli abusi di potere in rete.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares