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Proteste in Sudan contro il piano di austerità

Il Sudan attraversa serie difficoltà economiche. L'indipendenza del Sud ha privato Khartoum di buona parte delle sue rendite petrolifere, aprendo un buco di bilancio da 2,4 miliardi di dollari. Per risanare le esangui casse dello Stato, il regime di Bashir (nella foto) ha approvato un duro piano di austerity fatto di maggiori tasse e tagli ai sussidi.

Inevitabili le proteste di piazza. Lunedì, la capitale Khartoum è stata teatro di violenti scontri tra manifestanti e forze di polizia. Gli incidenti si sono ripetuti martedì e mercoledì.

Per i sudanesi, i piani del governo si tradurranno in un autentico salasso. Parlando in parlamento, il ministro delle finanze Ali Mahmud al-Rasul ha detto che i prezzi dei carburanti aumenteranno tra il 12,5% e il 60%, l'IVA passerà dal 15% al 17% e le spese amministrative del governo saranno tagliate del 25%. La moneta sarà svalutata, sottraendo ulteriore potere d'acquisto alla popolazione in un Paese dove l'inflazione viaggia al 30%.

Ma gli esperti dicono che ci vorrà del tempo prima che tali misure sortiscano qualche effetto.


Per contenere le manifestazioni, il governo ha apportato alcuni emendamenti all'ultimo minuto, ma il pacchetto nel suo insieme renderà la vita quotidiana dei sudanesi molto più difficile. E l'austerità, come ben sanno i greci, non aiuta minimamente a risollevare l'economia.

A guidare le proteste sono soprattutto gli studenti, a Khartoum e in altre città del Paese. Ma il dato più significativo, fino a questo momento, è che il regime non ha accolto le proteste come una minaccia alla propria esistenza, come invece era accaduto un anno, fa - quando gli echi della primavera araba si sono uditi anche da queste parti. Il che non vuol dire che Bashir possa dormire sonni tranquilli.

La situazione odierna è ben lontana da quella dell'aprile 2010 , quando il New York Times riferì che molti sudanesi del Nord, paghi di una "espansione" economica goduta durante il regime di Bashir, si dicevano ansiosi di rieleggerlo. In realtà l'economia sudanese è in crisi da tempo, molto prima della secessione del Sud. E nel Paese sono in tanti a nutrire un forte risentimento verso il governo centrale di Khartoum.
Bashir non potrà sempre sperare di risollevare la propria popolarità a suon di proclami nazionalistici. E sulla sua testa pende ancora quel mandato di cattura internazionale che la Corte di Giustizia dell'Aja non vede l'ora di eseguire.

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