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Processo a Bashir: la grande ipocrisia del Darfur

La Corte dell’Aja vuole arrestare un presidente in carica, Bashir del Sudan, per i crimini commessi nella regione del Darfur. Con lo stesso ragionamento dovrebbe spiccare un mandato di arresto per Bush, che ha ucciso centinaia di migliaia di iracheni, o per il nostro premier che non è ancora in galera grazie alla situazione degenerata dell’Italia. In Africa quasi tutti gli Stati sono di tipo autoritario, corrotti e si adoperano ad eliminare i loro oppositori. Giusto condannare l’eccidio e il genocidio per evitare un altro Rwanda, ma non spiccando un mandato di cattura per un presidente in carica. Ma da noi inseguiamo le mode, quella del Tibet come quella del Darfur. Dimentichiamo le altre fuori dai riflettori, quelle nostrane dei rom e dei diversi, quelle delle tante dittaure con cui facciamo affari.

Il presidente Bashir del Sudan, secondo la Corte Penale Internazionale dell’Aja, dovrebbe entrare in una delle nostre prigioni dell’Occidente civilizzato e paladino dei diritti umani per le stragi in Darfur. Non si era mai visto fino ad oggi che questa Corte, da molti ritenuta inutile, andasse a condannare un presidente inn carica in un altro Stato. E’ come se un giudice europeo decidesse che, siccome Berlusconi ha corrotto Mills ma in Italia si protegge con il lodo Alfano, debba comunque essere arrestato, o che il passato presidente Bush vada rinchiuso in una buia prigione buttando la chiave per le stragi degli iracheni, le torture e Guantanamo. O che la maggior parte dei dirigenti africani, della Cina e di altri Paesi siano imprigionati a causa della non osservanza dei diritti umani. Potrebbe anche andare bene si si adottassero gli stessi criteri per tutti.


Ma da noi si amano seguire le mode, sacrosante, ma sempre mode. Quindi, se si deve parlare della Cina, ci si schiera per il Tibet perché ci piace il Dalai Lama, Richard Geere è buddista e essere pro Tibet alla Veltroni fa tendenza. Oppure chi dell’Africa sa poco e niente - sempre tipi come Veltroni e Co. - si stracciano le vesti e issano vessilli in Campidoglio per la strage nel Darfur, una regione di cui la maggior parte non sanno nemmeno dove sia. Ma anche il Darfur fa tendenza, se ne occupa George Clooney e Bono degli U2. Per il resto non ne sappiano un accidente di niente.
Tutte queste persone, poi, sono le prime a rinchiudere gli stessi africani nei centri di accoglienza temporanei, a ghettizzarli, ad affamarli, ad incendiare i campi rom, a condannare chi non è italiano, magari poi facendosi una bella vacanza in Kenia, poco lontano dalla martoriata Somalia, o a Cuba e in Brasile in cerca di turismo sessuale.
Il caso Bashir è già un incidente diplomatico fra diversi Stati che hanno più o meno i loro interessi nella regione del Darfur, così come non lo è il il Congo, la Sierra Leone, l’Irak e via dicendo. In un mondo di cui non si capisce la logica.

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