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Processo Vivaio alla mafia della discarica: ultimo atto, la Cassazione ha confermato le condanne

Con la sentenza della Suprema Corte – che il 13 novembre ha confermato le condanne decise nel processo di appello del marzo dello scorso anno – si chiude il processo Vivaio alla mafia della discarica di Mazzarrà Sant'Andrea, comune recentemente sciolto per infiltrazioni mafiose.

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L'operazione del Ros, scattata il 10 aprile 2008, oltre ad accertare numerosi episodi estorsivi nei confronti di alcuni imprenditori locali, aveva evidenziato gli interessi illeciti del clan dei Mazzarroti, costola della famiglia barcellonese, nella gestione “non ufficiale” della mega-discarica di contrada Zuppà e i condizionamenti nelle elezioni amministrative del maggio 2007 in alcuni comuni del comprensorio, con particolare riferimento alle elezioni amministrative di Furnari, comune poi sciolto dal Governo nel 2009 proprio per infiltrazioni mafiose.

Da quel troncone di indagine scaturì poi nel 2010 l'indagine Torrente e il relativo processo attualmente nella fase dibattimentale davanti al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto.

Confermato quindi l'ergastolo per Aldo Nicola Munafò per l'omicidio di Ninì Rottino, ammazzato nell'estate nel 2006 nella guerra tra il boss “emergente” Tindaro Calabrese – che dovrà scontare sedici anni – e il “vecchio” boss, oggi collaboratore di giustizia, Melo Bisognano condannato a 7 anni e mezzo.

Confermate anche le condanne a otto anni per Nello Giambò, ex sindaco di Mazzarrà e presidente – all'epoca dell'operazione – di Tirrenoambiente, la partecipata del comune che ha gestito fino al 3 novembre 2014 la discarica, e “u baruni” Michele Rotella, i due “colletti sporchi”, artefici insieme a Melo Bisognano della sua realizzazione.

Le altre condanne hanno riguardato Alfio Giuseppe Castro (tredici anni), Agostino Campisi (otto anni e 8 mesi), Nunziato Siracusa (otto anni), Carmelo Salvatore Trifirò (nove anni).

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