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Primo maggio: la Spagna in piazza, l’Italia al concerto

Primo maggio di autentica protesta in oltre cinquanta città spagnole, contro le politiche di austerità e di socialdemolizione praticata dal governo Rajoy. L’Europa cigola ogni giorno di più, tenuta insieme solo dall’euro. Notizia completamente ignorata dai media, che si preoccupano piuttosto di portarci al concerto.

Niente concerti o comizi di facciata: la Spagna esprime in cinquanta centri urbani il proprio dissenso alle politiche del governo Rajoy. Politiche fortemente lesive dei diritti fondamentali dei cittadini di qualsiasi democrazia di stampo occidentale, che richiedono sforzi sovrumani ai già vessati cittadini, senza prendere minimamente in conto la riduzione degli sprechi della politica. Anche in Spagna si combatte contro una riforma del lavoro, che rischia di trasformare in un privilegio ciò che dovrebbe permettere a ciascuno di avere una fonte di sostentamento.

Le piazze sono piene: Madrid trabocca di gente, sembra che il Real abbia vinto l’ennesimo trofeo. Anche Barcellona è unita contro i tagli alla spesa e le tasse e pure Valencia, Levante, Alicante, Jaen, Siviglia, Cadice, Malaga: tutta la nazione offre uno spontaneo segno di unità contro il malgoverno, che crede di poter addossare tutte le colpe d’Europa, entità politica marcia, guasta e prossima a capitolare, ai cittadini.

La classica minaccia di un rischio non definito ma “orrendo” per definizione? Ancora un fantasma da scacciare? Sembra proprio di sì, ma in Spagna il popolo ha di meglio da fare: non si ferma in piazza per partecipare ad un concerto, marcia unito e compatto contro l’oppressione. Fa paura il popolo spagnolo: se così non fosse, non si spiegherebbe il totale silenzio in cui è passata la manifestazione di ieri. Cinquanta città, in cui a risuonare sono soltanto gli slogan contro il governo, che possono dare il cattivo esempio nell’imbelle Italietta asservita al Professor Monti.

Dalle parti di casa Borbone invece non funziona così: i due presidenti dei sindacati spagnoli CCOO e UGT, Fernandez Toxo e Mendes, hanno messo le carte in chiaro con il governo, il quale non avrà vita facile se continuerà a tacere la vera essenza della prossima riforma del lavoro, che in Spagna non viene discussa con le parti sociali, benché si sospetti che la modifica renderà i diritti dei lavoratori simili a quelli della Cina. Da più parti viene l’invito alle dimissioni per Rajoy; l’invito a nuove elezioni che possano restituire al popolo nuovi rappresentanti, maggiormente aderenti alle nuove istanze che le comunità umane recriminano quotidianamente.

Le fonti parlano di centinaia di migliaia di persone nella capitale spagnola, tra le quali anche la presidentessa della Comunità Autonoma di Madrid, Esperanza Aguirre: se un’amministratrice è disposta a spendere la propria immagine a favore di una lotta, verrebbe da chiedersi se questa non sia qualcosa per cui continuare a lottare. Ma sono notizie che le TV e i quotidiani di regime non porteranno all’attenzione dell’opinione pubblica. Questo perché significherebbe far comprendere ai cittadini la fine che si sta prospettando per un’Europa basata unicamente sulla logica del profitto e tenuta insieme da una moneta finta e che gli unici registi di questa fine sono i popoli vessati da governanti, servi delle banche.

Mentre Monti chiama altri tecnici (se Amato è un tecnico, Bersani è un leader dell’opposizione, n.d.r.), in Spagna non si muove foglia che il popolo non voglia. Continuiamo a sperare nel risveglio delle coscienze, perché presto ci tasseranno anche quelle.

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