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Presidenziali afghane: Abdullah vince il primo round puntando su hazara e voto interetnico

Abdullah Abdullah 44.9%, circa tre milioni di voti, Ashraf Ghani 31.5%, attorno ai due milioni, questo è il responso della Commissione Elettorale Indipendente che indica un ballotaggio fra loro nel mese di giugno. Ma per ora non stabilisce date. I restanti candidati staccatissimi, a cominciare da Rassoul 11.5% quindi certi noti signori della guerra. Ma di Sayyaf 7%, Helal 2.8%, Sherzai 1.6%, Sultanazoy 0.5%, Arsala 0.2% conosciamo parziali non aggiornatissimi che, comunque, possono interessare solo le statistiche, visti i distacchi che non influiscono sul risultato preliminare.

Influiranno, però, sulla sfida finale Abdullah-Ghani perché il nuovo presidente afghano sarà colui che ha messo in atto il miglior piano di alleanze grandi e piccole. In verità questo discorso ha avuto una parziale smentita nel primo turno per nomi pesanti come Rassoul, ex ministro sponsorizzato dal presidente uscente che invece non ha sfondato fra i pashtun. Lo stesso Ghani, che presentava un padrino potente come Dostum ha incassato dagli uzbeki, ma non ha riscosso quel che pensava dagli hazara, una minoranza (circa il 10% della popolazione) che però in alcune province sembra aver ribaltato il voto.

Lo sostiene un buon conoscitore di quell’etnìa, Amin Halimi, che evidenzia come la comunità poteva dirigere il proprio orientamento su Ghani, anche per i buoni uffici predisposti dal vice presidente uscente Karim Khalili, uno dei massimi esponenti del partito hazara Wahdat. Ma non è stato così. Ghani ha certamente ricevuto il consenso della cerchia intellettuale hazara, una minima parte del gruppo che invece nelle aree rurali è diffusamente analfabeta. Un esempio lo offrono le province di Bamiyan e Daikondi - nella parte centro occidentale del Paese, entrambe ad altissima percentuale di cittadinanza hazara (rispettivamente 82% e 86%) – che hanno rivolto rispettivamente il 67% e il 73,5% dei voti ad Abdullah. Un segnale, secondo il citato politologo, dell’orientamento esplicito di quella comunità che vale anche per altri distretti. In quello di Bamiyan poi c’era il precedente delle promesse non mantenute proprio dalla coppia Karzai-Khalili dopo le elezioni del 2009. Riguardavano non solo la ciclopica via di comunicazione fra la capitale ed Herat, passando per le province centro-occidentali come le due citate; ma anche per il trascorso disinteresse governativo riguardo ai fabbisogni idrici ed elettrici della popolazione locale.

Ghani ne ha pagato lo scotto, però non gli hanno giovato anche altre vicinanze. Quella d’un generale diventato commentatore televisivo che durante la campagna elettorale martellava sulle minoranze etniche sostenendo che fossero “bastarde” poiché, a suo dire, la sola comunità originaria del Paese dell’Hindu Kush è la pashtun. Comportamenti improvvidi che hanno lasciato il segno. Un altro potente signore della guerra vicino agli hazara, Mohaqiq, contrariamente a Khalili aveva rotto i legami con Karzai proprio cavalcando il malcontento popolare verso le “chiacchiere istituzionali”. Così l’accorto nemico di Karzai Abdullah è andato a cercare, fra gli altri, il sostegno di Mohaqiq che a quanto sembra ha dato frutti. Col successo nella prima fase elettorale, il medico in odore di presidenza, s’erge anche a paladino della legalità, criticando la Commissione Elettorale per una non rigida applicazione delle verifiche sulle schede scrutinate (in prima battuta s’era lamentato solo Ghani, sostenendo d’esserne vittima). Una limpidezza del voto non può che rafforzare il futuro delle Istituzioni, è il concetto espresso da Abdullah ora che sente profumo d’un suo possibile insediamento. La fase seguente dovrà comunque fare i conti con le contraddizioni tuttora aperte: quella degli attentati Talebani (tre morti ieri a Ghazni) e della firma del Trattato Bilaterale sulla Sicurezza che regolamenta una permanenza dei reparti aerei Nato per altri dieci anni. Almeno.

 

articolo pubblicato qui 

 

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.6) 28 aprile 2014 12:37

    interessante, ma io ritengo che qualsiasi analisi sull’Afganistan in cui non si parli di oppio sia monca.

    Dal tempo del colionalismo inglese, tutto ciò che è successo lì non si spiega se non attraverso gli interessi sull’oppio.
    Con buona pace della sinistra USA che riteva che il suo paese fosse entrato in Afganistan per una questione di oleodotto...

    GeriSteve

    • Di (---.---.---.218) 28 aprile 2014 12:50

      Gentile sig. Geri, non è bello autocitarsi ma, se le interessa, fra i vari lavori sull’Afghanistan potrà trovare anche il reportage ("Afghanistan fuori dall’Afghanistan" Poiesis) realizzato lo scorso anno dove sono raccolte testimonianze di strutture sociali e politiche che lavorano con la popolazione e per la popolazione. Alcuni passi sono dedicati alla questione oppio, la cui produzione è cresciuta a dismisura negli anni dell’occupazione Isaf e nei cui affari sono coinvolti insospettabili signori occidentali (militari e non) che vanno a braccetto con ex signori della guerra da tempo molto attenti al business. E, come ricordato in questo pezzo, anche alle cariche istituzionali. ecam

    • Di GeriSteve (---.---.---.6) 28 aprile 2014 23:13

      carissimo ecam,

       

      è invece giustissimo autocitarsi. La mia critica era, ed è, sul fatto che in quell’articolo non si tocca minimamente il grande motore degli eventi afgani, cioè l’oppio. E non mi pare che il suo commento aggiunga niente; se invece mi sbaglio, mi dica lei dove.

       

      GeriSteve

  • Di Enrico Campofreda (---.---.---.125) 29 aprile 2014 00:32
    Enrico Campofreda

    Gentile sig. Geri, critichi pure, un lettore critico è un lettore attento. Sto seguendo queste elezioni da Roma, i miei contatti afghani mi sconsigliavano una presenza in questo periodo per ragioni di sicurezza e non avevano torto visto quel che è accaduto a Horner e alla Niedringhaus.
    Un articolo, mi passi l’ovvietà, è più stringato d’un libro. Nel pezzo in questione affronto un tema particolare. Ciò che lei dice attorno all’oppio coinvolge inevitabilmente anche la questione presidenziale. La famiglia Karzai, ad esempio, è stata in questi anni particolamente addentro i traffici di droga, tant’è che un fratello del presidente (Walid) è rimasto vittima d’un agguato molto simile a quelli che le mafie del grosso spaccio compiono per faide interne o trasversali.
    I signori della guerra riciclati nelle istituzioni restano signori degli affari e questi affari trattano soprattutto di oppio, prima entrata della nazione afghana, assieme agli "aiuti" occidentali. Perciò le ho citato il libro che tratta anche quest’argomento. Se lei vorrà avere notizie sulle recenti imprese (d’ogni genere) che i nuovi clan al potere e quelli collaterali attueranno, appena ci saranno aggiornamenti sarò pronto a divulgare.


    Un cordiale saluto, ecam
    • Di GeriSteve (---.---.---.113) 29 aprile 2014 10:44

      Mio caro Campofreda,

      io non sono mai stato in Afganistan e ne so decisamente poco, ma malgrado questo mi è chiarissimo che l’oppio è sempre stato il "motore" fondamentale e che se ne è sempre parlato poco, anzi: lo si è taciuto il più possibile.

       

      Sui libri di storia si legge della "rivolta dei boxer" in Cina, ma non si legge contro chi si rivoltavano quei patrioti che non accettavano la distruzione fisica e culturale dei cinesi. Non si legge chi commerciava l’oppio, da dove veniva, come mai l’esercito inglese era impegnato sia in Afganistan sia in Cina a proteggere quel commercio. Su Lawrence d’Arabia si è scritto e girato tanto, ma non si è spiegato perchè mai il servizio segreto inglese, dopo averlo mandato a far danni in arabia lo abbia poi mandato in Afganistan. So poco dei rovesciamenti di governo che hanno portato all’intervento dell’armata rossa, ma non ci credo che questa si sia mossa per semplice affinità ideologica verso una fazione afgana.

      So che la CIA, Bin laden e i talebani sono andati d’amore e d’accordo per un lungo tempo ma poi si è arrivati alla rottura, di cui l’11 settembre (con tutti i dubbi su ciò che realmente è successo) mi è sembrato un effetto e non una causa. Ho sempre sospettato che la rottura fosse relativa proprio al controllo del mercato dell’oppio e quindi immagino che anche oggi le competizioni elettorali siano competizioni non solo sul governo dell’Afganistan ma soprattutto sul governo di produzione e mercato dell’oppio.

       

      Io non voglio criticare Campofreda come persona ma, ribadisco, "la mia critica era, ed è, sul fatto che in quest’articolo non si tocca minimamente ciò che verosimilmente è il grande motore degli eventi afgani, cioè l’oppio." In quest’articolo si scrive di contrasti ed alleanze fra etnie, che saranno certamente reali, ma non si scrive su cosa e perchè quelle etnie e quei leader si contrastano. 

      Se, come previsto, arriveranno articoli di Campofreda che chiariscono e approfondiscono questi aspetti, saranno per me benvenuti.

       

      Ricambio volentieri i saluti, GeriSteve

  • Di (---.---.---.174) 29 aprile 2014 12:42

    C’impegneremo. E un pizzico già lo siamo. Cordialmente, ecam

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