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Portogallo | Il Bloco de Esquerda, vent’anni dopo

Quest’anno ricorre il ventesimo anniversario della fondazione, in Portogallo, del Bloco de Esquerda, sorto, in modo singolare, come un movimento politico, e non come un partito prodotto da una fusione o una coalizione. Per tutti coloro che da altri contesti hanno seguito questa esperienza con interesse, passione e simpatia, la sua costituzione e la sua evoluzione è paradigmatica. 

di Manuel Garí e Josi Egireun

Un’esperienza unica, non sprovvista di paradossi, sfide e rischi, sulla quale riteniamo che la sinistra rivoluzionaria che non intenda limitarsi a pratiche testimoniali o di autoaffermazione deve necessariamente riflettere.

A vent’anni dalla sua fondazione, la prima cosa da sottolineare è quanto poco spazio abbia avuto il Bloconella riflessione della nostra corrente politica. E tuttavia, in alcune occasioni vi sono state critiche puntuali spietate a proposito di certe iniziative o posizione del Bloco de Esquerda, senza preoccuparsi di conoscere esattamente le ragioni e i termini concreti della posizione adottata. È stato questo il caso, per esempio, dell’accordo con il Partido Socialista nel 2015.

Una delle ragioni di questa “dimenticanza” può dipendere dalle dimensioni demografiche del Portogallo (10,3 milioni di persone) e dal peso del suo PIL rispetto a quello dell’Unione europea. Ma anche così risulta difficile capirla, date la struttura militante e le dimensioni politiche e sociali assunte dal Bloco nella scena politica portoghese. È per questi motivi che approfittiamo del suo ventesimo anniversario per ripercorrerne la storia e per sottolineare quelli che ci appaiono gli aspetti più interessanti di questa esperienza.

Prendendo in prestito – e applicandolo con estrema cautela al campo sociopolitico – il concetto di “paradigma” di Thomas Kuhn [1] – il Bloco lo rappresenta come organizzazione poiché ha avuto maggior successo di altre proposte politiche diverse e alternative nel costruire una forza anticapitalistica di massa, con un peso elettorale e sociale nel Paese. Nel corso di questi vent’anni ha saputo risolvere alcuni dei principali problemi con i quali devono misurarsi i gruppi di sinistra lungo il percorso per trasformarsi da gruppi di propaganda in un partito con influenza di massa. Ciò si può verificare in Portogallo, dove nessuna delle formazioni politiche di sinistra della fine del XIX secolo e degli inizi del XX è sopravvissuta [2], come del resto sono finite col rivelarsi irrilevanti o addirittura sono scomparse le diverse scissioni che il Bloco ha subito sulla sua sinistra (in buona parte di carattere settario e dottrinario) o sulla sua destra(alla ricerca di un accordo o di una omologazione con il Partido Socialista). Ma si può verificare anche in altri Paesi europei dove, in questi vent’anni, abbiamo assistito al fallimento di esperienze così importanti come quella del Partito della rifondazione comunista in Italia o come, in Francia, la folgorante nascita del Nouveau parti anticapitaliste (che tuttavia attraversa ora un periodo di grosse difficoltà) o l’ascesa e il declino del Front de gauche.

Per tutti questi motivi, il ventesimo anniversario rappresenta una buona occasione per interrogarci sulle caratteriche dell’esperienza del Bloco de Esquerda, che con i suoi alti e bassi (che ci sono stati anch’essi) presenta elementi di interesse per coloro che, data la marginalità in cui si trovano oggi le alternative rivoluzionarie, cercano di dar vita a forze politiche in grado di agire sul piano sociale ed elettorale e di apparire (agli occhi dei propri militanti, ma soprattutto a quelli di larghi settori sociali) un’alternativa ai partiti esistenti.

Questa dimensione – di alternativa credibile – è stato l’elemento di forza che ha stimolato esperienze come quelle di Podemos o della France insoumise. Esperienze che però ora si trovano in un vicolo cieco a causa tanto del modello organizzativo adottato quanto di un erratico percorso politico e dell’assenza di rapporti con il movimento sociale.

In questo senso, la prima caratteristica che spicca nel Bloco è la sua resilienza, intesa come capacità di superare i momenti critici e di adattarsi a situazioni impreviste o poco comuni, che gli ha consentito di resistere e svilupparsi nel corso di vent’anni. E che spiega come la gerigonça [3], sprezzante espressione con la quale nel 2016 venne definito l’accordo fra il Partido Socialista, il Partido Comunista Portugûes, il Bloco e Os Verdes – regga ormai da tre anni nonostante gli attacchi dell’oligarchia ma anche i “sogni erotici” [4] dello stesso presidente del Consiglio.

Però, come nel caso delle scienze, il fatto che un paradigma si riveli efficace non significa che possa ottenere risultati soddisfacenti per tutti i problemi o risultare sempre definitivo, né che conservi queste sue qualità in ogni circostanza.

 

Contro ogni previsione

La fondazione del Bloco avvenne nel 1999, dopo che l’anno precedente il movimento di massa aveva subito una imprevista sconfitta nel referendum sull’aborto, e quando ormai era evidente la fine del lungo ciclo politico apertosi il 25 aprile 1974 [5]. Non è frequente che nuovi partiti vengano fondati in momenti di riflusso e di sconfitta. Di solito sorgono in momenti di avanzata, quando nell’aria si avverte il profumo di possibili vittorie. La costituzione del Bloco avvenne in seguito a un accordo fra tre organizzazioni dalle diverse radici ideologiche e con scarsa esperienza di pratiche comuni: il Partido Socialista Revolucionário(PSR), l’União Democrática Popular (UDP) e Política XXI [6]. E avvenne in un Paese con una grande tradizione di politicizzazione e di militanza nei partiti, però con una notevole debolezza e fragilità (rispetto, per esempio, alla Francia, all’Italia o allo Stato spagnolo) dei movimenti sociali e delle organizzazioni che ne sono espressione. E anche nel campo sindacale, molto importante, il sindacalismo portoghese non aveva e non ha la capacità di reclutamento e l’autonomia politica tipica di altri Paesi.

Pertanto, nel 1999 la situazione politica portoghese non aveva nulla in comune con le condizioni che, per esempio nel 2014, avrebbero permesso il sorgere di Podemos nello Stato spagnolo, con la finestra di opportunità prodotta dalla mobilitazione del 15 maggio [7]. Tuttavia, l’accordo fra le tre forze rese possibile l’emergere del Bloco.

Che cosa permise a queste tre forze politiche, dalle origini ideologiche lontane tra loro e con scarsa esperienza in comune di compiere questo passo?

Riprendendo la spiegazione data da Francisco Louçã [8] a Miguel Romero in una intervista [9], dopo la sconfitta del referendum sull’aborto c’era una percezione molto diffusa del fatto che un’epoca s’era chiusa, ed è allora che si fece strada un’audace proposta: fondare un movimento politico la cui forza e unità si basassero al di là dell’ideologia.

Conviene soffermarsi su questa spiegazione, poiché costituisce la chiave di volta del progetto. La questione centrale non consisteva nel mettersi d’accordo su questioni ideologiche o sull’interpretazione della storia del movimento operaio (per esempio, sulla rivoluzione russa o su quella cinese). Ciò che era fondamentale era concentrarsi, secondo Louçã, sulla definizione dei compiti e sulla formazione della cultura politica del nuovo movimento. Una proposta che incontrò inizialmente resistenze all’interno delle tre forze politiche, ma che andò guadagnando terreno e finì con il prevalere.

In secondo luogo, non ci si spiegherebbe la resilienza del Bloco senza tener conto di un fattore chiave nella costruzione di un movimento politico: una direzione capace di sviluppare e controllare il processo, di comprendere la congiuntura e di dare indicazioni per l’azione politica.

Nessuno può ignorare che costruire un nuovo movimento politico in una fase di riflusso è un compito pieno di rischi. E nel Portogallo del 1999 non era facile inserire un nuovo partito in una struttura consolidata che ne contava già quattro [10]. L’esito positivo non era garantito in partenza. Ma in poco tempo l’iniziativa riuscì a coinvolgere circa 1300 militanti (nel 2019 sono già diventati 8000), cosa che per un Paese delle dimensioni del Portogallo costituiva un capitale politico non indifferente e che, secondo Louçã, dotava il Bloco di una forza sufficiente per agire e certificava l’esistenza di un nuovo spazio politico ed elettorale: nelle elezioni successive il Bloco otteneva infatti due seggi.

Nonostante ciò, e come abbiamo detto più sopra, il Bloco si muoveva in un contesto di sconfitta politica e di movimenti sociali deboli. L’audacia consisté nel comprendere la necessità di costruire ciò che Pierre Rousset definisce un «partito necessario» o che in altri contesti è chiamato un «partito utile» per la classe lavoratrice, per le donne, per i contadini, per i giovani.

Secondo Pierre Rousset, «in numerosi Paesi […] non ci sono un livello e una qualità delle lotte sociali tali da permettere di alimentare un’organizzazione rivoluzionaria. […] La prospettiva d’uno scontro di classe decisivo s’è allontanata, relegata in un nebbioso orizzonte […]. Le concezioni militanti prevalenti non sono necessariamente adeguate a certi compiti del momento o alla natura delle prove che ci aspettano. Ora, l’azione politica si sviluppa a partire dai livelli di coscienza “realmente esistenti” e non a partire da imperativi categorici. Così, anche quando c’è un “desiderio di partito”, può essere che vi sia un baratro fra il partito possibile (che tiene conto del livello di coscienza) e il partito necessario (che tiene conto delle necessità)» [11].

Come affrontò il Bloco questa sfida? Con una idea semplice ma potente, come ricorda Louçã nell’intervista citata: l’idea di base era rifiutare di fare del Bloco un semplice “aggiornamento” della sinistra. Si potevano conquistare forze solo perseguendo una ricomposizione globale della sinistra.

Jorge Costa ha ben definito questo obiettivo nelle pagine di «Viento Sur»: «La lotta del Bloco mira a disarticolare la mappa politica tradizionale del Paese» [12], per iniziare un lavoro che consenta di superare il Partido Socialista. Fissarono bene l’obiettivo e non persero tempo nella competizione con altri partiti. Il successo nella costruzione del Bloco consisté nel basare la fusione e il successivo funzionamento degli organismi dirigenti su un accordo circa i compiti, senza anteporvi il dibattito ideologico né imponendo un discorso identitario. Conviene tornare a leggere il documento di fondazione, Começar de novo [Ricominciare] per comprenderlo [13].

E per far questo era necessario costruire un Bloco con influenza di massa che, secondo Louçã, rappresentasse una forza sociale importante, con una coscienza anticapitalista e una politica socialista, assegnando particolare attenzione all’intervento tattico – dove si ha la prova dell’utilità del progetto –, evitando le prese di posizione “identitarie” (più preoccupate del fatto di “avere ragione” su ogni argomento che dell’ampliare la propria influenza) e stimolando dinamiche convergenti, per diventare un punto di riferimento necessario nel dibattito politico in corso in Portogallo.

Come a suo tempo aveva sottolineato Daniel Bensaïd [14], un partito ha influenza politica quando diventa un riferimento obbligato nel dibattito nazionale. Qualcosa dunque che va molto al di là delle prese di posizione programmatiche o identitarie, e che esige una particolare attenzione per la tattica e la forma di comunicazione di questa politica. Di qui il fatto che la politica di comunicazione costituisca una preoccupazione centrale nella pratica quotidiana del Bloco.

Ora, un partito basato più sullo sviluppo di una tattica precisa orientata a determinati obiettivi che sulla propria autoaffermazione non può andare molto lontano se non dispone di una solida direzione. Un partito senza una direzione efficace è destinato al fallimento. Di qui l’importanza della costruzione collettiva di questo “stato maggiore” che trasmette fiducia ai militanti tanto per la politica che sviluppa come per la dinamica interna che stimola, che nel caso del Bloco doveva necessariamente orientarsi verso la creazione di una cultura comune e di un corpo di idee condivise grazie all’esperienza, all’intervento politico e al dibattito sul programma, inteso quest’ultimo come concretizzazione della proposta socialista date le reali necessità delle classi subalterne e dei settori oppressi.

 

L’obiettivo dichiarato: fare del Bloco un soggetto centrale

Date le opportunità democratiche (accesso ai media, sistema elettorale proporzionale, eccetera) ereditate dalla Rivoluzione dei garofani e tenendo conto del fatto che lo scontro parlamentare ha molta importanza nella lotta fra le classi sociali portoghesi, il Bloco ha saputo sviluppare una capacità di intervento, proprio a partire dalla rappresentanza parlamentare ottenuta, che presenta aspetti molto interessanti: grande capacità di iniziativa in una sorta di guerra di movimento nelle istituzioni, autonomia politica rispetto alle altre forze, flessibilità tattica e capacità di infrangere la logica capitalistica e dell’oligarchia.

Per porre il Bloco al centro del dibattito nazionale la sua direzione ha adottato una metodologia fondata su queste basi:

  1. Servirsi delle posizioni istituzionali, delle iniziative legislative e delle mozioni di censura per portare in parlamento e nelle assemblee comunali le rivendicazioni popolari, stimolando, consolidando e rafforzando, nello stesso tempo, i movimenti. In un certo senso il Bloco ha sviluppato il sociale a partire dal politico, ben consapevole del fatto che il conseguimento di un governo di sinistra con un progetto di società socialista ha bisogno, come conditio sine qua non, di un movimento sociale forte e di una classe lavoratrice attiva. Campagne di estremo interesse in questo senso sono state quelle contro la precarizzazione del lavoro e della vita (marzo 2011), contro la Troika (Que se lixe a Troika[Che si fotta la Troika], marzo 2013) e altre in sostegno di lotte sindacali (per esempio, quelle degli insegnanti). Tutti esempi della preoccupazione del Bloco di favorire lo svilupparsi di movimenti sociali.
  2. Riflettere sui vari problemi della società portoghese per proporne soluzioni chiare ed efficaci in chiave antiliberistica e democratica. E farlo tenendo conto nel secolo XXI di quanto Marx sostenne nel 1852 nel 18 brumaio di Luigi Bonaparte: «La rivoluzione sociale del secolo decimonono non può trarre la propria poesia dal passato, ma solo dall’avvenire. Non può cominciare a essere se stessa prima di aver liquidato ogni fede superstiziosa nel passato» [15]. Ciò ha significato dover formulare proposte innovative – sul debito, sulla finanza, sui servizi sociali o licenziamenti in imprese in attivo – proprie della attuale fase di capitalismo globalizzato, e individuare forme di intervento e di comunicazione adatte alla nuova realtà culturale e tecnologica, facendo della comunicazione un’arma contro l’oligarchia padrona dei media.
  3. Presentarsi come una forza non subalterna, in lotta, nell’ambito della sinistra, per l’egemonia e per la leadership, che aspira a rappresentare/organizzare il popolo di sinistra con una logica che va al di là di questi obiettivi. E farlo, come dice Alda Sousa, con audacia e iniziativa politica, per fare del Blocoun partito influente, le cui opinioni sono al centro dell’agenda e del dibattito e non possono essere ignorate, foss’anche solo per contraddirle, combatterle o calunniarle. E tutto ciò sulla base di due premesse: in primo luogo fare del Bloco l’asse centrale del conflitto sociale, attualizzando (ancora Marx) le vecchie parole dell’Ideologia tedesca, quando ci si riferisce alla classe operaia «come rappresentante dell’intera società, [che] appare come l’intera massa della società di contro all’unica classe dominante» [16]. In secondo luogo, spezzando il consenso esistente nel sistema politico su alcuni temi fondamentali, come la disciplina autoritaria dei trattati dell’Unione europea, e denunciando le condizioni leonine del predominio dell’euro, demolitore della sovranità popolare. E giustamente, perché l’orientamento del Bloco non è quello di limitarsi alle denunce propagandistiche, ma di avanzare proposte positive per la classe lavoratrice, per un migliorare le sue condizioni di vita e di lotta, e, contemporaneamente, fare del debito e dell’austerità un problema di democrazia. Per riprendere le parole di Marisa Matias all’undicesima convenzione del Bloco, «ci battiamo per riportare nel campo della sovranità democratica gli strumenti della politica economica».

Per ottenere questi risultati, Francisco Louçã sostiene che una strategia alternativa di lotte sociali senza rappresentazione istituzionale si ridurrebbe a poco più di una giustificazione per il proprio isolamento. Secondo lui, un partito di sinistra socialista lotta per conquistare la maggioranza, senza lasciarsi vincere da complessi perché è ancora una minoranza o cedendo alla visione “autonoma” o anarchica di un presunto mondo sociale indifferente alla competizione elettorale, in cui esiliarsi. Louçã ha insistito in diverse occasioni che il Bloco è stato costruito per vincere e per cambiare le cose.

Sono considerazioni estremamente interessanti non solo per quanto riguarda il Portogallo, ma anche per altre situazioni, come per esempio per il caso dello Stato spagnolo, nel quale vi sono importanti movimenti di massa, di grande impatto, ma senza rappresentazione politica. Imparare da loro è essenziale, soprattutto quando ci troviamo nella necessità di sviluppare e coordinare iniziative a livello europeo. Come si è visto chiaramente nell’esperienza greca del 2015, contrastare le politiche neoliberali in Europa ci colloca in un rapporto di forze difficile, che può essere corretto solo con delle iniziative comuni a livello europeo. Un compito che si fa sempre più pressante e per il quale non solo il Bloco ma anche tutte le forze anticapitaliste sono in enorme ritardo.

 

Una via lastricata di rischi e di sfide

Il modello di partito incarnato dal Bloco dispone di una base elettorale solida, nonostante alcuni alti e bassi, ma con una proiezione a livello nazionale maggiore di quanto sia il suo radicamento a livello municipale. Allo stesso modo, anche il suo ancoraggio fra la classe operaia organizzata è al di sotto di quanto sarebbe necessario. Ciò può ostacolare le possibilità di progredire oltre, nonostante il suo impegno importante nelle mobilitazioni contro il cambio climatico e negli Incontri ecosocialisti, l’ultimo dei quali si tenne a Lisbona.

Ma per quanto questi problemi siano importanti, più ancora lo è il rischio connesso alla sfida centrale: il lavoro elettorale/istituzionale. La sfida è giustificata, ma le condizioni in cui si sviluppa comportano che gran parte delle energie militanti e delle capacità politiche debbano essere investite a livello istituzionale e che un partito con responsasbilità in questo ambito debba rispondere molto velocemente al variare quotidiano della situazione. Per contrastare tanto le tendenze di adattamento alle istituzioni – e, in definitiva, al sistema -, quanto l’annacquamento del progetto nei meandri della tattica politica, i partiti che hanno ottenuto buoni esiti elettorali devono attrezzarsi in certi modi: mantenere collettivamente la direzione di marcia, dotarsi di una cultura che contempli il ricambio e il controllo dei dirigenti ai vari livelli, pianificare una maggiore e progressiva presenza nelle organizzazioni sociali.

Per evitare la burocratizzazione e l’“attaccamento alle poltrone” nella direzione del partito, uno degli strumenti più importanti che è stato adottato è la rotazione delle cariche. Riteniamo che il rinnovamento dei quadri nel Bloco de Esquerda abbia avuto un ruolo molto importante nella sua resilienza. Assieme ai veterani fondatori del Bloco, come Luis Fazenda, Francisco Louçã e Fernado Rosas, troviamo giovani dirigenti come Jorge Costa, Pedro Filipe Soares, João Camargo e José Soeiro, ma, soprattutto, anche un terzetto di donne – Mariana Mortágua, Marisa Matias e Catarina Martins – con importantissime responsabilità. Ricambio generazionale e assunzione di donne a posizioni dirigenti, dunque. Qualche anno fa apparve esemplare la decisione di Francisco Louçã di dimettersi dalla carica di coordinatore del Bloco per favorire il processo di rinnovamento, senza per questo cessare la militanza: fatto che spiega come continui a godere di grande autorità in seno all’organizzazione.

Oltre alla rotazione delle cariche, sono necessari altri elementi per assicurare il buon funzionamento di una organizzazione rivoluzionaria. Catarina Martins, portavoce della Commissione di coordinamento del Bloco, li individua nella struttura interna del partito e nei rapporti che questo intrattiene con la sua base sociale. Nell’ultima Convenzione del Bloco, ha detto che «un partito di lotta […] dipende da quella energia che è rappresentata dai suoi uomini e dalle sue donne». Non ha torto. Si tratta di elementi imprescindibili se si vuole evitare di essere assimilati o catturati dal sistema e cedere ai vantaggi offerti dal potere. Ma l’elemento chiave, disse anche, sta nel rapporto, nei legami fra il partito e il popolo: nel Parlamento e nelle istituzioni perché il partito rappresenta il popolo, al di fuori di questi perché sono i movimenti e le lotte che garantiscono al Bloco la sua forza.

«Esistiamo», ha detto, «perché siamo necessari, perché siamo questo popolo che lotta».

 

27 maggio 2019

 

*Manuel (Manolo) Garí, militante di Anticapitalistas, fa parte del Consejo Asesor di «Viento Sur»; Josu Egireun, militante del Nouveau parti anticapitaliste francese, fa parte della redazione della stessa rivista.

[L’articolo è stato scritto per la rivista «Inprecor», ed è stato pubblicato sul numero 662-663 del giugno 2019; la traduzione però è stata condotta sul testo originale, pubblicato sul sito di «Viento Sur». Le due versioni sono consultabili ai seguenti indirizzi:

https://www.vientosur.info/spip.php?article14844

http://inprecor.fr/article-Portugal-Le%20Bloc%20de%20Gauche%2020%20ans%20plus%20tard?id=22

 

Note

 

[1] [Lo storico della scienza e filosofo Thomas Kuhn (1922-1996) definiva «paradigmi», in ambito scientifico, quei «risultati» della ricerca che possedevano allo stesso tempo due caratteristiche: erano «sufficientemente nuovi per attrarre uno stabile gruppo di seguaci, distogliendoli da forme di attività scientifica contrastanti con essi; e nello stesso tempo, erano sufficientemente aperti da lasciare al gruppo di scienziati costituitosi su queste nuove basi la possibilità di risolvere problemi di ogni genere» (Thomas S. Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Einaudi, Torino 1969, pag. 28). Si sostituisca “scienziati” con “politici” e si avrà l’analogia con l’esperienza del Bloco proposta dagli autori. Ndt]

[2] [Questa affermazione non è del tutto chiara nell’originale: il Partito comunista portoghese, fondato nel 1921, è in realtà «sopravvissuto». Può essere che si tratti di un refuso e si debba leggere “fine del secolo XX” e “inizi del XXI”. Ndt]

[3] [Intraducibile in italiano, indica qualcosa di incomprensibile, se riferito al linguaggio, o di pasticciato, abborracciato, se riferito a un fatto o a una situazione. Ndt]

[4] [Nell’originale sueños húmidos, e cioè i sogni erotici collegati alla polluzione notturna. Il riferimento è al “sogno” del leader socialista di ritornare alla situazione precedente, di maggioranza assoluta del Partito socialista e di alternanza fra il centro e la destra. Ndt]

[5] [Il 25 aprile 1974 il regime tardo-salazarista venne rovesciato dal Movimento delle forze armate, inaugurando una fase prerivoluzionaria che si sarebbe conclusa l’anno dopo. Ndt]

[6] [I profili di questi tre partiti si possono trovare nella Appendice 1. Ndt]

[7] [Riferimento al manifestarsi del movimento degli Indignados il 15 maggio 2011. Ndt]

[8] [Brevi cenni biografici su Louçã e sugli altri esponenti del Bloco citati in seguito si trovano nella Appendice 2. Ndt]

[9] Miguel Romero, Conversaciones con la izquierda anticapitalista europea, Los Libros de Viento Sur-La Oveja Negra, Madrid 2011.

[10] [La “mappa politica”, così come era stata disegnata dalle elezioni del 1995, era la seguente: Partito socialista 44,6 % dei voti e 112 deputati (su un totale di 230); sulla destra, Partito socialdemocratico (34,8 % e 88 seggi) e Partito popolare (9,2 % e 15 seggi); sulla sinistra la coalizione Partito comunista-Verdi (8,7 % e 15 seggi). Altri nove partiti si spartivano il rimanente 1,7 % (e fra questi c’erano il PSR e l’UDP con lo 0,4 % ciascuno). Fondato alla fine del marzo 1999, il Bloco già in giugno deve affrontare le europee (un buon 1,9 %), ma la prova decisiva si ha quattro mesi dopo con le politiche in ottobre: 2,5 % e due seggi, a fronte di leggeri incrementi dei socialisti (più 0,4; con però la metà esatta dei seggi, 115, più 3) e dei comunisti (più 0,5 %, e più 2 seggi), e perdite corrispettive delle destre. Poteva rivelarsi un fuoco di paglia, ma non fu così: il sistema quadripartitico portoghese doveva far posto a un nuovo protagonista, che da allora non ha cessato di ampliare il suo seguito elettorale, sia pure con qualche alto e basso, sino al 10,6 % e 19 deputati del 2015 e alla stessa percentuale nelle europee di quest’anno. Ndt]

[11] Pierre Rousset, Reflexiones en torno a la cuestión del Partido, in «Viento Sur», n° 150. [Pierre Rousset, Réflexions sur la ‘question du parti’: un tour d’horizon, in «Inprecor», n° 639-640 (mai-juin 2017), pp. 3-10; traduzione italiana in questo sito:

http://antoniomoscato.altervista.org/index.php?option=com_content&view=article&id=2745:dibattito—pierre-rousset-una-riflessione-sulla-lquestione-del-partitor&catid=6:il-dibattito-sul-qsocialismo-realeq&Itemid=15

[12] Jorge Costa, A 40 años de la Revolución de los claveles, in «Viento Sur», n° 133 [Scaricabile in pdf a:

https://www.vientosur.info/spip.php?article9196

[13] [Il documento in pdf, disponibile solo in portoghese, che comprende anche l’elenco degli iniziali 248 promotori del Bloco, può essere scaricato a questo indirizzo:

https://www.bloco.org/media/comecardenovo.pdf

[14] Daniel Bensaïd (1946-2010), teorico marxista, è stato un dirigente della IV Internazionale e della sua sezione francese, nonché fra i fondatori del Nouveau parti anticapitaliste. Nota di Inprecor]

[15] [Karl Marx, Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte, in Karl Marx – Friedrich Engels, Opere scelte, a cura di Luciano Gruppi, Editori Riuniti, Roma 1966, pag. 490. Ndt]

[16] [Karl Marx – Friedrich Engels, L’ideologia tedesca, Editori Riuniti, Roma 1971, pag. 37; trad. di Fausto Codino. Ndt]

 

 

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[Appendice 1: I tre partiti alle origini del Bloco]

 

Il Partido Socialista Revolucionário (PSR), all’epoca sezione portoghese della IV Internazionale, era stato fondato nel 1978, in seguito alla fusione fra la Liga Comunista Internacionalista e il Partido Revolucionário dos Trabalhadores. La LCI, a sua volta, era stata fondata nel 1973 da tre Grupos de Acção Comunista, costituiti l’anno precedente da militanti in gran parte provenienti dal movimento studentesco del 1969 e che avevano preso contatti con la Ligue communiste révolutionnaire francese (il Portogallo era sprovvisto della pur minima tradizione trotskista). All’epoca del suo autoscioglimento nel Bloco nel 1999 il PSR era uno dei pochi gruppi di estrema sinistra che erano sopravvissuti, fra alti e bassi (1,14 % nelle elezioni del 1991; 0,65 % in quelle del 1995), al riflusso seguito alla “normalizzazione” post-1975.

L’União Democrática Popular (UDP) nasce nel dicembre 1974 come “fronte elettorale” di tre organizzazioni maoiste, per poi trasformarsi in partito, in cui successivamente confluiscono altre organizzazioni della stessa matrice ideologica. Negli anni immediatamente successivi alla caduta del salazarismo è la principale organizzazione dell’estrema sinistra portoghese, con reali radici in settori operai, soprattutto a Lisbona, ed è in grado di far eleggere un deputato nel 1975, 1976, 1979 e 1980. Tocca il suo punto di massima espansione elettorale nel 1979 (2,24 %), poi inizia a perdere progressivamente terreno. Nel frattempo, i suoi riferimenti teorici mutavano: dal maoismo all’appoggio alle posizioni albanesi, sino alla riaffermazione di un marxismo senza ulteriori qualifiche. Parallelamente, l’iniziale settarismo (peraltro d’intensità inferiore rispetto a quello delle coeve formazioni maoiste) lasciava il posto a concezioni più aperte, occasionalmente di carattere unitario (nel 1983 in alcune circoscrizioni vi furono liste unitarie UDP-PSR, sia pure con pessimi risultati). Al momento del suo autoscioglimento nel Bloco, la UDP aveva una forza elettorale (0,58 % nel 1995) più o meno equivalente a quella del PSR.

Política XXI viene fondata nel 1994 dalla confluenza fra l’ala sinistra della Plataforma de Esquerda (una scissione del PCP) e la maggioranza del Movimento Democrático Português (nato inizialmente, nel 1969, come fronte elettorale dell’opposizione al salazarismo, ma divenuto in seguito una formazione in gran parte controllata dal PCP, dal quale prenderà le distanze nel 1987).

 

[Appendice 2: Chi è chi nel Bloco]

 

[Di seguito alcuni brevi profili biografici sugli esponenti del Bloco citati nel testo, tratti dalle note apportate alla traduzione di «Inprecor», in alcuni casi ampliate]

 

João Camargo è stato uno degli animatori dei movimenti contro la precarizzazione del lavoro e della vita (marzo 2011) e contro la Troïka (Que se lixe a Troika, marzo 2013).

Jorge Costa (1975), giornalista, ha aderito al PSR a 15 anni d’età. Fa parte della Commissione politica del Bloco ed è deputato (una prima volta nel 2009-2011 e dal 2015 a oggi). Ha pubblicato, in collaborazione con altri, vari libri (fra cui uno sull’opposizione studentesca alla dittatura salazarista). In particolare, ha avuto grande impatto politico Os donos angolanos de Portugal (Bertrand Editora, Lisboa 2014, scritto in collaborazione con João Teixeira Lopes e Francisco Louçã, un’esauriente analisi della penetrazione in Portogallo del capitale “criminale” angolano (con alla sua testa la figlia dell’allora presidente della Repubblica d’Angola, Isabel dos Santos) e dei suoi rapporti con il capitale portoghese.

Luís Fazenda (1929) insegnante, già dirigente dell’UDP, è stato fra i fondatori del Bloco e ripetutamente deputato (dal 1999 in poi).

Francisco Louçã (1956), ha aderito alla LCI clandestina nel 1972, è stato poi dirigente del PSR e fra i fondatori del Bloco. Economista molto reputato anche a livello internazionale, è stato coordinatore nazionale (2005-2012) del Bloco, suo candidato alle presidenziali e deputato (fra il 1999 e il 2012). Dal 2015 è stato eletto dal Parlamento nel Consiglio di Stato. Autore di una ventina di libri d’argomento economico, ha pubblicato anche alcuni stimolanti saggi sulla recente storia portoghese: Ensaio para uma Revolução(Edição Cadernos Marxistas, Lisboa, s.d. [ma 1984]), Herança tricolor (André Jorge Editor, Lisboa 1989), curando poi, in collaborazione con Fernando Rosas, Ensaio geral. Passado e futuro do 25 de Abril, con contributi, fra gli altri, di Jorge Costa, Luís Fazenda e Miguel Portas (Dom Quixote, Lisboa 2004).

Catarina Martins (1973) linguista, per un periodo anche attrice di teatro (esperienza che può spiegare la rara efficacia della sua oratoria), militante in vari movimenti sociali, è stata inizialmente eletta deputata del Bloco come indipendente nel 2009, per poi essere rieletta nel 2011 e nel 2015. Attualmente ne è la coordinatrice nazionale.

Marisa Matias (1976) sociologa, dirigente del Bloco, è stata eletta deputata europea nel 2009-2014 e rieletta in seguito, ed è stata anche candidata alle elezioni presidenziali. Il governo israeliano le ha vietato l’accesso a Gaza, nonostante il suo stato di parlamentare europea.

Mariana Mortágua (1986), economista, è stata eletta deputata del Bloco a 27 anni, nel 2013. Figlia di Camilo Mortágua uno dei fondatori della Liga de Unidade e Acção Revolucionária (LUAR), una delle più attive organizzazioni politico-militari in lotta contro il regime salazarista a partire dalla fine degli anni Sessanta, ha una sorella gemella, Joana, anch’essa deputata del Bloco. Ha pubblicato diversi libri di economia, da sola o in collaborazione. In italiano è da poco uscito Euro al capolinea: la vera natura della crisi europea (Rosenberg & Sellier, Torino 2019, scritto in collaborazione con Riccardo Bellofiore e Francesco Garibaldo.

Fernando Rosas (1946) storico e docente di storia contemporanea, ha fatto parte del PCP in clandestinità (1961-1968), da cui è uscito, per fondare nel 1970 il Movimento Reorganizativo do Partido do Proletariado(MRPP, maoista), per poi uscirne nel 1980. A partire dal 1985 si è avvicinato al PSR (che lo ha presentato come indipendente alle elezioni) ed è stato uno dei dirigenti del Bloco sin dalla sua fondazione. Nel 1999 e nel 2009 è stato eletto deputato. Come storico, è considerato il massimo esperto dell’Estado Novo, il regime salazarista. Ha pubblicato una ventina di libri e un centinaio di saggi. Se ne possono segnalare almeno due usciti a sua cura: Portugal e a guerra civil de Espanha (Edições Colibri, Lisboa 1998), con contributi di vari autori, e História da Primeira República (assieme a Maria Fernanda Rollo: Tinta-da-China, Lisboa 2010).

Pedro Filipe Soares (1979), matematico, fa parte della Commissione politica del Bloco e ne è deputato.

José Soeiro (1984), sociologo, fondatore del gruppo Teatro do Oprimido (Teatro dell’oppresso), deputato del Bloco, è uno degli animatori del movimento dei precari.

Alda Sousa (1953) docente in scienze biomediche, già dirigente del PSR e della IV Internazionale, fa parte della direzione nazionale del Bloco e ne è stata deputata (dal 2004) e deputata europea (2012-2014).

Foto: Bloco/Flickr

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