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Polveri sottili su Pechino, la città dove il sole non splende

Un tramonto proiettato sullo schermo di piazza Tian'anmen immersa nella nebbia tossica ha fatto il giro del mondo, tra bufale e verità.

Questa foto è stata scattata a Pechino, in piazza Tian'anmen, e il grigiore che domina non è semplice nebbia: si tratta di polveri sottili, smog, inquinamento atmosferico a livelli oltre l’immaginabile. Secondo quanto riportato dai media di mezzo mondo, quel megaschermo sarebbe l’unico modo che hanno i cittadini per poter vedere alba e tramonto dalla capitale cinese.

La realtà però non è esattamente questa: lo schermo proietta a rotazione spot pubblicitari e il tramonto in questione è parte di una campagna promozionale della provincia dello Shandong. Dunque, nessuna proiezione intenzionale per poter vedere almeno virtualmente albe e tramonti negati.

Tolto questo, però, non ci si allontana dalla verità se si afferma che a Pechino e a Shanghai è comunque molto difficile poter godere della vista di un cielo limpido e della luce brillante del sole.

In un articolo pubblicato qualche giorno fa sul Guardian, emerge infatti che in alcune province cinesi la quantità di sostanze tossiche emesse in atmosfera è di dieci volte superiore al limite consentito. Colpevoli sono le centrali elettriche a carbone, le fabbriche siderurgiche, i cementifici e le industrie petrolchimiche.

A Pechino la densità delle particelle di polveri sottili Pm2,5 staziona stabilmente fra i 350 e 500 microgrammi per metrocubo, uno standard altissimo se si tiene conto del fatto che il livello di sicurezza fissato dall’Oms è di 25 microgrammi.

E, a questo proposito, proprio ieri Le Scienze riferisce di due studi molto interessanti realizzati sull’argomento. Il primo, pubblicato da PNAS (Proceeding of the National Academy of Sciences of the U.S.A.), analizza le emissioni di gas atmosferici sul territorio cinese nell’ultimo decennio, con particolare attenzione agli scambi con gli Stati Uniti. Emerge che, nel 2006, la produzione in Cina di beni destinati all’esportazione è stata responsabile di consistenti percentuali di sostanze inquinanti: si parla del 36 per cento del biossido di zolfo, del 27 degli ossidi di azoto, del 22 del monossido di carbonio e del 17 per cento del nerofumo.

Circa il 21 per cento delle emissioni cinesi legate all’esportazione sarebbe da attribuire agli scambi verso gli Stati Uniti. 

Questi dati sono di estrema rilevanza, – spiega l’articolo – poiché nelle conferenze sul clima i dati grezzi porterebbero ad attribuire alla Cina delle emissioni che in effetti sono dovute a manifatture destinate ai consumatori di altri paesi, in particolare gli Stati Uniti, che tra l’altro sono da sempre assai refrattari ad accordi globali sulle limitazioni dei gas serra.

A livello meteorologico, le conseguenze di un inquinamento così accentuato sarebbero più che evidenti. A dimostrarlo è un altro studio, pubblicato su Nature Communications, che ha confrontato un modello relativo ai fenomeni microfisici dell’atmosfera con un modello climatico globale. Simulando due scenari tra loro opposti, il primo con atmosfera non inquinata e il secondo con atmosfera inquinata, è chiaramente emerso che, negli ultimi tre decenni, l’inquinamento asiatico ha fortemente influenzato la traiettoria delle tempeste nel Pacifico nordoccidentale, probabilmente rinforzando i cicloni alle medie latitudini.

Questo significa, senza mezzi termini, che il fortissimo inquinamento atmosferico cinese ha già un evidente e concreto impatto sul clima del mondo intero. Riflettendo sullo scenario apocalittico presente e futuro, quanto mai attuale appare la celebre frase di Piede di Corvo, ex capo della tribù pellerossa “Piedineri”, figlio di Toro Seduto.

Solo quando l’ultimo albero sarà stato abbattuto,
l’ultimo fiume avvelenato,
l’ultimo pesce pescato,
vi accorgerete che non si può mangiare il denaro.
La nostra terra vale più del vostro denaro.

La nostra terra vale più del vostro denaro.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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