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 Home page > Tribuna Libera > Poletti e la fuga dei "cervelli"

Poletti e la fuga dei "cervelli"

Ha ragione il ministro Poletti quando afferma che non tutti i giovani che emigrano all'estero sono dei geni incompresi e che quelli rimasti in Italia sono degli incompetenti. Spesso è vero il contrario. Ci sono milioni di ragazzi italiani che riescono anche nel nostro paese a realizzarsi professionalmente, contribuendo alla crescita della nazione.

La realtà che ci raccontano i mezzi di informazione è spesso falsata, mirata perlopiù a scopi politici. Non dice, per esempio, che tanti ragazzi decidono di andare all'estero solo per coltivare nuove esperienze, per conoscere nuovi paesi, per rompere la monotonia quotidiana di stare in Italia con l'emozione di viaggiare e appagare la loro curiosità.

Se così non fosse non si spiegherebbe allora come mai tanti connazionali, che partono alla ricerca della Terra Promessa per svolgere lavori in linea con il loro titolo di studio, si sono poi ritrovati a fare i camerieri a Londra o i lavapiatti a New York. Mansioni dequalificate che potrebbero benissimo svolgere anche in Italia.

Sarebbero questi i famosi cervelli in fuga? Speriamo di no. Ho conosciuto ragazzi che sono andati a lavorare in Germania o in Australia e che sono ritornati perché le aziende che li avevano assunti non aveva rinnovato i loro contratti. Forse perché le loro capacità di lavoro lasciavano molto a desiderare? E' probabile, anzi quasi sicuro.

Gli stranieri che lavorano in Italia non sono meno capaci e meno numerosi degli italiani. Non parliamo solo degli extracomunitari che fanno lavori qualificati che gli italiani rifiutano, per poi ritrovarsi a fare i commessi a Russel Square, ma delle varie operatrici francesi o spagnole che lavorano nelle agenzie turistiche disseminate in tutta Italia.

Chi critica il ministro Poletti non dice che la generazione contemporanea guadagna più dei nonni ma che spende più degli avi per appagare tutti i vizi e tutti gli eccessi. Non dice che i giovani americani lavorano solo per sbarcare il lunario e la maggior parte di loro non ha un vero scopo nella vita, proprio come gli italiani

La fuga dei giovani all'estero non certifica nulla delle capacità e delle competenze di questi giovanotti fin troppo coccolati. La favola che il posto di lavoro non c'è sembra nascondere un'altra verità: i capricci di una gioventù che andrebbe rimotivata al sacrificio, alla fatica, ad alzare il culo dalla sedia e a pedalare, senza troppe lagne.

Commenti all'articolo

  • Di Laura (---.---.---.56) 1 gennaio 2017 13:01

    Mi permetto di aggiungere che in Italia la povertà di oggi è pur sempre il doppio della ricchezza di ieri. Che i ragazzi di oggi possono permettersi cose che i nostri nonni potevano solo sognare. Che questi cervelloni che lamentano la crisi e la disoccupazione sono poi anche quelli che fanno la fila davanti a un negozio di elettronica per assicurarsi l’ultimo modello dell’iphone. Questi giovani viziati dovrebbero cominciare ad accontentarsi di quello che hanno anziché pretendere il troppo. Ha ragione Poletti: certi ragazzi è meglio non averli più tra i piedi. L’Italia ne trarrà vantaggio. Un saluto da Laura

  • Di pv21 (---.---.---.93) 1 gennaio 2017 19:53

    MEMENTO >

    Negli ultimi 3 anni i giovani disoccupati (15-34 anni) sono calati di circa 110mila unità.. Stessa “massa” di quanti, ogni singolo anno, vanno a cercare fortuna all’estero.


    Tra quelli che invece restano in Italia cresce il ricorso al tempo determinato, quando non furoreggia l’uso dei voucher. Come non cala il numero dei tanti, tanti “scoraggiati” che rinunciano a cercare lavoro.


    Tanto basta per respingere al mittente certe arzigogolate “valutazioni” su capacità, qualità e ragioni di chi va e di chi resta.

    Vero dato è la mancanza di prospettiva per una Generazione senza Bussola

    • Di Anonima (---.---.---.56) 1 gennaio 2017 20:22

      Ma se devi lasciare l’Italia per andare a fare il cameriere in Australia, cavolo che salto di qualità!!!

    • Di Anonima (---.---.---.210) 2 gennaio 2017 09:51

      La questione di fondo sta nel distinguo tra cervelloni e lavoratori. Su centomila giovani italiani che emigrano all’estero, solo una piccola percentuale sono dei veri geni. La maggior parte di loro si accontenta di fare i pizzaioli o i pasticcieri a Londra e Berlino solo perché hanno l’impressione di guadagnare di più. Questa è una bufala poiché è noto che in queste nazioni il costo della vita è più elevato. 

    • Di pv21 (---.---.---.76) 2 gennaio 2017 18:30

      POSTILLA >

      Anche il Papa e il Presidente Mattarella hanno molte perplessità e riserve su certe asserzioni e certi indebiti “distinguo”. In sintesi.


      Andare all’estero è “una opportunità” quando è una “scelta libera”.

      Non lo è se si è “obbligati” a emigrare per non dover “mendicare” occupazioni inconsistenti e senza un futuro. Ossia.

      Ritrovarsi “costretti” a lasciare l’Italia è una "patologia” a cui bisogna porre rimedio.

      IN OGNI CASO i giovani che decidono di andare a lavorare all’estero “meritano sempre rispetto e sostegno” .


      Tutt’altro capitolo è quello degli immigrati “scappati” da realtà invivibili. ...

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