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 Home page > Attualità > Media > Piccola fenomenologia Fediana ché c’ho fretta

Piccola fenomenologia Fediana ché c’ho fretta

Emilio Fede: una figura sottovalutata nell’unisfero disinformativo del reame arcoriano. E non. Ieri l’ultima: Saviano gli sta sul cazzo. Eccone una piccola fenomenologia. Aha

Emilio Fede è la dissociazione. Quando lo vedo favorire un servizio, o infilare un paio di note a margine alla notizia, mi sento dissociare. E dissociato. Sento come se il mio cervello si distaccasse dalle pareti del cranio, in un moto che sembrerebbe spostarlo da un’asse, ma che in realtà rimpicciolisce tutto. Emilio Fede è dissociazione dalla realtà. Non c’è niente di più fallace, impunito, puntigliosamente organizzato del suo telegiornale. L’intero programma è una minuziosa costruzione impacchettata per un target più che adulto: dal montaggio alla fotografia, il contrasto dei colori poco forzato, l’uso eccessivo, endemico, dei toni giallastri e arancioni. Tanto cari ai vecchietti.
 
La distorsione volgare dei nomi dei personaggi ritenuti, a modo di vedere personale di Fede, turpi. Ogni riferimento anagrafico disturbante diventa in bocca al direttore volgare battutaccia, la peggiore delle aberrazioni mediatiche: la cancellazione dalla platea pubblica, previa distorsione. Non, attenzione, rimozione. Lo trovo il peggio. E’ ciò che lo fa emblema della dissociazione. Dissociarsi è sciogliere da un assoluto, che da una parte prende le mosse. Non alienare del tutto. Ecco: Fede. Non lo sopporto.

La macchinosa e placida costruzione conduce lo spettatore alle migliori rassicurazioni economiche, quelle religiose, quelle televisive. E così al premier è concesso tutto: al resto bada la mediazione della sala montaggio, per l’anziano debole di cuore. L’interpretazone, poi, la dà il centravanti di sfondamento, il tapino Fede. Che arriva laddove il presidente non osa. O ha fatto, ma lo si preserva. Saviano non è morto, non rompa. Non lo dice ma arriva a dirlo. Sussumendo quel meccanismo che non annulla ma accenna, impedendo, comunque, il riferimento preciso. Ma che sai, e lo sai bene, è solo quello.

Fede è il fucile di Berlusconi puntato alla schiena di Saviano. E’ la primafila dell’anti-gomorrismo, forse il suo ruolo precipuo. E non è nuovo. La scorta ce l’ho io, vorrei vedere te, devi mangiarne di pane, ma chissei, chi ti credi d’essere. Ieri ha raggiunto apici che non temo possano essere inarrivabili. Chi s’occuperà del fardello? Nessuno. E chi spiegherà della dissociazione alla platea dell’RSA che lo ha assunto a contorno del filettino di merluzzo al vapore ben spinato? Nessuno.

Il danno vero è stato empio, e compiuto su altre reti. E in quelle che il dissociato e dissociante Fede ha potuto assumersi la licenza d’uccidere, indiscriminato. E’ su Canale5, su Striscia La Notizia, che un pessimo cronista avvezzo a donne e gioco d’azzardo, privo di pudor proprio e senso della professione, iracondo e sessualmente perverso, ministro di propaganda e pulsione erotica verso il leader, è diventato burbero, divertente e divertito giornalista innamorato dell’inarrivabile. Uno sfalsamento Berlusconi-Fede che in realtà non ha ragione d’essere. Come se i due giacessero in rapporto divinità-adorante subalterno. Nono. E’ un unico. Quella di Fede è la consacrazione massima dell’immortalità del verbo di Arcore. Quella di Ricci la scappatoia morale. Un’ennesima, seguitissima e ancor più pericolosa dissociazione.
U‘

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