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Omicidio di Fermo. Per Chimiary Chinyery Chiniere cittadinanza onoraria

Chinyery Chinyere Chimiary, come spesso accade non sappiamo quale nome è quello giusto, è quella ragazza vestita da sposa e poi da vedova, sempre in bianco, dalla pelle nera che ha detto "Chiedo che venga fatta giustizia, giustizia nel modo migliore per mio marito". Il 5 luglio 2016, Emmanuel Chidi Namdi di 36 anni, suo marito,è stato ucciso a Fermo per motivi razziali da Amedeo Mancini,di 39 anni, con unico precedente un daspo disposto dal questore di Ascoli Piceno e finito di scontare un anno fa.

 

Dicono che in Italia ormai sia completamente sola, non ha parenti, nessuno: ci siamo noi, vorrei che fossimo tutti cittadini alla pari con lei, anche se il suo destino terribile è ben lontano dal nostro. E' passata attraverso le stragi di Boko Haram in Nigeria, le botte e le torture della Libia, la traversata in mare verso l'Italia con una tremenda emorragia che le ha procurato un aborto. Era arrivata alla Comunità di accoglienza di Capodarco con il suo compagno Emmanuel Chidi Namdi.

Suor Rita ha detto: «Abbiamo fatto in modo che qui non venissero separati perché la nostra comunità è prettamente maschile ma siamo riusciti a tenerli entrambi. Erano sconvolti da tutta la violenza subita in Nigeria e durante il viaggio in Libia. Ora sognavano una vita semplice, serena».
Era dunque riuscita ad arrivare in Italia, dalla Nigeria,dove aveva iniziato il corso di studi universitari in Medicina del secondo anno (L'Università Politecnica delle Marche si è offerta di sostenere le spese per gli studi di Medicina di Chynery) . Nella chiesa di San Marco alle Paludi, a Fermo, don Vinicio Albanesi aveva unito in “promessa di matrimonio”, non potendo sposarli per mancanza di documenti, Emmanuel Chidi Namdi e Chinyery Emmanuel.

Chiedo per lei, a Sergio Mattarella, la cittadinanza onoraria, e se l' Italia non vorrà farlo, possa il Vaticano, con papa Francesco, renderla sua cittadina.

Non voglio aggiungere altro, in calce la sua intervista: la storia di questi due ragazzi neanche i Fratelli Grimm avrebbero potuto immaginarne una più crudele, pertanto la realtà abbia almeno questo lieto burocratico umano fine.
Doriana Goracci

 

Dall' intervista a Chinyery di Repubblica
 
"Voglio andare in carcere. Fatemi andare in carcere. Voglio guardare quell'uomo in faccia, negli occhi e chiedergli perché? Perché mi hai fatto questo? ".
 
Conoscevate Mancini?
"Mai visto in questi otto mesi, da quando siamo arrivati a Fermo. Eravamo usciti per comprare una crema per il corpo. Passeggiavamo, quando all'improvviso quei signori hanno cominciato a insultarmi. "Africans scimmia", "africans scimmia". Mi ha preso, mi ha spinto, mi ha dato un calcio. Emmanuel mi ha difeso. Quel segnale stradale l'ha preso l'uomo italiano, però, poi lo ha colpito. Ed Emmanuel è caduto per terra".
 
Perché eravate in Italia?
"Vivevamo in Nigeria. Ero studentessa al secondo anno di medicina, Emmanuel lavorava. Avevamo un bambino di due anni e mezzo. Avremmo dovuto sposarci, mancava meno di un mese. Poi una bomba di Boko Haram ha distrutto tutto. Volevano colpire una chiesa. Hanno distrutto anche la nostra casa: è morto il nostro bambino. Sono morti i genitori di Emmanuel. Non avevamo niente eppure avevamo tutto. In quell'istante abbiamo perso ogni cosa. Siamo scappati subito. L'Italia era un sogno, volevamo trovare tutto quello che avevamo perso".
 
 
Com'è stato il viaggio?
"Un incubo. Quattro mesi passando da Niger e arrivando in Libia. Poi è accaduta una cosa bella".
 
Cosa?
"Aspettavamo un bambino, il nostro bambino. Eravamo partiti da soli, senza nessun aiuto. E avevamo di nuovo trovato tutto: tutta quella fatica, tutto quell'orrore aveva una giustificazione. Lo stavamo facendo per il nostro bambino e per tutti gli altri che sarebbero arrivati. Non sapevamo che invece eravamo soltanto all'inizio".

Siete partiti?
"Siamo arrivati in Libia. Una notte sono entrati in casa degli uomini e hanno messo tutto sottosopra. Hanno rubato e ci hanno picchiati selvaggiamente. Io gridavo che aspettavo un bambino ma a loro non importava. Hanno continuato a colpire. Sono andati via. E io ho cominciato a perdere sangue".
 
Siete partiti lo stesso?
"Sì. E quelle perdite non si sono mai fermate. In mare sono durate quattro giorni. Siamo arrivati in Sicilia e poi a Fermo".
 
Interviene Filomena, che la accarezza. È stata la prima ad accoglierla insieme con le Piccole sorelle Jesus Caritas, l'ordine che qui a Fermo ha costruito questo miracolo: dare una casa, che significa la costruzione di un futuro, a questi 120 ragazzi che scappano dall'orrore: "Aveva l'emorragia anche quando è arrivata qui. L'ho portata io in ospedale". Il bambino non c'era più.
 
"È difficile fidarsi di qualcuno per quelli come me. Poi ho incontrato Don Vinicio e le suore. Sono i nostri Santi".

Avevate un sogno?
"Volevamo sposarci. Lo abbiamo ripetuto all'infinito. Ma non avevamo i documenti. E allora Don Vinicio ha esaudito il nostro più grande desiderio".
 
Sul telefonino ha tutti gli articoli che parlavano della loro storia: "La favola di Chinyery ed Emmanuel, scappati da Boko Haran trovano l'amore in Italia". L'amore Chinyery, l'amore.
 
"E invece ieri... Il dolore, ancora il dolore. Ora voglio portare Emmanuel in Nigeria, deve dormire lì (Chinyery ha chiesto di lavare tutto il corpo di Emmanuel e poi di bere quell'acqua)".

E lei?
"Io invece voglio tornare in Italia a fare quello che avevamo deciso insieme: lo so che gli italiani non siete così, questa è la nostra casa, ma spero che queste persone abbiamo una sorta di punizione per quello che hanno fatto. Non può rimanere tutto impunito. Non è possibile".
 
Arriva don Vinicio: "L'università di Ancona le ha offerto una borsa di studio per proseguire gli studi di Medicina".

"Ma a me serve Emmanuel. Dov'è Emmanuel? Non eravamo marito e moglie. Ma molto di più: esiste qualcosa che non è possibile separare?", chiede. Piange. Barcolla. A braccio la accompagnano nella sua stanza. Si alza quella voce. Chinyery ha ripreso a cantare.

Commenti all'articolo

  • Di Doriana Goracci (---.---.---.233) 8 luglio 2016 13:25
    Doriana Goracci

    AGGIORNAMENTO CON PETIZIONE: tramite change.org potete firmare tutte e tutti questa petizione, che ho condiviso ora, mancano 8.500 firme per 35.000 nomi in calce. Grazie ! https://www.change.org/p/emmanuel-d...

  • Di pv21 (---.---.---.146) 9 luglio 2016 12:04

    BAGLIORI fatui > In molti soggetti la violenza è una molla compressa pronta a scattare alla prima occasione. La usano per riaffermare, con la forza, una presunta posizione di superiorità oppure per costringere gli altri ad agire contro la propria volontà. Una modalità di rapportarsi che poco ha a che vedere con fattori socio-culturali e molto con gli istinti ancestrali. Spesso è la degenerazione di diverbi e litigi occasionali.

    Ciò detto. E’ illusorio ritenere che con nobili “accorati” appelli alla ripulsa e col fragore di abbinate campagne mediatiche contro i "femminicidi", le omofobie e le violenze “razziste” si possa ostacolare il reiterarsi di un certo numero di tragici episodi. Purtroppo è più frequente innescare lo spirito di emulazione.

    A mo’ di esempio. Riguardo al Nigeriano morto a Fermo si addita a evidente “finalità razzista” l’uso offensivo della frase “scimmia africana”. Nessuno ricorda (?) che giusto tre anni prima al Sen. Calderoli, che profferì in pubblico l’epiteto “sembianze di un orango”, non venne addebitata alcuna finalità di discriminazione razziale.

    Sintesi. La violenza, quando operata dal singolo, è pura aggressività personale e come tale va perseguita. Non è il “bagliore” di una virale epidemia collettiva e tanto meno una ghiotta occasione per farsi portavoce di dotte elucubrazioni. Occorre attenersi solo alla specificità del fatto reale e alla Legenda per un Delitto

    • Di Doriana Goracci (---.---.---.130) 9 luglio 2016 15:09
      Doriana Goracci

      Mi spiace contraddirla, lei che ha avuto tanta pazienza nel prendere in esame il fatto esposto dai media, non il mio post. Virgoletta cosa? Neanche una di quelle frasi è scritta nel mio post, l’ unico riferimento di cronaca è stato: Il 5 luglio 2016, Emmanuel Chidi Namdi di 36 anni, suo marito,è stato ucciso a Fermo per motivi razziali da Amedeo Mancini,di 39 anni, con unico precedente un daspo disposto dal questore di Ascoli Piceno e finito di scontare un anno fa.
      Di fragoroso i femminicidi hanno ben poco, di solito vengono usati i coltelli per fare fuori le donne, "ancestrali" modi di sgozzare le bestie. Inoltre, la mia esperienza di bancaria, mi ha dato molta concretezza. Per ogni donna ammazzata reclamo un centro antiviolenza che funzioni, anzichè sia chiuso. In questo caso la cittadinanza o dallo stato o dal Vaticano, dal momento che fondamentale è stato l’ aiuto concreto ed umano di alcune figure di religiosi. Per cronaca non appartengo a nessuna fede ma credo nel principio buddista, in cui la rivoluzione umana tocca a me, quotidianamente ogni giorno, farla e difenderla. Quanto ai bagliori uso lenti scure quando c’è il sole che abbaglia...Di collettivo qui c’è solo il blog di Agoravox Italia che ci ospita, perchè non ne ho mai voluto uno mio e in questo caso le ghiotte occasioni con dotte elecubrazioni, non hanno spazio e non è luogo di appuntamenti, tantomeno miei. Perseguino i magistrati le persone incriminate, non spetta a me fare giustizia.Grazie per l’ attenzione.

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