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Papa Francesco e il riconoscimento della Palestina: per una volta "W il Papa"?

Papa Francesco: ieri l'annuncio del riconoscimento dello Stato di Palestina; qualche giorno fa l'incontro con Castro. La Chiesa cattolica al bivio tra progressismo e conservatorismo: un'occasione per la sinistra?

Dopo due papati, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, che si erano caratterizzati per una tendenziale chiusura dottrinaria e regresso politico-sociale, una serie di atti di Francesco spingono a interrograsi in modo serio, pur senza mitizzazioni ed esaltazioni acritiche, sulla questione dell'effetiva discontinuità col passato degli orientamenti del presente pontificato.

Ultimo avvenimento in ordine di tempo, il riconoscimento della Palestina in quanto Stato sovrano annunciato ieri, gesto coraggioso qualificato da articoli come vera e propria rottura di un tabù diplomatico. Di pochi giorni prima è il lungo e cordiale incontro a Roma con Raùl Castro, a cui dovrà seguire un viaggio di Francesco nell'isola dei Caraibi; già il Pontefice si era speso per la ricucitura diplomatica con gli USA di Obama che, senza mettere in discussione il sistema socialista, dovrebbe metter fine a decenni di doloroso embargo a danno del Paese centramericano.

A prese di posizione dure sul capitalismo della finanza e del neoliberismo e sulla struttura economica della società mondiale, si è accompagnata una sinera severità rivolta anche sull'idolatria del denaro in seno alla Chiesa stessa. Non sono mancati interventi diretti a una riforma in senso di trasparenza e legalità delle attività dello Ior: il veleno che aveva intossicato soprattutto il pontificato di Giovanni Paolo II, le cui ingenti spese per finanziare l'anticomunismo in Europa dell'Est avevano sollecitato il coinvolgimento in flussi di denaro niente affatto conformi ai principi della Chiesa stessa, nonché naturalmente alla legge civile.

Vi sono state anche condanne finalmente esplicite e nette della pederastia di sacerdoti e dell'omertà sulla questione dimostrata dalle autorità ecclesiatiche. In materia di famiglia il Sinodo, dagli esiti ancora molto aperti e contesi, annuncia la possibilità di importanti aperture alla modernità.

Si pone la domanda di quanto queste prese di posizione saranno recepite dal corpo diffuso dell'Ecclesia Militans e soprattutto dalle sue gerarchie di vario livello, in cui alla presenza di posizioni effettivamente progressiste si accompagnano influnti nuclei e congreghe di bigottismo e oscurantismo lenti a declinare.

Si pone anche la domanda dei possibili influssi - anche nel beve periodo - di questo mutamento di paradigma sul dibattito politico dei Paesi a maggioranza o forte presenza cattolica. Già nella conservatrice e ortodossa Grecia oggi il patriottismo progressista e di sinistra di Tsipras si esprime atraverso un Governo di Syriza con un partito (i Greci Indipendenti) dalla marcata impronta di cristianesimo sociale; forse anche nei Paesi cattolici un mutamento di prospettiva e un rimescolamento delle carte possono essere all'ordine del giorno. ln Italia per esempio lo schema della seconda metà del novecento - un grande partito cristiano portatore delle istanze di conservazione sociale e garante della stabilità per conto della borghesia nazionale, contrapposto alla volontà di cambiamento e rovesciamento del sistema da parte dei lavoratori organizzati nelle formazioni socialcomuniste - si è da tempo sfaldato con il passaggio di una gran parte degli ex progressisti nel campo della classe dominante.

L'avallo dal vertice della Chiesa delle posizioni di critica sociale ed economica, da sempre presenti almeno nelle sue strutture di base, potrà allora fornire i presupposti di un'interlocuzione generale in campo sociale e politico tra sinistre e cristiano-sociali, che si proponga di costruire un consenso maggioritario nel Paese intorno a proposte di cambiamento sociale che rimettano al centro la classe dei produttori? Molto dipenderà probabilmente dalle capacità di sintesi e di interlocuzione fra due mondi a lungo l'un contro l'altro armati, che per ragioni differenti oggi entrambi rischiano l'isolamento e la marginalizzazione nella scena pubblica, complice la forza del pensiero unico dominante nel veicolare idee di individualismo - contrapposto a ogni protagonismo sociale - di consumismo e di trasformismo politico. Beninteso, decenni di storia certo non spariscono con un colpo di spazzola e su alcuni temi, sia tattici sia strategici, le divergenze restano amplissime; la Grecia però intanto offre un esempio a cui tutta Europa guarda con interesse, speranza o timore...

Foto: Republic of Korea/Flickr

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