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Migrazioni: quanto costa attraversare il Mediterraneo? Le cifre dei viaggi della speranza e delle politiche europee

Libération ha pubblicato un dossier realizzato da Michel Henri, Alexandre Léchenet e Big, incentrato sulle politiche migratorie europee. Alcune cifre danno un'idea del fenomeno e delle gravi falle del sistema che si è predisposto per farvi fronte.

Il reportage approfondisce le cifre legate ai fenomeni migratori, insieme al consorzio di giornalisti The Migrants Files, che già aveva tenuto la conta dei morti nel tentativo di raggiungere l'Europa nel 2014. Ciò che si evidenzia è il crescere parallelo di due economie: da un lato, il business degli organizzatori dei viaggi della speranza, talvolta con la complicità di alcuni governi compiacenti. Dal 2000, la cifra da essi estorta e incassata ammonterebbe ad almeno 16 miliardi di euro.

Dall'altro lato, si ha la spesa degli Stati dell'UE per espulsioni, ricerca di clandestini e costruzione di muri di confine: per lo stesso periodo, si raggiungono i 13 miliardi, di cui 11,3 miliardi solo in espulsioni. 47 milioni sono stati spesi dai contribuenti europei soltanto per il muro a Melilla. (Qui l'infografica di Libération). 

Gli immigrati che, senza visto, hanno tentano di entrare, per via marittima o terrestre, hanno raggiunto dall'inizio dell'anno una cifra che supera 100mila persone: più del doppio rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Causa di questo flusso in ascesa? Guerre e dittature, se si considera che, fra gli arrivi del 2015, un 39% fugge da Siria e Paesi arabi, 14% sono afghani, 8% eritrei e 6% somali. Però, come rende noto l'agenzia europea Frontex, incaricata dei controlli alle frontiere, non sono queste vie così drammatiche ad essere le più gettonate. La modalità di arrivo più diffusa è invece quella degli aeroporti internazionali, magari entrando con visti temporanei o documenti falsi.

Amnesty International ha definito questo flusso di rifugiati il peggiore dalla Seconda Guerra Mondiale. 

Si discute proprio in questi giorni della chiusura della frontiera ungherese con la Serbia, a cui si accompagna il proposito del Governo magiaro di costruire un muro di 175 chilometri e altro 4 metri. Passa proprio per l'Est la strada terrestre più impiegata quest'anno, utilizzata da 48mila persone pagando ciascuno quasi 2000 euro, con arrivo in Grecia passando per la Turchia o la Bulgaria. Ancora, con i prezzi più vari, c'è chi marcia in Grecia attraverso la Macedonia, chi arriva in battello dal Senegal alle Canarie, chi giunge per aereo in Svezia con documenti falsi.

Questa è la mappa dei morti per entrare in Europa tra 2010 e 2015.

 
Un quadro drammatico rispetto a cui le istituzioni europee ed italiane sembrano del tutto inadeguate, occupate a rimpallarsi colpe e responsabilità e carichi economici, ma in fondo concordi in politiche di chiusure e respingimenti, sgomberi e repressione. Nella generale incompetenza e non volontà di gestire il fenomeno razionalmente e umanamente, lo spauracchio delle invasioni di stranieri viene agitato da tutte le estreme destre d'Europa, Le Pen e Salvini in testa. Si tratta di un mezzo assai facile per acquisire consenso a buon mercato e aizzare l'odio interetnico.
 
Di fronte a ciò, dappertutto forze politiche e sindacali progressiste e associazioni per la tutela dei diritti umani si mobilitano per l'apertura di corridoi umanitari e per l'adozione di politiche incentrate sull'accoglienza e sull'integrazione e sulla garanzia dei diritti sociali. Un'inversione di tendenza nelle politiche è necessaria, proprio per non spingere milioni di persone alla clandestinità e all'eslusione sociale, spesso in quartieri-ghetto o in accampamenti in condizioni sanitarie precarie.

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