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OCSE: poco personale specializzato per la cura degli anziani

Il 70% di chi si occupa di pazienti cronici anziani non è un operatore sanitario. Si tratta per la maggior parte di familiari, ma da qui in avanti per le famiglie questo sarà un compito sempre più difficile.

di Cristina Da Rold

SPECIALE NOVEMBRE – Nella scorsa puntata del nostro racconto dell’ultimo report Health at a Glance 2015 dell’OCSE, riportavamo il dato secondo cui in Italia abbiamo molti meno infermieri rispetto alla media dell’area OCSE. In una società che invecchia e che nella maggior parte dei casi invecchia da malata, questi sono numeri non secondari. Chi si prende cura degli anziani, magari malati cronici e che necessitano di cure domiciliari? Molto spesso personale non specializzato, cioè i familiari dei malati.

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Il primo dato che balza agli occhi è che sono stimati a 18 milioni gli individui affetti dademenza fra i Paesi cosiddetti ricchi, e 47 milioni (dato OMS) nel mondo. La media OCSE parla di 15 malati ogni 1000 abitanti, che secondo le previsioni dovrebbero salire a 20 nel 2035. Questo solo per citare le malattie neurodegenerative più comuni fra la popolazione anziana.

A crescere, secondo OCSE, sarà inevitabilmente anche la spesa per le LTC (Long-Term Care, cure a lungo termine), che raddoppierà da qui al 2060. Nel 2013 il totale della spesa pubblica in questo settore rappresentava l’1,7% del pil, con al primo posto l’Olanda, dove la spesa per questo tipo di assistenza era più del doppio rispetto alla media OCSE: il 4,3%. In generale sono i Paesi nordici a investire di più in questo ambito, mentre in coda alla classifica troviamo i Paesi dell’Est Europa. Se invece guardiamo quanto è cresciuta la spesa dal 2005 a oggi, è indubbiamente la Corea a svettare in classifica, con un +36% rispetto al 2005, seguita da Svizzera (+13%) e Portogallo (+10%).

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Di pari passo con l’invecchiamento della popolazione, negli ultimi anni sono aumentati anche i cosiddetti Long-Term Care workers, cioè i professionisti dedicati alle cure a lungo termine, categoria che comprende gli infermieri ma anche gli operatori sanitari non specializzati. In Giappone dal 2001 a oggi il numero è addirittura raddoppiato. Nell’area OCSE si contano oggi circa 6 operatori ogni 100 persone over 65, sebbene vi siano anche qui notevoli differenze: da una parte osserviamo picchi di oltre 10 operatori ogni 100 over 65 in Svezia, Stati Uniti e Israele, dall’altra si registrano numeri prossimi allo zero in Portogallo e Turchia. Nel complesso però, solo il 30% di questo gruppo però è composto da infermieri. Il rimanente 70% di chi si occupa di anziani e pazienti cronici che necessitano di assistenza domiciliare costante è composto da personale che non ha ricevuto una formazione in merito. Personale composto per la maggior parte da donne che lavorano part-time.

Per non parlare del fatto che comunque ancora oggi una grossa fetta dell’assistenza domiciliare viene espletata dagli stessi familiari dei malati. Circa il 15% delle persone con più di 50 anni oggi dedicano parte del proprio tempo alla cura di un qualche parente anziano o amico. Il 60% di questo personale non specializzato è composto da donne e il 74%, cioè 3 persone su 4, devono garantire in qualche modo la loro presenza ogni giorno.

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Dinamiche si potrebbe dire secolari, che però devono fare i conti con un mondo che cambia. Nuclei familiari sempre più ristretti, una maggiore mobilità geografica e sempre più donne nel mercato del lavoro, faranno sì che sempre meno persone in futuro saranno in grado di fornire questo tipo di assistenza gratuitamente ai propri cari, che al contempo vivranno sempre più a lungo e in molti casi in condizioni di cronicità. Senza adeguati e oculati investimenti nel settore della Long-Term Care, sia nelle infrastrutture che nel personale specializzato – conclude il report OCSE – si rischia il collasso.

@CristinaDaRold
Crediti immagine: sima dimitric, Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

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