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Nella casa. Voglia di felicità o normalità

Davanti a qualche film può venire il sospetto che essere registi o attori sia un lavoro come un altro: bisogna alzarsi la mattina, pensare a qualcosa da fare e farla, per guadagnarsi da vivere e anche più. Questo sospetto irrispettoso viene col film Nella Casa: il regista Ozon e gli attori Scott-Thomas, Luchini, la Seigner, persone di spessore e dal grande passato (e sicuramente di futuro) sviluppano un soggetto anche importante, un ragazzo a cui resta solo il padre invalido e disoccupato, lasciati dalla madre quando il 16enne Claude era ancora bambino, uno di quelli che se ne stanno in classe all’ultimo banco, un po’ tra lo “sfigato” e insieme sconosciuto o evitato dagli altri. Parrebbe che il tema sia un gran desiderio di felicità da parte di Claude, almeno di normalità, il bisogno della mamma alla cui fuga tutto riconduce. Così ha spiato per diverso tempo la famiglia del compagno di classe Rapha, che decide di aiutare in matematica per penetrare “nella casa”. Qui scopre che mamma Seigner ha il tipico profumo di una donna borghese, che è forse la donna più annoiata del mondo, irrealizzata come tante, perché voleva essere un’architetto-arredatrice ed invece è solo una casalinga.

 

Purtroppo il film diventa altro, diventa molte altre cose ancora, pretestuoso e senza apparente costrutto logico, un pot-pourri di temi. Claude “sarebbe” uno scrittore in erba aiutato dal suo professore Luchini, scrittore mancato a sua volta e le cui tendenze voyeuristiche vengono soddisfatte dai temi dell’alunno. Accompagna Claude nella stesura del romanzo biografico della famiglia del compagno di classe, gli suggerisce “dialoghi potenti e situazioni eccitanti”, gli consiglia di “trasporre”, sebbene lo scrittore in erba desideri scrivere “quello che vede”. Vede in realtà situazioni ironiche in sé, come di molte famiglie, anche quella senza figli del professore Luchini e di sua moglie Scott-Thomas, i quali un po’ si rivedono nella “borghesia” descritta nei temi di Claude. Il film diventa pure un crogiolo di sentimenti del ragazzo protagonista, il bisogno di mamma o la voglia di famiglia – “chi è quel bambino che non ha mai avuto incubi terribili nella notte” o “che non abbia mai desiderato di stare al caldo nel letto tra i genitori” - vengono “trasposti” in innamoramento per amanti mature come la Seigner dallo sguardo vorace e la Scott-Thomas, sempre seducente. Che c’entra mai? Che c’azzecca? Diventa un’esagerazione, solo variazioni del romanzo o soluzioni diverse che ad esso vengono date per la fantasia dello scrittore e del suo professore. Vero è che i personaggi, qualche scrittore lo sostiene, una volta creati sono liberi di fare il percorso che vogliono, indipendente dalla volontà dell’autore.

Il film diventa pure commediola. A ciò contribuisce il viso di Luchini o le sue macchiette, ci si chiede se i suoi “sketch” siano indispensabili. L’atmosfera creata da Ozon è raramente godibile e altrettanto raramente drammatica, perciò non si capisce bene “cosa voglia fare da grande”, il film, con tanti momenti in cui sembra di scadere nella banalità e nell’oziosità, nel bighellonarsi a produrre qualcosa perché anche questo è un lavoro. Il film si conclude inquadrando un edificio di appartamenti, Luchini e Claude osservano dalla notte con curiosità “le vite degli altri”, in fondo molto simili tra esse. Si resta con la sensazione che in fondo non valga tanto la pena di entrare nelle vite altrui sebbene, secondo lo scrittore-osservatore Claude, “c’è sempre un modo per entrare a casa di qualcuno”.

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