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Napoli, bravissima a scuola e clandestina

Triste storia quella di Daria, giovane donna (20 anni) ucraina con tanta voglia di studiare - in ucraina ha gia perseguito il diploma - e di lavorare, ma, in base alla nuova legge scolastica, stava per perdere il diritto a dare l’esame perché non in possesso del codice fiscale che non può ottenere perché clandestina come i genitori.

Sembra che la ministra Gelmini sia intervenuta assicurando che in casi come questo non c’è bisogno di presentare il codice fiscale. 
 
Ma allora che razza di legge è?

Daria studia e lavora per aiutare i genitori - papa fa il saldatore, mamma le pulizie ad ore, eppure sono clandestini; ciò significa che sono costretti a lavorare in nero contro la loro volontà, e anche Daria naturalmente.

Daria parla 6 lingue e a scuola dicono che è molto brava, oltre che a impegnarsi molto.
 
Daria e i genitori vivono nella paura di essere scoperti e di finire in carcere.
Daria non va mai a fare gite scolastiche sempre per paura di essere scoperta.
Fa una vita da carcerata, Daria, e anche i genitori.
 
La legge dice: lo straniero che non ha lavoro deve essere rimpatriato; bene la famiglia di daria il lavoro ce l’ha e di conseguenza anche un reddito, eppure.... non ottengono il permesso di soggiorno.
 
La legge dice che tutti i minori devono avere accesso all’istruzione, inclusi i figli dei clandestini, ma poi chiede documenti che i clandestini non possono avere.
La legge dice che i prof non sono obbligati a denunciare i figli dei clandestini, ma poi il ministero dell’Istruzione, per compilare l’anagrafe dello studente, rileva i dati relativi a ogni singolo candidato, compreso il codice fiscale che passerà al vaglio dell’Agenzia delle entrate e, dal momento che uno studente non ce l’ha, risulta automaticamente clandestino.
 
In Italia, situazioni come quella di Daria e famiglia, probabilmente sono molte.
C’è da supporre che al governo faccia comodo avere persone oneste che lavorano sensa permesso, in questo modo sono più controllabili.
 
Si può anche supporre che faccia comodo ai datori di lavoro che in questo modo non pagano le tasse.
 
Si può altresi supporre che rimandare indietro i clandestini prima dello sbarco serva solo a regolare il flusso, non per evitare la clandestinità, ma per gestirla meglio.
 
I clandestini dunque, sono forza lavoro conveniente per i datori di lavoro.
Ma per lo stato? considerando che non pagano tasse, si suppone che non lo siano.
 
E allora perché non interviene con leggi che regolarizzano chiunque lavori? Anche se clandestino? E che penalizzino quei datori di lavoro che li sfruttano senza pietà?
Dal comportamento dell’attuale governo, si può facilmente supporre che, il trattamento riservato agli stranieri, non sia basato su problemi di ordine pubblico, come ci vuol far credere, ma su presupposti di razza, o perlomeno, di apparteneza culturale, comportameto questo, che non si confà minimamente a un popolo che vuol essere civile.
 
Tenere sotto controllo persone attraverso il ricatto non può essere degno di un popolo civile.
 
Quanti, oggi, sostengono o, peggio, chiedono al governo un comportamento simile, sono da biasimare.
 
Le elezioni europee, purtroppo, hanno visto il partito che maggiormente ha sostenuto l’attuale legislatura in merito all’immigrazione, aumentare di parecchio l’adesione alla sua politica, questo ci dovrebbe far riflettere sul futuro che ci aspetta, considerando anche che, un po’ in tutta Europa, la destra xenofoba, ha aumentato i consensi.
 
La storia di Daria e famiglia dovrebbe spingere chiunque abbia a cuore la democrazia e la libertà a fare molto di più sul territorio cercando di individuare e aiutare queste persone.
 
Certo non è facile, ci vuole volontà e competenza, e un partito che si decida a essere presente fisicamente sul territorio, ma se ci limitiamo a protestare non riusciremo mai a concludere gran che.
 

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