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Napoli. Porto ancora bloccato. Continua lo sciopero dei lavoratori Conateco a difesa delle condizioni di lavoro

Il porto di Napoli, una delle “aziende” più importanti della città, centro nevralgico per lo smistamento delle merci nel capoluogo campano e ben oltre, è praticamente bloccato da circa 20 giorni. A determinare il blocco delle attività è lo sciopero dei circa 350 lavoratori del consorzio Conateco a difesa del posto e delle condizioni di lavoro.

L’azienda aveva infatti minacciato dapprima 101 licenziamenti; in seguito all’inizio della lotta da parte dei lavoratori, erano stati ritirati a fronte di una richiesta di CIGS a rotazione per un anno (l’accordo era stato raggiunto il 21 luglio). Tuttavia, il Consorzio Conateco persevera nella revoca del contratto di secondo livello che per i lavoratori significa un taglio netto in busta paga di 250€.

Così, al tavolo di trattativa che si è tenuto ieri, si è giunti ad un’altra rottura. I sindacati si sono visti costretti ad alzarsi, dal momento che la controparte non era disponibile ad esaudire alcuna richiesta. In particolare, le condizioni poste dalle organizzazioni dei lavoratori per far rientrare la protesta erano tre: il ripristino della quattordicesima, dei buoni pasto nonché una riapertura della discussione sulla turnistica.

Come Cisl, Uil ed Ugl scrivono in un comunicato pubblicato su Il Denaro, “Non solo i lavoratori si sono visti mettere in discussione istituti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale - come la 14ª mensilità e la polizza sanitaria - quest'ultima mai versata dal 2009 - rilevano i sindacati -. L'azienda ha anche trattenuto arbitrariamente le quote della cessione del quinto dello stipendio (motivo per cui molti lavoratori sono stati contestati da istituti di credito e da finanziarie), il Tfr complementare, i buoni pasto, l'incentivo di produzione, il bonus per il trasferimento turno, l'indennità pioggia, l'indennità oltre la 26ª domenica ed altro ancora. Sacrifici che i lavoratori non hanno esitato a sostenere pur di mantenere il lavoro e dare un po' di ossigeno all'azienda che aveva dichiarato lo stato di crisi.”

Con il porto paralizzato da quasi un mese, ad eccezione dei mercoledì e dei fine settimana, lo sciopero comincia a far sentire tutta la sua forza e spedizionieri, autotrasportatori ed agenti marittimi continuano ad inviare messaggi in cui lamentano la perdita di business cui stanno andando incontro. L’ultima iniziativa è una lettera al presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, in cui parlano di danni “gravissimi”. Secondo alcune stime sarebbero circa 2000 i container “persi”, per un valore di almeno un milione e mezzo di euro.

È facile prevedere che ci sarà una forte campagna contro i lavoratori “irresponsabili” per aver messo a repentaglio, in tempi difficili, la fragile economia cittadina e nazionale. In fondo, già oggi, li si accusa implicitamente di essere la causa della perdita del milione e mezzo di euro dovuto al blocco delle attività. Come al solito si confondono le cause con gli effetti e nessuno si lancia a puntare il dito contro l’azienda, responsabile della decisione di un netto peggioramento delle condizioni di lavoro e, conseguentemente, di vita di questi lavoratori. Come se poi scioperare fosse una passeggiata, una sorta di festa e non, invece, un atto di coraggio e dignità, che comporta il sacrificio della paga giornaliera. In tempi di duri attacchi al diritto allo sciopero, sostenere la lotta di questi lavoratori significa difendere anche la nostra dignità e la nostra libertà…

Questo articolo è stato pubblicato qui

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