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Nagorno-Karabakh: la battaglia decisiva

Il conflitto del Nagorno-Karabakh ha dimostrato, ancora una volta, che il fenomeno della guerriglia urbana, in contesti guerreschi, è una realtà sempre più complessa e sistematica, offrendo terreno fertile per lo studio della tipologia di guerriglia in questione. 

Il conflitto, verificatosi tra Armenia ed Azerbaijan, ha evidenziato l’applicazione di una serie di tattiche e strategie pienamente riconducibile alla Urban Warfare. Più nel dettaglio, la Battaglia di Shucha, una città estremamente importante dal punto di vista strategico-militare, ha rappresentato un esempio chiaro di “guerriglia urbana”, venendo segnata da una serie di feroci combattimenti. Non a caso, la città è stata teatro di molti dei combattimenti più accesi verificatisi nel corso del conflitto. Le forze azere hanno assediato Shusha e bombardato la città ricorrendo all’artiglieria, puntando da subito al centro storico, servendosi di armi leggere e tattiche di guerriglia. Tra le peculiarità, si annoverano nuovi mezzi basati sulla tecnologia avanzata, tra cui piattaforme senza pilota e la composizione delle armature. I combattimenti hanno riguardato l’intera città, contribuendo significativamente all’esito della guerra. Gli edifici hanno rappresentato una copertura per i combattenti e l’artiglieria ha avuto difficoltà nell’identificare con precisione gli obiettivi a causa del campo visivo limitato; inoltre, gli ambienti urbani, popolati ovviamente dai civili, hanno contribuito a rendere difficile la distinzione tra soggetti civili e soggetti militari. Le strade, inoltre, hanno agevolato l’avanzare delle truppe. 

L’Otto novembre, la città di Shusha risultava così essere stata conquistata dalle forze azere, che, grazie all’infiltrazione, hanno raggiunto più agevolmente la capitale, segnando un punto di svolta del conflitto e conducendo alla sconfitta dell’Armenia, che intanto lamentava una scarsa coordinazione tra le forze armene. L’esito ha condotto alla perdita del Nagorno-Karabakh, la cui repubblica ha ufficialmente cessato la propria esistenza il Primo Gennaio del 2024, concludendo così il sanguinoso scontro tra Armenia ed Azerbaijan.

Dal punto di vista del Diritto Internazionale Umanitario, ampie critiche sono state mosse alle modalità di combattimento con cui la Battaglia di Shusha è stata condotta: in particolar modo, l’Azerbaijan è stato accusato di ripetute violazioni del Diritto Internazionale Umanitario, come il bombardamento delle infrastrutture civili e l’impiego di armi proibite, tra cui bombe a grappolo, nonché di non aver provveduto alle precauzioni necessarie volte alla tutela della popolazione civile, sebbene l’Azerbaijan abbia affermato il contrario. D’altro canto, l’Armenia è stata anch’essa accusata di aver violato il Diritto Internazionale Umanitario, poiché non ha avuto il riguardo necessario per la popolazione civile azera in fuga coinvolta nel conflitto. Sebbene sia ancora un aspetto controverso e non del tutto confermato, l’Azerbaijan è stata accusata di aver giustiziato prigionieri di guerra armeni catturati proprio durante la Battaglia di Shusha, grave violazione del Diritto Internazionale Umanitario, pertanto si è parlato di presunte esecuzioni. Tuttavia l’Unione Europea si è impegnata affinché sia possibile ottenere un’indagine indipendente ed imparziale e l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha concluso che vi sono tutte le prove per sostenere che le esecuzioni sono supportate da prove attendibili, benché le indagini siano ancora in corso.

Foto Wikimedia

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