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Mondiali di calcio 2034 all’Arabia Saudita: come vigilerà la Fifa sui diritti umani?

Con l’organizzazione dei mondiali di calcio del 2034 ormai affidata all’Arabia Saudita, peraltro unica candidata, la Federazione internazionale delle associazioni calcistiche (Fifa) ha un problema (meglio di nuovo un problema perché l’ebbe già rispetto ai mondiali del 2022 in Qatar): come farà a pretendere il rispetto dei diritti umani nel periodo preparatorio e durante lo svolgimento della competizione?

La domanda l’ha posta pubblicamente la Sport & Rights Alliance, di cui Amnesty International è partner insieme a sindacati, rappresentanti dei tifosi, sindacati dei giocatori e altre organizzazioni per i diritti umani.

Sul tavolo della Fifa, in questo periodo, c’era l’assegnazione di due mondiali di calcio: 2030 e 2034.

Il processo di candidatura per la Coppa del mondo del 2030 doveva essere ufficialmente lanciato lo scorso giugno, in occasione di una riunione del Consiglio Fifa, ma era stato rinviato “per garantire ulteriori consultazioni con tutti i principali interessati coinvolti”.

Il 4 ottobre, a sorpresa, il Consiglio Fifa ha annunciato che l’unica candidatura presa in considerazione per la Coppa del mondo del 2030 sarebbe stata quella di Marocco, Portogallo e Spagna, con un piccolo numero di partite da disputare in Argentina, Paraguay e Uruguay, che avevano precedentemente annunciato la loro intenzione di candidarsi per ospitare l’intero torneo.

Nella stessa occasione, la Fifa ha annunciato in modo inaspettato che il processo di candidatura per ospitare la Coppa del mondo del 2034 sarebbe iniziato immediatamente e che sarebbero state prese in considerazione solamente le candidature provenienti dall’Asia e dall’Oceania. Con un termine di soli 27 giorni concesso ai potenziali candidati per dichiarare la loro intenzione, è stato facile per l’Arabia Saudita presentarsi come unica candidata.

È venuto meno, insomma, un passaggio-chiave dell’intero processo. È proprio durante la fase di selezione delle candidature che la Fifa ha la reale opportunità di chiedere e ottenere impegni vincolanti per la protezione e il rispetto dei diritti dei lavoratori, per garantire la libertà d’espressione e prevenire eventuali discriminazioni. Gli impegni sui diritti umani devono essere concordati con i potenziali candidati prima che vengano prese decisioni finali sull’organizzazione dei tornei. Ma, con un’unica offerta per ciascun torneo sul tavolo, la Fifa ha segnato un autogol.

Il mancato impegno da parte della Fifa nel 2010 nel garantire protocolli chiari per il rispetto dei diritti umani quando assegnò la Coppa del mondo 2022 al Qatar, rappresenta un pericoloso precedente.

Secondo le linee guida della Fifa, qualsiasi stato candidato ad ospitarli, deve impegnarsi a “rispettare i diritti umani come internazionalmente riconosciuti”.

Se la Fifa applicasse pienamente la sua policy, le candidature considerate ad “alto rischio” verrebbero teoricamente rifiutate, o verrebbero concordati piani correttivi.

Per questo, la Sport & Rights Alliance ha dichiarato che la Fifa dev’essere pronta a riconsiderare l’assegnazione qualora si dovessero palesare gravi rischi per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani.

 

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