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Mondi Riflessi al Palazzetto Bru Zane di Venezia

Si è concluso con un ‘tutto esaurito’ il festival autunnale del Palazzetto Bru Zane Mondi Riflessi, incentrato sull’ispirazione straniera nella musica francese del XIX° secolo.

Esplosivo il primo concerto, Viaggio onirico, un lungo elenco di arie e duetti, interpretato dalla soprano Jodie Devos, in alternanza o assieme alla mezzosoprano Eléonore Pancrazi, su di un tappeto pianistico fornito da François Dumont.

Le due brave cantanti hanno esplorato il repertorio operistico, le cui vicende erano ambientate dagli autori - Joanni Perronnet, Marguerite Olagnier, Théodore Dubois, Félicien David, Claude Debussy, André Messager, Georges Bizet, Léo Delibes, Adrien Barthe, Victor Massé, Jules Massenet, Jacques Offenbach, Maurice Ravel, Camille Saint-Saens, Georges Haakman, secondo l’ordine del programma di sala – in terre esotiche.

Nel viaggio all’esplorazione del mondo i compositori partono dalla Spagna, dal Portogallo e dall’Italia, i Paesi più prossimi alla Francia, per arrivare all’India e al Giappone, passando per l’Egitto e l’Arabia. E’ il suggerimento di un altrove, che però non è detto sia nella realtà come lo si rappresenta musicalmente.

Dotate di una voce acutissima, ricorrendo spesso ad urlii, impeccabilmente mantenuti a lungo, e di una gestualità teatrale, le cantanti hanno affascinato il consueto pubblico che riempie quasi sempre la piccola sala, uscendo felice e deciso a ritornare il giorno seguente, per assistere al concerto pomeridiano intitolato Piano + Piano. Concerto per due pianoforti. Protagonisti due giovani musicisti, Guillaume Bellom e Ismael Margain, diplomati entrambi al Conservatoire National supérieur de musique et de danse di Parigi. Virtuosi, tecnicamente dotati, hanno invitato i presenti a un grande viaggio di sonorità rare, a causa di un accostamento non frequente di due pianoforti a coda sullo stesso palcoscenico.

Attingendo al repertorio della Belle Epoque – Saint-Saens, Massenet, Mel Bonis, Cécile Chaminade, Emmanuel Chabrier, Ravel – i pianisti hanno percorso il mondo da Oriente a Occidente, partendo dal Giappone (Ouverture de La princesse jaune, opéra-comique in un atto, di Saint-Saens) che era molto di moda, e poi, attraverso il canale di Suez, fino alla Spagna (Chabrier, Espana ; Ravel, Rapsodie espagnole, un brano per pianoforte in quattro parti, trascritto e orchestrato dal compositore).

Applausi scroscianti e volti estasiati da parte di un pubblico, rimasto attonito dalla qualità artistica del duo.

Il concerto successivo, Chitarra spagnola, è stato preceduto da una conferenza, Chitarra ed esotismo, di Luigi Attademo, il quale, due ore dopo sarebbe risalito sul palco del Palazzetto per il Recital.

Il musicista e musicologo ha iniziato il suo intervento, spiegando come la chitarra spagnola, di matrice popolare, dotata di doppie corde, sia diversa da quella francese, a corde singole.

A Parigi si concentravano il maggior numero di chitarristi-compositori, sia francesi che spagnoli afrancesados, sia italiani, come Ferdinando Carulli (1770 – 1841), napoletano d’origine, francese d’adozione, del quale Attademo ha eseguito, quale brano d’esordio del Recital, un estratto da Les Folies d’Espagne.

Si tratta di uno dei temi favoriti del primo Ottocento e infatti il secondo e terzo brano in scaletta erano, nell’ordine, Les Folies d’Espagne del catalano Fernando Sor (1778 – 1839) e Fantaisie sur l’air des Folies d’Espagne di François de Fossa (1775 – 1849), nato a Perpignan.

Il chitarrista ha proseguito, spiegando con chiarezza ogni brano del programma : Fandango varié del madrileno Dionisio Aguado (1784 – 1849), il quale ideò un accorgimento tecnico. Fissò la chitarra su un treppiede, che battezzò tripedisono. In tal modo, liberando l’esecutore dalla necessità di reggere lo strumento, il suono è molto più forte, le vibrazioni non si fermano e le mani rimangono completamente libere, senza contrazioni ; Caprice sur l’air espagnol “La Cachucha”, una danza popolare spagnola, di Napoléon Coste (1805 – 1883), nato ad Amondans.

Non poteva mancare il famosissimo Recuerdos de la Alhambra di Francisco Tarrega (1852 – 1909), nato a Villareal, colpito nel 1906, all’apice della fama, da un’emiparesi che gli paralizzò il lato destro del corpo ; del parigino Alfred Cottin (1863 – 1923), cui Tarrega aveva dedicato il brano precedente, si sono ascoltate tre composizioni che guardano alla musica andalusa (Habanera, Mélancolie, Souvenir d’Andalousie). Conclusione, apprezzatissima, con Briviesca (Poema para guitarra), dedicato dall’autore, Henri Collet (1885 – 1951), ad Andrés Segovia : un brano perfettamente iscritto nell’estetica segoviana.

Gli applausi hanno ottenuto due bis : 1. la trascrizione per chitarra dell’ Habanera dalla Carmen di Bizet ; 2. Omaggio sulla tomba di Debussy, di Manuel de Falla.

Il concerto intitolato Sulle note del Grand Tour, ha permesso al pubblico di fare la conoscenza con una bravissima interprete, la pianista giordana Salome Jordania, diplomatasi alla Julliard School of Music di New York.

Il Recital ha presentato composizioni di quattro autori i quali, come ebbe a dichiarare Debussy, il primo ospite del programma, erano concordi nell’affermare che quando non ci si può permettere di viaggiare bisogna supplire con l’immaginazione. Oltre a Debussy, Salome ha eseguito pagine di Mel Bonis, Godard e Ravel, avvalendosi di una passione comunicata agli astanti e di una bravura tecnica con ottima padronanza delle dinamiche sonore.

Concludo queste riflessioni con l’ultimo concerto Da Oriente a Occidente (il penultimo di una rassegna di sette) da me ascoltato, quello del Trio Zeliha, costituitosi nel 2018 : Manon Galy, violino ; Maxime Quennesson, violoncello ; Jorge Gonzàlez Buajasàn, pianoforte.

In scaletta, Suite orientale pour violon, violoncelle et piano di Mel Bonis, che esplora colori lontani e un’ornamentazione caratteristica ; Barcarolle pour piano n°2 e n°3 di Godard ; Airs Bohémiens pour violon et piano del violinista spagnolo Pablo de Sarasate (1844 – 1908), improntati agli accenti e all’anima della musica ungherese, al punto di incorporare temi che il musicista affermava di trarre dal folklore zigano ; Trio en la mineur pour violon, violoncelle et piano di Ravel, in cui sono inseriti ritmi di origine basca che alludono a una forma poetica di origine malese.

Buon successo anche per questa serata, mentre il prossimo festival, primaverile (7 concerti dal 23 marzo al 23 maggio), si intitola Il filo di Fauré, ed è incentrato sulla figura di Gabriel Fauré (1845 – 1924).

Ma il Palazzetto non conosce soste. Il 14 novembre alle 18, ecco la conferenza La via francese al poema sinfonico, a cura del musicista e musicologo Giovanni Bietti.

L’incontro, dedicato tanto a musicisti celebri come Cèsar Franck e Henri Duparc, quanto a nomi esoterici come Lili Boulanger e Augusta Holmès, illustrerà alcuni tra i frutti più significativi della produzione francese tardo-ottocentesca.

 

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