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Mini: quel provvedimento che trasforma il Ministero della Difesa in "piazzista" per Finmeccanica

Un rapporto delicato, quello tra industria militare e difesa. Rapporto che forse non sarà più lo stesso, se avrà luogo la modifica del Codice dell'ordinamento militare che verrà oggi discusso in Consiglio del Ministri. A spiegarlo il generale Fabio Mini, ex-comandante della missione Nato in Kosovo. La proposta? Un impulso a trasformare la difesa in trafficante d'armi.

È il Generale Mini a sottoporre la questione all'opinione pubblica: un (sostanzioso) regalo all'industria bellica contenuto nel DDL semplificazione presentato il 23 Aprile 2012 e ora al vaglio del Consiglio dei Ministri. Un regalo che si troverebbe all'Art. 4, comma 2a:
 
"Il Ministero della difesa, nel rispetto dei princıpi e delle norme in materia di esportazione di materiali d’armamento di cui alla legge 9 luglio 1990, n. 185, d’intesa con il Ministero degli affari esteri, puo' svolgere per conto di altri Stati esteri con i quali sussistono accordi di cooperazione o di reciproca assistenza tecnico-militare, attività di supporto tecnico-amministrativo ovvero contrattuale, per l’acquisizione di materiali di armamento prodotti dall’industria nazionale e per le correlate esigenze di supporto logistico e assistenza tecnica, richiesti dai citati Stati, nei limiti e secondo le modalità disciplinati nei citati accordi".

Fabio Mori (fonte: muliduri.blogspot.com) Il significato di tali parole? Lo spiega lo stesso Mini: "Istituzionalizzare il ruolo della Difesa come trafficante di armi e piazzista estero al servizio di Finmeccanica, sdoganando il gigantesco conflitto di interessi tra apparato militare e industria bellica". Conflitto - continua Mini - chiaramente preesistente; ma che verrebbe così finalmente identificato come prassi standard, dunque accettabile come mero status quo.

L'attacco del generale non finisce però qui: un legame istituito ormai tanto solido da creare un vero e proprio meccanismo di scala sociale all'interno del mondo militare: commesse contro gradi. "Non conosco colleghi che non l’abbiano fatto, e molti, quelli che io chiamo ‘piazzisti’, hanno costruito così le loro carriere e le loro ricchezze". Un mondo, insomma, non propriamente fedele alla bandiera come elaborato in una sopita ma mai persa memoria patriottardo-futbolistica.

Al di là però delle mene (anti)militariste dello scenario nazionale, il fulcro della questione si viene a costituire proprio attorno allo sdoganamento del commercio di armi dove questo significhi operare una feroce repressione dei civili o l'allargamento del conflitto a dimensioni non possibili senza l'intervento straniero. Lo sanno bene i ribelli siriani, che hanno respinto l'ipotesi di nuovi contingenti sul loro territorio -prodromi di una occupazione para-afgana- e hanno invece chiesto armi, puntando al cuore delle lobby americane che subito si sono commosse, convincendo Obama.

Ogni fucile venduto significa infatti l'istituzione di un rapporto di forza: forza dei signori della guerra sulla popolazione locale, forza del produttore sui signori della guerra e forza dello stato sul produttore. Ma anche viceversa, in un circolo vizioso dove finiscono anche gli scarti di una produzione ombra che non di rado vanno a smaltire pezzi "proibiti". O peggio alimentano le posizioni non esattamente democratiche di signorotti locali con l'hobby della tortura. Come in Somalia, dove l'Italia ha avuto un ruolo di fedele alleato, vendendo armi e lasciandone come risultato questo: un ometto altezzoso che ai fischi contro il regime durante una partita di calcio bellamente spara sulle tribune, facendo 7 morti.

Ci sarebbe insomma parecchio da dire sulle armi italiane che girovagano per il mondo facendo massacri, ma le parole di Mini danno un'idea forse nuova a noi comuni mortali - abituati a sentir parlare dei brutali e rozzi americani con le loro lobby militari - di quanti peccati ci sotterriamo dentro per sentirci migliori degli altri e poter mangiare sangue facendolo passare per ragù. Di Paola, Ministro della Difesa ai tempi del DDL - si sa - è uomo di lobby. Ma quale scusa avete voi? Ora sapete.

Commenti all'articolo

  • Di GeriSteve (---.---.---.164) 23 giugno 2013 14:49

    Tutto vero, però c’è una cosa importante che non viene detta: attualmente il ruolo di piazzista dei armi prodotte in Italia non è vacante; viene svolto dai servizi segreti, i conflitti di interessi sono anche lì enormi e noi ne sappiamo quasi niente.

    Per risanare questa situazionem mettere il tutto sotto controllo del ministero potrebbe essere una via, anche se il risanamento non sembra affatto essere l’obiettivo di questa iniziativa.

    GeriSteve

    • Di Francesco Finucci (---.---.---.89) 23 giugno 2013 21:34
      Francesco Finucci

      Sono d’accordo, i servizi segreti sono qualcosa d’imbarazzante, anche se se vedi un po’ lo scenario (MI5, Mossad, CIA) la situazione non è migliore. Quello che contesto l’idea di sottoporre tutto al ministero, perché il ministero dell’interno è l’autorità politica che governa le forze di polizia, mentre il capo della polizia dovrebbe esserne l’autorità di polizia (lo stesso per ministero della difesa e stato maggiore dell’esercito). Sottoporre tutto alla politica è pericoloso. L’unica è selezionare membri di alto profilo ed eticamente incorruttibili. Ma deve anche cambiare l’idea che non devi fare il bene del tuo paese, ma il genere umano. Sennò poi non ci si può lamentare se l’intelligence fa di tutto, magari anche solo per fare tutto quello che può per il proprio paese. Se li si bombarda di patriottismo paramilitare poi non ci si può aspettare che facciano diversamente -facendo la tara ovviamente della corruzione.

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