Mila Brollo è arrivata a Lampedusa! e ci scrive 8,30
arrivo a Lampedusa. Il traghetto si avvicina lentamente e per un tempo
che mi è sembrato interminabile, Lampedusa con le sue rocce bianche si
staglia tra mare e cielo come un agognato desiderio. Finalmente scendo e
senza neanche avere il tempo per emozionarmi ancora, subito mi avvicina
un signore che mi chiede se sono la mamma di Giada. Si, lo sono. Giada è
stata qui qualche anno fa a fare un servizio per la Rai ed ha
conservato le amicizie di quei giorni. Tornata a casa, mi ha parlato
tanto di quest’isola che è da allora aspetto di venirci. L’ho fatto con
una bella pedalata.
Enzo,
così si chiama il signore, fa il pescatore. Mi spiega che le barche
stanno fuori due giorni e pescano svariate tonnellate di pesce. Sulla
banchina ci sono i camion refrigerati e il pesce viene immediatamente
sceso dalla barca e stivato per essere portato a destinazione in tutta
Italia. Certo, qui è davvero appena pescato. Sta arrivando una barca e
con essa il lavoro di due giorni di pesca. Potrei andare a vedere, ma
poi penso che forse incontro agonia e rinuncio. Non riesco più a
sopportarla. Eppure, per motivi legati al diabete, ho ripreso a mangiare
pesce e mi sento anche peggio: occhio non vede cuore non duole. Che
vigliaccata.
Saluto Enzo e mi avvio al centro di Lampedusa. Prima di entrare nell’abitato mi
fermo vicino al mare e… mi emoziono. Ce l’ho fatta.Un momento e via.
Riparto,
tutto è dorato dal bel sole della mattina che colpisce radente le cose.
Le ombre lunghe creano un andamento allegro. La cosa che colpisce
subito, e me in particolare, è la presenza di decine di cagnoni randagi,
liberi, placidi, che si comportano come i padroni dell’isola.
Bello-bello vedere che tutti li conoscono, li accolgono, li coccolano.
Fuori dai negozi, ci sono dappertutto ciotole dell’acqua per loro.
La
gente qui, sembra tutta in vacanza, ma naturalmente non lo è. I
negozianti stanno sballando scatoloni, altri puliscono vetrine, bagnano
le numerose piante sparse qua e là, preparano l’accoglienza dei tanti
turisti in arrivo. In giro per il paese è pieno di piccoli cantieri per
il rifacimento dei marciapiedi, del selciato, della cosa pubblica. La
cittadina è pulitissima. Mi fa un piacere immenso: sono centinaia e
centinaia di chilometri che attraverso montagne di spazzatura, cartacce e
giornali, bottiglie di vetro e di plastica, copertoni (e guarnizioni
simil-serpente e serpenti simil-guarnizioni), cartoni e le
maledettissime borse di plastica che volteggiano in aria pericolosamente
come uccelli predatori impazziti che si avventano sui ciclisti.
Le
cose che ho visto buttate in giro sono davvero inaudite, anche perchè,
non c’è nulla da dire né da giustificare, sono responsabilità di chi ha
gettato e di chi non ha raccolto. E questo scempio riguarda ogni spazio,
in città e fuori città. Beh, Lampedusa è pulita. Molto.
Passando
nella via centrale, un po’ di persone mi fermano: hanno seguito il mio
viaggio ma non avrebbero pensato che ce l’avrei fatta. Sembrano felici
di vedermi.
Anche
nella struttura che mi ospita la Tourgest, del mio ormai amico
Salvatore, mi accoglie in frenesia di sistemazione. Dappertutto si sta
preparando l’isola per l’arrivo dei gitanti e io ringrazio Dio di essere
arrivata prima di tutti loro. Non avrei voglia su questa isola che
tanto rappresenta per me, cogliere la spensieratezza e il “lontano dagli
occhi, lontano dal cuore” che qui convivono con la disperazione, la
morte, l’uomo mangia uomo ed anche, per fortuna, uomo aiuta uomo.
In
questi giorni si sentono notizie di nuovi sbarchi e di montagne di
nuovo dolore bagnato. La prima azione che decido di fare è “andare
incontro”, questo era il mio proposito e questo faccio. Mi dicono che
non ci si può avvicinare al Centro Accoglienza, non m’importa, voglio
“andare verso” quella zona. Il mio contachilometri segna esattamente
2.318. Ero partita a 62. Ho fatto 2256 chilometri per non sentirmi
indifferente a questo mal di vivere, di più, impossibilità di vivere,
che riguarda così tante parti del mondo e così tante realtà dolorose. Mi
avvicino lenta, con la mia bici. Il Centro è all’interno dell’isola. So
circa dov’è, non m’interessa arrivarci davvero, che sarei più che
inutile, d’impiccio. “Vado verso”, sussurrando dentro di me una sorta di
preghiera, per chi in questo giorno è appena arrivato dopo un viaggio
pazzesco, per chi è morto durante la notte per chi è lì da un po’ in
attesa di smistamento. Mi viene in mente Primo Levi, Se questo è un
uomo….
Mi raggiungono
come sempre pensieri nel mio mentre pedalo piano. Ricordo un viaggio in
treno fatto verso Roma con gli amici di Parma, lo scorso 7 aprile per la
presentazione del nostro disegno di legge (2233) sulla psichiatria.
Eravamo vicino ad alcune “signore” vestite e ingioiellate, fans di
Salvini. Stavano andando da Milano a Roma per fare shopping. Ricordo i
discorsi, le assurde convinzioni, il razzismo così forte da non
considerare assolutamente umani questi essere umani “altri”. Lo ricordo
con raccapriccio, con disgusto, anche rabbia, ma non è il sentimento
predominante. Quello predominante è il disgusto che sento proprio a llo
stomaco. E penso anche ad altre “colpe” di persone incolpevoli come chi
ha un disturbo psichiatrico, o una disabilità o si trova in una
emergenza magari momentanea. Anche loro fanno parte di una umanità tanto
altra da non essere riconosciuta come tale. Immondizia da buttare, per
alcuni.
Mentre pedalo
su queste strade punteggiate da ciuffi di fiori viola, così belle da
sembrare un paradiso, mi prende una commozione profonda. Ho pianto in
questo viaggio. Ho pianto anche ieri. Mi spaventa che esistano questi
contrasti nell’umanità. In quelle “signore” ho incontrato in potenziale
le stesse persone che in altre condizioni e paesi, organizzano viaggi
allucinanti per questi disgraziati sia su mare che su terra, senza
minimamente curarsi dei rischi, pensando solo ai guadagni.
Mi
raggiunge un altro pensiero che mi viene su quella strada così
silenziosa è Île de Gorée, visitata assieme ad amici senegalesi tanti
anni fa, appunto, in Senegal. Era l’isola dalla quale si “spedivano” gli
schiavi nel sud america. Le navi erano studiate per incastrare tra loro
più persone possibile. Ci sono i disegni dei “progettisti” che indicano
la sistemazione per riuscire a trasportarne con un solo viaggio
svariate migliaia. Strati e strati bassissimi, in cui gli schiavi
venivano distesi sul fianco, impossibilitati a girarsi per mesi, con le
gambe piegate, incastrati tra loro e incatenati così da permettere la
massimo quantità di “merce”. Morivano il 70% circa delle persone tra
escrementi e putrefazione degli altri corpi vicini. Il colera non era
che uno dei mali. I disgraziati che arrivavano vivi, non avevano in
riserbo, che altro dolore ancora. E come per le immondizie, questa della
tratta di vite umane in fuga, è una realtà per cui tanti hanno
responsabilità, indirettamente anche noi, di certo. Mi fa male. Son qui
anche per questo. Ieri una persona ha scritto sulla mia pagina FB che
sto lottando contro l’indifferenza. E’ così, è quello che ho cercato di
fare, non sapendo far molto di più: nella salute mentale, come
nell’immigrazione e nell’assurdità della incuria del nostro
straordinario paese e dei nostri paesaggi, scoprendo che l’Italia è
davvero bellissima e piena di gente di buona volontà. Forza, siamo in
tanti: la volontà è la scintilla, è ora di rimboccarci le maniche.
Girovagando
nell’isola ho poi percorso la strada delle piccole baie. L’acque è
meravigliosamente azzurra vicino alla riva per poi diventare di un bel
blu elettrico un po’ più in là. Ma al largo, dio mio, che blu scuro.
Profondo. Quasi nero.
Arrivando
col traghetto in questa acqua così scura e profonda, qua e là,
galleggiavano cose… uno straccio (era uno straccio? o forse un abito?),
due pezzi di plastica colorata indefiniti, qualche bottiglia…. La mia
immaginazione è partita e per ognuna di queste cose mi si è squarciato
il cuore, anche se forse nella realtà erano solo parte di quell’enorme
immondizia buttata qua e là nel nostro paese. Ma poteva anche essere
altro. Prima di andarmene, butterò un fiore in quasto mare. Lo butterò
per me e per tutti quelli che come me pensano che questa sia solo una
feroce follia e una inaccettabile ingiustizia alla quale, con battito
d’ali almeno, dobbiamo porre attenzione.
Domani arriveranno amici da svariate parti d’Italia di Parole Ritrovate. Sarà bello essere qui assieme.Poco più in là del porto d’attracco di Lampedusa http://biciterapia.it/2016/05/27/ar...