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 Home page > Tribuna Libera > Migranti: i sintomi di una nuova Shoa nel Giorno della Memoria

Migranti: i sintomi di una nuova Shoa nel Giorno della Memoria

Il 27 Gennaio del 1945, le truppe dell’Armata Russa liberarono gli internati del campo di concentramento di Auschwitz.

Solo allora, l’opinione pubblica mondiale, sembrò accorgersi di ciò che era accaduto ai danni di milioni di persone di religione ebraica di ogni età, ma anche a persone considerate “indesiderabili” dal regime nazista.

Non ho mai creduto alla versione di chi ha sempre sostenuto che non si sapesse nulla dell’Olocausto. Anche se all’epoca i mezzi di comunicazione non erano gli stessi di adesso e non consentissero un’immediata diffusione delle informazioni, non è possibile che il mondo non sapesse che il nazismo – da anni – avesse adottato un piano che inizialmente, serviva a creare il cosiddetto “non uomo” per poi giungere allo sterminio vero e proprio, coi mezzi – terribili – che tutti conosciamo.

Oggi è la Giornata della Memoria, in ricordo di ciò che l’essere umano è capace di realizzare contro se stesso. Perché l’Olocausto non si è abbattuto solo contro le vittime, ma anche contro chi quelle vittime ha voluto a ogni costo.

Tornando ai nostri giorni, è inquietante che proprio oggi, arrivi la notizia che la Danimarca ha approvato la normativa che prevede la confisca dei beni di valore dei richiedenti asilo politico. “Per pagare le spese del loro mantenimento” è la scusa addotta, a contrasto delle tante voci istituzionali che si sono alzate contro questa insana decisione.

Beni confiscati per un valore fino a 1.500 euro. Ma la fede nuziale, no: quella viene concessa. Peccato che, nel mondo islamico, non esiste lo scambio di fede nuziale durante il rito, ma solo l’elargizione dell’anello di fidanzamento. La stessa cosa accade in India.

Considerando che, attualmente la maggior parte delle persone che chiedono asilo politico o che tentano di abbandonare paesi in guerra, fanno proprio parte dei territori in cui la fede nuziale non fa parte del rito, possiamo dire che la Danimarca sta, non solo mettendo in atto una vera e propria negazione dei diritti umani, ma anche una porcheria in ordine di dichiarazioni diffuse.

Questa cosa della confisca dei beni, somiglia tanto alla confisca dei beni che gli ebrei e tutti i deportati nei campi di concentramento, subivano al loro arrivo nei lager.

Dopo esser stati espropriati dei beni, seguiva il passaggio sotto la doccia e la rasatura di tutti i peli, compresi quelli pubici. “Per ragioni d’ igiene” dicevano. Peccato che di igienico, nelle baracche dove furono costretti a vivere gli internati, esisteva poco e niente.

E arrivava anche il momento del tatuaggio numerico di riconoscimento: ricorda molto, l'apposizione - con un pennarello - del numero sul dorso della mano, che i migranti che hanno transitato per la Sicilia, si sono visti imporre per “Ragioni di organizzazione”.

Non si marchiano gli esseri umani. Nemmeno con un pennarello. Sa di trattamento animalesco. Nemmeno i capi di bestiame andrebbero marchiati. Ma gli esseri umani vivono sul predominio di esseri che considerano “minori”.

Ciò che sta accadendo è – in maniera inquietante – molto simile a ciò che accadde. Ai tempi dell’Olocausto dello scorso secolo, le ragioni dello sterminio, furono dettate da insanità mentale di un leader che aveva tutte le caratteristiche della malattia mentale.

Oggi, ci pensa il razzismo diffuso fra le popolazioni, a permettere che vengano perpetrate azioni rivoltanti contro i nostri simili.

Basta entrare a caso in un social network, per rendersi conto di come la scintilla del razzismo – sapientemente accesa dalla componente politica internazionale – abbia acceso gli animi di coloro che – ignorantemente – si sono subito lanciati in una corsa contro “l’oppressore straniero” e così, acciecati da una rabbia senza limiti, non si accorgono che il nemico non è il migrante, ma chi – da anni – sfrutta i flussi migratori a proprio uso e consumo.

Basta poco. Basta davvero poco per tornare ai campi di concentramento modello nazista. D’altronde, già oggi, come vogliamo chiamare certi centri di raccolta? Luoghi in cui la gente viene stipata, in condizioni igieniche precarie, e per periodi di tempo troppo lunghi per poter parlare di “politiche dell’accoglienza”.

E non è tutto, perché ad aggiungere colpe alla colpa politica, ci si mette anche una situazione alquanto voluta da quasi ogni nazione occidentale, almeno fin qui: l’aver sempre sottostimato il flusso delle migrazioni, fino a che è convenuto.

Oggi è la Giornata della Memoria, ma come potremmo dimenticare, se sotto ai nostri occhi si sta delineando un nuovo, possibile Olocausto? Dalle ragioni della politica a quelle del genere umano, assetato di sangue altrui, il passo è breve.

Se il potere necessiterà di un palcoscenico atto a sedare gli animi di coloro che vogliono a ogni costo veder sanata la situazione del “migrante che invade l’occidente”, statene certi: nuovi lager si apriranno a milioni di persone che, lo sappiamo già, continueranno – per fuggire dalle guerre, dalla mala sorte o per il clima che non consente loro di vivere oltre in territori dimenticati da Dio – a spostarsi da una parte all’altra del globo, cercando salvezza.

D’altronde, chi decide le sorti degli uomini, non ha in animo la loro salvezza – qualsiasi sia il colore della pelle e la religione – ma quella propria. Se serve, un genocidio, una nuova Shoa, verranno realizzati. Ad ogni costo. Per poi creare, un giorno, una nuova commemorazione che ricordi – per sempre – di cosa è capace una parte del genere umano.

Shalom.

 

Foto: Montecruz Foto/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

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