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Migranti, Italia sotto accusa: pestaggi negli hotspot ed espulsioni illegali

Rifugiati | In un rapporto diffuso il 3 novembre 2016 mattina, Amnesty International ha denunciato come le pressioni dell’Unione europea affinché l’Italia usi la “mano dura” nei confronti dei rifugiati e dei migranti abbiano dato luogo a espulsioni illegali e a maltrattamenti che, in alcuni casi, possono equivalere a vere e proprie torture.

Il rapporto, basato su quattro missioni di ricerca svolte durante il 2016 e su oltre 170 interviste a migranti e rifugiati, mostra come il cosiddetto “approccio hotspot” promosso dall’Unione europea per identificare migranti e rifugiati al momento dell’arrivo non solo abbia compromesso il loro diritto a chiedere asilo ma abbia anche alimentato agghiaccianti episodi di violenza.

L’approccio hotspot, introdotto nel 2015 su raccomandazione della Commissione europea, prevede che l’Italia prenda le impronte digitali a tutti i nuovi arrivati.

Sotto le pressioni dei governi e delle istituzioni dell’Unione europea, l’Italia ha adottato misure coercitive per prendere le impronte digitali, soprattutto nei confronti di chi volendo chiedere asilo in altri paesi – magari perché lì ha già legami familiari – cerca di non prendere le impronte digitali dalle autorità italiane, per non rischiare di essere rimandato in Italia ai sensi del cosiddetto sistema di Dublino.

 Amnesty International ha ricevuto denunce concordanti di arresti arbitrari, intimidazioni e uso eccessivo della forza fisica per costringere uomini, donne e anche bambini appena arrivati a farsi prendere le impronte digitali.

Su 24 testimonianze di maltrattamenti raccolte da Amnesty International, in 16 si parla di pestaggi. Una donna di 25 anni proveniente dall’Eritrea ha riferito che un agente di polizia l’ha ripetutamente schiaffeggiata sul volto fino a quando non ha accettato di farsi prendere le impronte digitali.

In alcuni casi, migranti e rifugiati hanno denunciato di essere stati colpiti con bastoni elettrici. Questa è la testimonianza di un ragazzo di 16 anni originario della regione sudanese del Darfur:

“Mi hanno dato scosse con il manganello elettrico, diverse volte sulla gamba sinistra, poi sulla gamba destra, sul torace e sulla pancia. Ero troppo debole, non riuscivo a fare resistenza e a un certo punto mi hanno preso entrambe le mani e le hanno messe nella macchina [per registrare le impronte digitali]”.  

Un altro 16enne e un uomo di 27 anni hanno riferito di aver subito umiliazioni sessuali e dolore agli organi genitali. L’uomo ha raccontato ad Amnesty International che a Catania gli agenti di polizia l’hanno picchiato e sottoposto a scariche elettriche, poi lo hanno fatto spogliare e lo hanno colpito con una pinza dotata di tre estremità:

Ero su una sedia di alluminio, con un’apertura sulla seduta. Mi hanno bloccato spalle e gambe, poi mi hanno preso i testicoli con la pinza e hanno tirato per due volte. Non riesco a dire quanto è stato doloroso”.

Sebbene nella maggior parte dei casi il comportamento degli agenti di polizia rimanga professionale e la vasta maggioranza delle impronte digitali sia presa senza incidenti, le conclusioni del rapporto di Amnesty International sollevano gravi preoccupazioni e mettono in luce la necessità di un’indagine indipendente sulle prassi attualmente utilizzate (qui l’appello per sollecitarla).

Queste prassi prevedono che i nuovi arrivati in Italia siano esaminati al fine di separare i richiedenti asilo da coloro che sono considerati migranti irregolari. Ciò significa che persone spesso esauste e traumatizzate dal viaggio e senza accesso a informazioni adeguate o a consigli sulle procedure d’asilo, devono rispondere a domande che possono avere profonde implicazioni per il loro futuro.

Sulla base di interviste estremamente brevi, agenti di polizia che non hanno ricevuto una formazione adeguata sono chiamati a prendere a tutti gli effetti una decisionesui bisogni di protezione delle persone che hanno di fronte.

In base alle nuove procedure, anziché limitarsi a domandare se intendono chiedere asilo, gli agenti devono chiedere ai nuovi arrivati di spiegare perché sono arrivati in Italia. Poiché lo status di rifugiato non è determinato dal motivo per cui una persona è arrivata in un paese ma dalla situazione cui andrebbe incontro in caso di rimpatrio, questo approccio è fondamentalmente difettoso.

Coloro che sono giudicati privi di un motivo per chiedere asilo ricevono un ordine di espulsione, incluso il rimpatrio forzato nel paese di origine, che può esporli a gravi violazioni dei diritti umani.

Ed ecco il terzo grave elemento di denuncia contenuto nel rapporto di Amnesty International: le espulsioni.

Sempre più incalzata dall’Unione europea, l’Italia sta cercando di aumentare il numero dei migranti rinviati nei paesi di origine, anche negoziando accordi di riammissione con paesi le cui autorità hanno commesso terribili atrocità.

Uno di questi accordi è stato firmato nell’agosto 2016 tra le forze di polizia di Italia e Sudan. Consente procedure d’identificazione sommarie che, in determinate circostanze, possono essere espletate persino in Sudan a espulsione avvenuta.

Anche quando l’identificazione avviene in Italia, si tratta di una procedura talmente superficiale e così fortemente delegata alle autorità sudanesi da non poter garantire un esame individuale per determinare se, nel caso specifico, una persona sarà o meno a rischio di subire violazioni dei diritti umani al suo rientro in Sudan. Vi sono già stati casi di espulsioni illegali.

Il 24 agosto 2016, 40 cittadini sudanesi – tra cui persone provenienti dal Darfur – sono stati rinviati in aereo dall’Italia in Sudan.

In sintesi, conclude Amnesty International, l’approccio hotspot, elaborato a Bruxelles e applicato in Italia, ha aumentato anziché diminuire la pressione sugli stati di frontiera e sta causando agghiaccianti violazioni dei diritti di persone disperatamente vulnerabili. Violazioni per le quali le autorità italiane portano una responsabilità diretta e i leader europei una responsabilità politica.

Amnesty International ha ripetutamente chiesto chiarimenti al ministro dell’Interno Angelino Alfano, proponendogli un confronto sulle preoccupazioni contenute in questo rapporto, ma finora non ha mai ricevuto risposta.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Gianfranco Sorrenti (---.---.---.246) 4 novembre 2016 12:37

    Ricordiamo che l’italia è lo stesso paese del G8 di Genova, dei poliziotti impuniti e dell’inesistenza del reato di tortura. la terra di Aldrovandi, Uva e Cucchi, e mi perdonino le vittime che dimentico. Ricordiamo il terribile video di quel migrante rimpatriato a forza con lo scotch sulla bocca e sulle mani, su un aereo di linea Alitalia, scortato da porci in borghese. ricordiamo anche angelino alfano, che a messina durante la pontificazione del ponte sullo stretto (scusate il gioco di parole) fece portare in caserma, senza battere ciglio, un ragazzo che voleva solo fare una domanda scomoda, in mezzo a finti giornalisti di regime. dovrebbe esserci forse ancora il video su youtube, il fatto avvenne alla fiera cittadina. io vivo in bolognina e la tensione la sento tutta, ma non perché ci sono "migranti pericolosi dalla pelle scura", ma perchè ci sono residenti pericolosi ed ignoranti dalla pelle uguale alla mia, che insultano, picchiano e fanno qualunquismo. e a pagarne le spese sono sempre le persone che si trovano agli ultimi posti della società. in bolognina sempre, ricordo l’episodio di un pestaggio da parte di un gruppo di fascisti in passa-montagna, in via franco bolognese, dove venne pestato anche una persona di 50 anni senza motivo, con il pretesto di essere nero e di trovarsi al posto sbagliato al momento sbagliato. queste persone non sono state ancora arrestate.
    "io non mi sento italiano, ma purtroppo o purtroppo o lo sono" parafrasando G. Gaber.

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