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Michela Murgia, la donna Nuraghe

Michela Murgia, da scrittrice a presidente, sostiene la sua battaglia culturale in difesa dell'identità sarda e in difesa di quel che resta dei livelli di benessere che questa meravigliosa terra meriterebbe, sotto il pesante impatto degli impianti industriali e militari obsoleti che infestano le sue coste più belle.

 
Conosco Donna Michela attraverso i suoi libri, i suoi articoli e le sue conferenze, il suo blog e la sua pagina Facebook. Pur da questa distanza mentale e fisica rilevo che apparenze, pregiudizi, conformismi ideologici e simili criticità contemporanee non appartengono a questa personalità letteraria che regala le sue intuizioni ad un’èlite intellettuale internazionale
 
Non certo scadrei come il Cappellacci nel definire la Murgia “nuraghe” per le sue dimensioni fisiche, che tra l’altro sono un esempio di struttura adattata all’ambiente socio naturale sardo, bensì il mio paragone tra un nuraghe e la scrittrice, candidata a rappresentare la Sardegna, è strettamente architettonico. Un nuraghe consiste nella sapiente disposizione di pietre di enormi dimensioni a formare un castelletto inespugnabile. Una difesa formidabile.
 
Attraverso Donna Michela scopri che è possibile organizzare la difesa del tuo spirito e della tua empatia, così tante volte calpestati e sopravanzati dalle banalità sconcertanti che quotidianamente sopportiamo, interpreti di uno stoicismo seriamente incrinato. Le sue opere sono la prova di questa attitudine empatica.
 
La struttura teologica di Ave Mary, al pari di quella etnoculturale di Accabadora, è anch’essa simile ad un nuraghe, una montagna di tesi sovrapposte ordinatamente a formare una torre inespugnabile attorno ai concetti, tanto da scoraggiare gli inquisitori più contorti che osassero sfidarle, e addirittura raccogliere, intorno alle monolitiche analisi sullo status femminile autorizzato e conforme, anche una parte della base religiosa dominante, le cui gravi incertezze teologiche vengono poste invero in viva luce.
 
Come non accorgersi poi degli stretti legami tra i due scritti, nella testimonianza culturale di una legittimata eutanasia opposta alle asserzioni teologiche della Vita-ad-ogni-costo (frutto della rimozione dei significati biologici naturali), causa però da trattare separatamente e metaforicamente al di fuori dei confini mariani?
 
Leggendo Viaggio in Sardegna (ma anche ascoltando citazioni accademiche in lingua sarda) Donna Michela fa venir la voglia di esser sardo pure te, e così nasce una speculazione interiore: sai che non lo sei, ma sai anche che lo potresti pure essere. Può questa potenzialità renderti isolano?
 
L’attitudine apparentemente secondaria di Michela Murgia (la primaria è meramente artistica), che traspare nell’interpretazione del ruolo metafisico esistenziale che a tutti appartiene, oggi da lei realizzato attraverso la sua candidatura, è quella di operare dall’interno di un sistema (capitalismo selvaggio, come in Il Mondo Deve Sapere o cattolicesimo nelle altre) con lo scopo di ricavarne fenomeni evolutivi attraverso l’esegesi (ovvero l’interpretazione critica del testo) delle rispettive leggende.
 
Dall’acquisizione di sufficienti dati critici, Michela Murgia si affaccia in politica. Si può essere d’accordo o meno con le sue idee, ma certo è che la presenza di un letterato geniale nella vita istituzionale appare un’ipotesi molto accattivante, se non altro per riportare un poco di cultura e spirito nei grigiastri e asettici palazzi del potere.
 
Scopo evidentemente considerato più importante davanti al rischio di accuse di comunismo o eresia che potrebbero colpire la giovane scrittrice, e l’ultimo tentativo ai suoi danni è quello compiuto dall’intervistatore all’interno della trasmissione televisiva Agorà del 10 febbraio scorso, che ripetutamente l’ha fatta discendere dalla partitocrazia.

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