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Mia madre, di Nanni Moretti

Due film in uno e con che attori, Moretti, la Buy e Turturro, mostruosi nella bravura, magari i due italiani sono “mostri” solo un poco più piccoli di Mastroianni e la Loren ne Una giornata particolare. Un film è quello che la regista Margherita sta girando, lavoratori che si vedono chiudere la fabbrica con l’americano Turturro che arriva per comprarla, in vista di una successiva inevitabile ristrutturazione a danno dei suoi addetti. L’altro è quello “vero” dove la regista e il fratello Nanni - che riesce a rassicurare o tranquillizzare talvolta la nervosa sorella - si avvicendano al capezzale della madre in ospedale e le fanno compagnia verso la fine, inevitabile anch’essa.

La fiction, quella della fabbrica, è ancora meno credibile della soluzione che trovano i Dardenne in Due giorni una notte: c’è distanza forse tra la vita di una regista come Margherita e il popolo dei mille euro al mese e anche meno, o senza lavoro. Lei considera che il cineoperatore stia troppo in mezzo alle botte dei manganelli dei poliziotti contro gli operai che tentano di occupare la fabbrica. Non solo, vorrebbe che il personaggio della rappresentante degli operai non si privi totalmente del suo essere attrice, che è un’istruzione che lascia il personaggio con un’espressione interrogativa e che la regista stessa confesserà al fratello di non comprendere neppure lei, in realtà. Da un’intervista a Nanni Moretti udita alla radio si apprende che è un desiderio suo, quello che l’attore non si annulli nel personaggio. E ancora: la regista della fiction che ripete in una conferenza stampa la frase fatta di interpretare la realtà o incidere su di essa, ammetterà che della realtà lei non ci capisce più niente e, sarà forse un’autocritica di Moretti per interposta persona, il regista è uno stronzo a cui voi permettete di fare di tutto.

Il film “vero” è incentrato sul fine vita della madre Giulia Lazzarini, insostituibile per i due come tutte le mamme: a che saranno serviti tutti quegli anni di studio e di lavoro, pensa Margherita, e tutti i classici latini che riempiono la libreria. La Lazzarini ci dice che si crede che i vecchi non capiscano, ma da vecchio capisci di più perché hai molto tempo per pensare. Lei, a cui resta poco tempo, trova noiosi degli amici che la visitano (uno è Renato Scarpa) e parlano sempre del passato.

Margherita interpreta un personaggio maldestro e spaesato, ricorda lei stessa in Io viaggio sola, a riprova forse che l’attrice resta attrice e non si annulla nel suo personaggio. Non sa molto darsi da fare in casa e apprende solo dalla madre, in ospedale, che sua figlia adolescente è stata molto male per un amore non corrisposto. Guarda l’ammalata del letto di fronte a quello di sua madre, a quella sì la figlia massaggia amorevolmente le mani con della crema. E’ oppressa e ansiosa al pensiero della madre mentre lavora, in una scena emozionante sarà l’attore americano Turturro a consolarla sul set con una carezza, più appropriata quando le parole sono di troppo. Il film è anche un lavoro sul mestiere del cinema, dunque, oltreché sulla vita (della madre) che finisce: l’americano sbotta in un Basta cinema, fatemi uscire dalla finzione, ridatemi la realtà. Ma è godibilissimo quando balla sul set davanti alla torta di compleanno che il cast gli ha preparato.

Molto si parla di questo film ed è tanto pubblicizzato, come si conviene a questi bravissimi attori e regista, che gareggerà a Cannes; ha momenti di vera commozione e di vero divertimento e, quando così succede, lo conferma anche Travaglio sul Fatto Quotidiano del 14 aprile 2015: dev’essere un grande film. Non saprei dire dove e perché, ma un pochino questo film segna il passo, vibra meno ad esempio di Habemus Papam e La stanza del figlio, e di diversi altri di Moretti, ma è solo un parere. Innegabile che sia molto riflettuto e vissuto per la vicenda personale di Moretti stesso e per lo script di Francesco Piccolo (viene in mente questa parola perché è citata da Turturro, che pare abbia spesso improvvisato da istrione qual è). Un lavoro con le migliori intenzioni.

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