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Messina comune virtuoso nella lotta al dissesto idrogeologico

Non si può parlare di progresso, se nel 21° secolo in Italia si muore per un temporale. A Messina è ancora vivo il ricordo delle 37 vittime dell'alluvione di Giampilieri del 1° ottobre 2009, ma anche di tutte le volte che – fino a qualche anno addietro – rischiava di scapparci il morto ad ogni intensa perturbazione.

Non si può parlare di fiducia nelle istituzioni, se dopo una tragedia un Presidente del Consiglio (Berlusconi) parla di costruire “new town”, ignorando la mancanza di spazi causati da un sacco edilizio di verosimile natura clientelare.

Se dopo la tragedia, un ministro dei trasporti (Altero Matteoli) dice che il ponte sullo stretto sarebbe servito da “via di fuga”: spiegategli che Giampilieri è all'estremo sud della città, e non nella zona nord-tirrenica dove il ponte sarebbe stato costruito.

Se dopo la tragedia, Guido Bertolaso spara a zero sull'abusivismo proprio sull'unica zona in cui l'abusivismo era ai minimi (Giampilieri è un borgo medievale), quando invece ciò che sarebbe servito era un piano di prevenzione, in considerazione del fatto che, due anni prima, il suddetto luogo fu già teatro di un'altra tragedia sfiorata.

Se dopo la tragedia, il governo non destina un euro per la ricostruzione, ma in compenso ha l'idea di progettare uno svincolo per Giampilieri, in mancanza di progetti concreti per la messa in sicurezza.

Il ricordo si è dunque inevitabilmente collegato ad una presa di coscienza da parte dei cittadini, i quali quasi due anni fa diedero fiducia all'attuale sindaco Renato Accorinti, che con la sua lista civica “Cambiamo Messina dal Basso” ha inserito tra i primi punti del programma elettorale proprio la lotta al dissesto idrogeologico.

E alla fine il professore – che ci tiene a essere chiamato semplicemente Renato - sembra aver raggiunto l'obiettivo, avendo così l'occasione di passare alla storia come il sindaco peloritano che più di tutti ha fatto per la messa in sicurezza del territorio (in verità anche per demeriti dei predecessori).

Con la nuova gestione, infatti, sono stati congelati i progetti di cementificazione: erano previsti complessivamente circa 2 milioni di metri cubi di cemento, alcuni dei quali da edificare all'interno delle 70 fiumare. In alternativa ad essi, il Comune ha presentato una lista di progetti concreti, arrivando addirittura in testa alla classifica dei comuni più virtuosi nella lotta anti-dissesto idrogeologico: è dunque in arrivo un'ingente somma tra finanziamenti italiani (in parte provenienti dal decreto Sblocca Italia) ed europei, prevalentemente destinati alla messa in sicurezza dei corsi d'acqua, principale causa della fragilità territoriale.

A dirla tutta, uno dei motivi della scalata di questa speciale classifica è anche per defezioni di altri comuni: circa il 90% di essi, infatti, non ha presentato ancora validi progetti, rischiando dunque di perdere i finanziamenti. Sulla carta, gli interventi urgenti dovrebbero essere circa 7000 in tutta Italia, tra cui Genova, Milano (Seveso), Cagliari, Napoli (progetto “Grande Sarno), Palermo, Catania, Reggio Calabria, Bologna, Firenze (Arno), Venezia e Roma.

Ma perché così tanti sindaci sono così restii a contrastare questa piaga che ha provocato, secondo il capo di #italiasicura Erasmo De Angelis, circa 5400 vittime? Il motivo è più semplice di quanto possa sembrare: a differenza dell'abusivismo e dei piani casa, la messa in sicurezza del territorio non è una “cosa visibile”, non porta consenso elettorale. Per intenderci può portare più voti una luminaria natalizia che non un torrente pulito. Almeno finché non ci scappa il morto...

La demagogia (leggi anche sindacati) poi vuole far passare il concetto che il blocco dell'edificazione selvaggia porti un calo dei posti di lavoro (e dunque di clientela, leggi altri voti alle urne), ignorando (o facendo finta) che anche la messa in sicurezza del territorio può essere una fondamentale risorsa sia in termini di forza-lavoro che di sviluppo, senza intaccare sulla fragilità idrogeologica e – soprattutto – sulla sopravvivenza dei cittadini.

Ma per farlo non serve solo pianificazione e competenza, ma – sempre citando De Angelis – serve anche coraggio.

Messina dunque diventa città esemplare in questo senso, e da cittadino ciò mi rende orgoglioso. Anche se lentamente, nonostante i debiti ereditati dal passato, qualcosa sta cambiando. Dall'incremento della raccolta differenziata, alla vendita delle auto blu, dalla promozione del microcredito e delle imprese giovanili al ripristino - dopo addirittura dieci anni! - dell'illuminazione pubblica a Santa Lucia sopra Contesse, giusto per citare esempi più recenti.

Adesso la speranza è che risultati altrettanto prestigiosi siano raggiunti in altre vertenze, come i trasporti sullo Stretto (anche se va detto che Accorinti è in atto l'unico sindaco siciliano che si sta battendo), una nuova isola pedonale... O più banalmente le buche stradali. Giusto per facilitare le vite salvate dalla suddetta prevenzione.

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