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Messico: mattanza in un casinò di Monterrey

Sparatoria, lancio di granate, fuoco. Si contano più di 50 morti nel casinò Royale della città settentrionale di Monterrey, la capitale dell’imprenditoria nazionale che fino ad anno fa era nota per il suo livello di benessere e sicurezza e aveva ospitato il Forum internazionale delle culture del 2007.

Alle 15 e 50 di ieri un commando armato formato da sei individui è entrato indisturbato nel casinò sparando, appiccando il fuoco e scatenando il panico per poi fuggire a bordo di due auto. Quello che non hanno fatto le fiamme, lo ha fatto la folla in preda al panico. Molte persone sono morte schiacciate dalla calca, calpestate dalla furia di scappare alla follia omicida dell’ennessimo gruppo armato che si accanisce contro la popolazione civile.

Non è ancora stata resa nota la natura dell’attentato che è stato semplicemente definito come “terrorista” anche se, appunto, non è confermato se si tratta di una mattanza attuate da bande di narcotrafficanti o di altro tipo. I cartelli di narcos in lotta sono tanti, le ipotesi sui colpevoli sono per ora poche. L’intervento dei pompieri, dell’esercito, della protezione civile, dei media, dei familiari delle vittime e dei sopravvissuti è stato repentino e continua tuttora nella speranza di ritrovare persone vive tra fumi e macerie.

Cosa fanno però le autorità politiche locali? Le prime dichiarazioni del governatore dello stato del Nuevo Leon e del sindaco di Monterrey non riguardano nemmeno la strage, non spiegano né rassicurano, ma sviano sfacciatamente l’attenzione dei media e della gente parlando solo di burocrazia, di permessi e di regole in vigore per il funzionamento delle case da gioco. Trattano 50 o 60 morti, una sparatoria e un incendio come se si trattasse di un incidente.

Giustificazioni, scuse, responsabilità da scaricare, code di paglia. Intanto il Messico resta ancora una volta costernato e impotente di fronte alla violenza che dilaga nonostante il governo federale e il presidente Felipe Calderòn millantino risultati tangibili nella lotta contro la delinquenza organizzata.

La cifra spaventosa di oltre 40mila morti in nemmeno 5 anni di “guerra al narcotraffico” e la crescita di una massiccia opposizione civile, fatta di milioni di cittadini indignati uniti nel Movimiento por la Paz con Justicia y Dignidad, non li hanno ancora convinti che la strategia della militarizzazione e della violenza senza quartiere non sta funzionando.

Mentre la società reagisce, chiede la pace e avanza proposte concrete di dialogo e uscita dalla crisi, il governo federale manda in onda degli spot sbrigativi e semplicistici in cui si lodano le gesta dell’esercito e la bontà di una strategia discutibile se non del tutto fallimentare contro i cartelli del narcotraffico.


LEGGI: Lo sterminio di una famiglia di attivisti per i diritti umani in Messico a Ciudad Juárez


 

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