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Mente, Computazione, Economia e scelte di valore

Nel libro “Perché l’hai fatto? Come prendiamo le nostre decisioni” di Read Montague (Raffaellocortina.it, 2008), ci sono molti spunti di riflessione utilissimi a chi si occupa di Psicologia, Marketing, Neuroeconomia e Scienze dell’informazione.

Anche chi è attratto dall’informatica e dalle scienze dell’informazione può trarre indicazioni utili da poche regole fondamentali della computazione efficiente: ricarica o muori (il tempo è prezioso), fa’ un modello di ogni cosa (trova degli obiettivi), alcuni scopi sono più efficaci di altri (cioè ottieni il massimo risultato col minimo sforzo). La computazione è quindi un sistema per elaborare e integrare le informazioni, e nella mente umana ogni simbolo porta con sé il proprio valore. Il valore appiccica al simbolo “un’etichetta di significato” e insieme al valore di altri simboli creerà diverse coppie di simbolo-valore “in qualche computazione complessa: ogni parte della valutazione porterà con sé il suo valore e, cosa assai più importante, anche la collezione nel suo insieme veicolerà un valore” (Montague p. 253). E si creano così le premesse per la costituzione delle ideologie laiche e religiose, più o meno fondamentaliste.

Dunque il cervello umano rovista nel magazzino mentale a caccia di nuove idee, come se fosse in una foresta in cerca di cibo: “Il cibo funge da scopo, il sistema dopaminico calcola continuamente un errore di predizione per il cibo, e le fluttuazioni dopaminiche che ne derivano guidano le azioni selezionate per raggiungere lo scopo… Bel trucco! Riutilizzare la caccia al cibo nella ricerca di innovazioni cognitive” (Montague, p. 112). Ma un processo del genere deve possedere moltissimi freni e contrappesi. Ci sono sistemi di filtraggio delle informazioni che limitano i tipi di pensiero che possono fungere da segnali di ricompensa e ci sono controlli autolimitanti per ridurre la durata dell’attività del sistema di ricompensa: occorrono rapide correzioni per far sì che un’idea possa anche perdere facilmente lo status positivo (Montague, p. 113). Ogni cervello dovrebbe riuscire a trovare una via di mezzo tra una perseveranza inutile nelle solite idee preconfezionate (come può avvenire nei fondamentalismi laici e religiosi) e una distrazione eccessiva e pericolosa che non consente di focalizzare il pensiero sulle cose importanti della vita: il rispetto di se stessi e della dignità e delle liberta degli altri (come accade a molte persone materialiste e superficiali).

La corteccia prefrontale sembra essere la sede di un sistema di predizione delle ricompense che può spiegare in termini computazionali una delle fonti della flessibilità e della creatività degli esseri umani e gli studiosi di teoria dell’informazione possono quindi collaborare facilmente con la comunità medica. Nella sostanza, la corteccia prefrontale orbitale preferisce parlare principalmente da sola e le numerose autoconnessioni neurali originano una rete ricorsiva di attività neurale. Read Montague e Peter Dayan hanno proposto uno dei primi modelli di errore della predizione della ricompensa ai neuroni dopaminici mentre lavoravano in uno dei tre centri più importanti di ricerche sulla mente (il più importante è il MIT: www.web.mit.edu). Al Computional Neurobiology Lab (www.cnl.salk.edu) hanno studiato e interpretato in termini di elaborazione dell’informazione tutta l’attività cerebrale: dalle computazioni fatte dalle molecole, a quelle elaborate dalla mente. Tenendo sempre presente che l’organismo e il cervello valutano ogni cosa dall’inizio alla fine. E ricordiamo che in ogni computazione di un essere vivente la parte più importante dell’informazione è legata al suo valore in termini di vantaggio evolutivo: cioè in base al raggiungimento di cibo, acqua e sesso.

Per gli esseri umani però entra in ballo la relazione sociale, l’ideologia e la fiducia, per cui molti economisti hanno valutato diversi giochi sperimentali per valutare alcuni aspetti del comportamento umano (la lealtà, la vanità, la carità, lo status, ecc.). Ad esempio da diversi modelli del “Gioco dell’Ultimatum” emerge che le persone puniscono le scelte e le offerte inique e, a costo di rimetterci loro stessi, scelgono l’opzione in cui tutte e due i “giocatori” se ne vanno a mani vuote (Montague, p. 187 e p. 188). Questi studi hanno fornito i primi dati di neuroimaging “sull’istinto umano di equità” (Jon Cohen, Università di Princeton e l’economista sperimentale Ernst Fehr).

Anche nel libro “Neuroetica. Le basi neurali del comportamento morale” (Neil Levy, www.apogeonline.com, 2009) e in “Freakonomics. Il calcolo dell’incalcolabile” (S. D. Levitt e S. J. Dubner, 2005) si affrontano questi temi economici, sociali e psicologici molto particolari. Tra le altre cose, la capacità di operare dei vantaggiosi scambi economici tra le due parti attraverso la fiducia, potrebbe essere una delle caratteristiche che ha portato i “Sapiens” a vincere la sfida evolutiva nei confronti dell’uomo di Neandertal (Jared Diamond: Armi, acciaio e malattie). Tutto è evoluzione in biologia: tutta la biologia è la storia della vita. A chi volesse capire meglio il comportamento animale (e quello umano), consiglio vivamente il meraviglioso libro di un grande premio Nobel: “L’anello di Re Salomone” di Konrad Lorenz.

Per quanto riguarda invece i comportamenti economici recenti possiamo parlare del marketing che si basa sulla capacità e sulla necessità del cervello di marchiare l’esperienza che predice la ricompensa. “Le marche fungono da segnali che predicono ricompense: generano aspettative circa l’esperienza che verrà trasmessa” e anche “l’aroma , come tutte le sensazioni, è un complesso mix di informazioni, incluse le informazioni sulla marca, e come altre sensazioni è soggetto a illusioni” (Montague, p. 206-207). Le marche e le cose che ci sono più familiari hanno sempre un gusto molto particolare… “Le marche, specialmente quelle associate a cibi e bevande, dovrebbero impegnare i meccanismi di raccolta delle ricompense nel nostro mesencefalo, nel corpo striato e nella corteccia prefrontale” (Montague), ma possono andare incontro ad una rapida svalutazione del valore nel caso di particolari esperienze negative (p. 209).

E’ la corteccia orbitofrontale (e ventromediale) che ha un ruolo fondamentale nel calcolare i valori relativi di tutti gli stimoli e quindi nel creare le basi della capacità di decisione e di scelta (Paul Glimcher). Il cervello deve sempre porre stimoli differenti su scale di valutazione comuni: l’integrazione della gamma di fonti d’informazione deve utilizzare delle “monete di scambio” interne condivise (p. 217). E qui vale la “banale” legge dell’efficienza: ottenere il miglior profitto a lungo termine dato il minimo investimento immediato.

Inoltre “il cervello ha la sua versione del motto: “Un amico del mio amico è anche lui mio amico”, e tale versione suona : “Un predittore di un predittore è anche lui un predittore”, dove predittore è ciò che predice ricompense future” (Montague). Quindi “Nel mondo reale il marketing è l’arte di mettere insieme venditori e compratori. In linea di principio è un lavoro da lubrificanti!” (Montague, p. 219). Poi, siccome ognuno di noi crea la propria visione del mondo nell’infanzia e negli anni giovanili, può diventare anche il lavoro specialistico dei “dittatori della mente” (genitori e politici) e, vivendo in un mare di messaggi culturali, altri personaggi occulti (i pubblicitari) creano dei messaggi molto più persuasivi degli altri…

Si può quindi notare una grande somiglianza tra le scienze psicologiche e quelle economiche. Infatti il premio Nobel 1999 Robert Mundell così descrive l’economia: “è la scienza della scelta in condizioni di scarsità e la sua ipotesi è che ci si comporti razionalmente”. A proposito: nel corposo manuale di psicologia economica “Mente e denaro” (Raffaello Cortina, 1999) quasi tutti gli aspetti che legano la psicologia e l’economia vengono trattati in maniera egregia.

Comunque, un discorso a parte, lo meriterebbe la trattazione dei desideri sessuali e sentimentali di uomini e donne. Spero di poter approfondire l’argomento nei prossimi giorni trovando il tempo per la recensione di due libri molto recenti: “Il paradosso dei sessi” della psicologa e giornalista canadese Susan Pinker (Einaudi, 2009) e “Il lato oscuro del desiderio” di Dan Bergner (Einaudi). Ma, in senso molto generale, si può affermare che l’unica cosa che rende possibile una vita soddisfacente “è il suo permanente, intollerabile stato di incertezza: il non sapere cosa ci aspetta” (Ursula K. Le Guin).

In conclusione possiamo anche dire che le limitazioni dell’apparato percettivo andrebbero separate da ciò che è realmente “là fuori”: ma è molto difficile, se non impossibile, separare le caratteristiche dell’apparato ricevente dalle forme di realtà che si possono ricevere e analizzare. Il passare del tempo inoltre, porta ad un eccessivo accumulo di abitudini mentali, automatizza grossolanamente la ricezione e la produzione di idee, e mortifica la più grande caratteristica positiva della mente umana: la continua ricerca dell’innovazione cognitiva e delle esperienze legate a nuove catene di eventi mentali. Insomma quella sana curiosità emotiva e razionale che ci permette di costruire un futuro migliore. Purtroppo per noi, più invecchia la classe dirigente (imprenditori e politici), e la popolazione che la subisce e la vota, più rallenta la vera innovazione.

Lezione finale sulla fiducia: “Bisogna dare alle persone la possibilità di ingannarci per imparare a fidarci di loro” (Bill Casebeer, studioso di scienze cognitive e filosofo morale).

Lezione finale di saggezza: “è impossibile uscire da un problema servendosi dello stesso tipo di pensiero che si è impiegato per entrarvi” (Albert Einstein) e “gli scienziati non sono pericolosi in quanto scienziati, ma possono esserlo in quanto uomini (Gilberto Corbellini, Perché gli scienziati non sono pericolosi, 2009).

P.S. Scegli il meglio per ultimo. Questa è vera economia! Anonimo

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