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Mazzarrà Sant’Andrea. Bisognano voleva tornare a lavorare alla "vecchia maniera"

La complessa attività investigativa, avviata nel 2015 dal Commissariato di Barcellona che si è conclusa con l'operazione “Vecchia maniera” ha avuto origine da alcune intercettazioni, dalle quali è emerso «che Bisognano Carmelo, collaboratore di giustizia, sottoposto a programma di protezione e residente in località protetta, continuava a coltivare anomali “interessi” per il territorio di Mazzarrà Sant'Andrea, nonostante si fosse allontanato da tempo da quell’area». 

Era, infatti, intervenuto a difesa di un imprenditore mazzarrese, al quale avevano bruciato, per “convincerlo” a pagare il pizzo, un veicolo, intimando agli autori, Giuseppe Cammisa, Sebastiano Torre e Mario Panté, tutti appartenenti ai “mazzaroti” e arrestati nell’operazione antimafia “Gotha V”, di cessare le richieste estorsive: «… Melo dice di lasciare stare, di finirla con queste discussioni, con queste cose, di finirla, altrimenti scende lui e la fa finire

Bisognano aveva un diretto interesse nella società di cui era formalmente titolare l’imprenditore di Mazzarrà.

L'attività investigativa ha consentito di provare che nel mese di agosto 2015 l’uomo, con la fattiva collaborazione del fedelissimo Angelo Lorisco, ha concluso un vero e proprio “pactum sceleris” con Marino Tindaro, caratterizzato da uno scambio di prestazioni con reciproco vantaggio.

Bisognano, infatti, come collaboratore di giustizia, si è impegnato a rilasciare dichiarazioni più favorevoli nei confronti di Marino, rispetto a quelle in precedenza rese nell’ambito dei vari procedimenti che lo riguardavano.

Marino, in contropartita, ha promesso erogazioni di cospicue somme di denaro e si è impegnato a coinvolgere il collaboratore nella sua attività imprenditoriale, entrando in affari direttamente con costui fino al punto di costituire e finanziare una società, di fatto riconducibile ad entrambi, anche se intestata a terze persone e cioè gli odierni indagati.

Nel mese di dicembre Bisognano aveva reso dichiarazioni per “alleggerire” la posizione di Marino e le stesse venivano utilizzate nell’ambito di un procedimento di prevenzione a carico del Marino, nonché innanzi alla Corte di Cassazione nel giudizio “Gotha 1 – Pozzo 2” che lo vedeva imputato.

Il Gip, nell’affermare la sussistenza del reato di false dichiarazioni (art. 371 ter c.p.) rileva che «può senz’altro sostenersi che Bisognano abbia rilasciato false dichiarazioni sulla posizione del Marino stesso, in quanto oggettivamente diverse da quelle in precedenza rese, assolutamente più favorevoli per quel soggetto in quanto ne attenuavano non poco la sua responsabilità penale. La scelta fatta dal Bisognano era volta a svolgere una nuova, lucrosa attività imprenditoriale, al riparo da “occhi indiscreti».

Sempre dalle intercettazioni e dai relativi riscontri è, inoltre, emersa la prova del reato di attribuzione fittizia della titolarità della società i cui intestatari fittizi sono oggi indagati (art.12 quinquies L.203/91).

«Dalle intercettazioni è emerso che l’effettivo proprietario della società era Carmelo Bisognano il quale, non potendo figurare in prima persona nell’assetto societario a causa dei suoi trascorsi giudiziari e dell’attuale status di collaboratore di giustizia, si è occupato personalmente di far intestare le quote agli odierni indagati avvalendosi della fattiva collaborazione di Tindaro Marino».

Quest’ultimo ha corrisposto somme di denaro e consegnato veicoli per lo svolgimento delle attività della società, in alcuni casi sollecitato direttamente da Bisognano che, nelle conversazioni intercettate, gli ha ricordato gli impegni assunti e da lui mantenuti con le dichiarazioni rese in suo favore.

Ultimamente la coppia, proprio attraverso la società, era molto attiva allo scopo di accaparrarsi lavori pubblici da effettuare nella zona tirrenica della provincia di Messina, ricavandone lauti guadagni e tornando a lavorare alla “vecchia maniera”.

La società “ era di fatto gestita dai due con la fattiva collaborazione di Angelo Lorisco. In particolare, il Bisognano e il Marino sono “le teste pensanti” della società, coloro che ne decidevano le sorti e il destino, e ciò anche in ragione della loro “competenza specifica” in materia.

Lo stesso Marino dimostra di vantare consolidati rapporti nel palermitano, nel mese di febbraio 2016, allo scopo di introdurre in quel cantiere alcuni mezzi della società, e mette in contatto Lorisco con un capo cantiere di una società impegnata a Palermo in lavori ferroviari. Dopo diversi incontri tra il Lorisco ed il capo cantiere, il cui contenuto è stato puntualmente riferito a Bisognano ed intercettato dagli investigatori, si giunge a stipulare il contratto di lavoro nell’attesa del rilascio della certificazione antimafia e, come rileva il Gip, proprio «le ultime conversazioni intercettate in ordine di tempo hanno messo in luce il particolare attivismo del duo Bisognano/Lorisco per ottenere la certificazione antimafia a favore della società, condizione imprescindibile per la piena operatività della stessa” ed al fine di “velocizzare il rilascio del certificato antimafia” cercavano di attivare ogni “conoscenza».

A Bisognano e Marino viene contestato anche il reato di tentata estorsione commesso, nel mese di febbraio 2016, in danno di due imprenditori edili di Terme Vigliatore.

Come rilevato dal Gip, emerge la chiara intenzione di Bisognano e Lorisco di imporre alla società dei due imprenditori edili, l’utilizzo di mezzi di lavoro nella propria disponibilità. L’intenzione era di ottenere detti lavori con la minaccia ai titolari della società in questione, veicolata dal Lorisco, di rendere dichiarazioni che avrebbero pregiudicato la posizione dei due imprenditori edili, e quindi delle società da costoro gestite. E ciò a differenza di quanto avvenuto nel passato, allorquando, invece, egli avrebbe omesso di riferire all’Autorità Giudiziaria fatti e circostanze aventi rilievo penale sul conto dei predetti.

Le indagini della polizia hanno accertato infine la responsabilità di Stefano Rottino e Angelo Lorisco per un’ attività estorsiva condotta, nei mesi di gennaio e febbraio 2016, in danno di una società avente diversi punti di vendita nella città del Longano per il commercio di prodotti per la cura della persona.

Per tale reato sono state ritenute sussistenti dal Gip le aggravanti di cui all’art.7 del D.L.152/91 in quanto le condotte sono state poste in essere con “metodo mafioso”, nonché l’aggravante prevista nel caso in cui l’autore sia persona che fa parte di una associazione mafiosa (Rottino è stato condannato in esito al processo “Gotha 4” per il reato di cui all’art.416 bis).

Intercettazioni eriscontri, hanno consentito di accertare che Rottino, su indicazione di Giuseppe Antonino Treccarichi, pregiudicato condannato per associazione mafiosa nel procedimento penale “Gotha 4”, incaricava Lorisco di riscuotere una somma di denaro presso i punti vendita, cosa che effettivamente il Lorisco faceva dopo aver informato Bisognano che «intuendo la natura illecita della richiesta avanzata dal Rottino suggeriva al Lorisco di essere estremamente cauto».

 

Foto: Gli arrestati nell'operazione Vecchia maniera

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