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Giubileo. Marino contro cortei e scioperi. Il sindaco Pd come Alemanno?

Il Giubileo straordinario indetto da Papa Francesco a decorrere dal prossimo 8 dicembre incentrerà su Roma l'attenzione di tutto il mondo cristiano, attirando sicuramente un importante flusso di pellegrini da ogni continente. Alle questioni spirituali si affiancano quelle logistiche e organizzative, per consentire un sereno affruire e defluire dei fedeli. A questo proposito le cronache giornalistiche anticipano alcuni progetti del sindaco di Roma, Marino, per gestire l'evento del prossimo Giubileo. "Freno agli scioperi e cortei lontano dal centro": a leggere i titoli dei giornali sembra piuttosto sconcertante il punto di vista del Primo cittadino della Capitale, chiamato alla gestione organizzativa di un evento che attirerà un importante flusso di pellegrini in una città non ancora ripresasi dai danni e dagli strascichi della mala gestio dell'ultimo Giubileo.

In una situazione in cui non solo l'eccezionalità, ma anche la semplice ordinarietà si trasforma per ogni romano in un'impresa epica, fra trasporti pubblici carenti, strade disastrate, improvvide chiusure di arterie di comunicazione della città, blocchi del traffico (che dovrebbero ridurre l'inquinamento) programmati con settimane di anticipo e spesso slegati dai reali indici di tossicità dell'aria... in questa situazione sembra che il problema sia quello di comprimere ulteriormente gli spazi di espressione democratica del dissenso in ambito politico e sociale. Si tratta di una scelta doppiamente pericolosa in un Paese che resta sprofondato in una profonda crisi da cui non si vede via d'uscita.

Con riferimento agli scioperi, scrive Repubblica del 27 aprile: "Si tratterà di stilare una sorta di protocollo sugli scioperi nei servizi pubblici insieme alle parti sociali per stabilire regole più stringenti. Come? Per esempio, le agitazioni potranno essere proclamate sulla base della rappresentanza dei sindacati all'interno dei luoghi di lavoro. Si fanno anche delle cifre: il 5 o il 10%. Insomma, una sigla che ha pochi iscritti potrebbe vedersi rifiutata la possibilità di organizzare una mobilitazione. Per tornare all'esempio dello sciopero di venerdì 17 aprile, insomma, se la soglia stabilita fosse il 10%, Ugl e Sul (che rappresentano rispettivamente, secondo i dati di Atac, il 3,5 e il 2,5% della forza lavoro) avrebbero dovuto rinunciare alla loro protesta. Per il resto, invece, in tutti i casi di sciopero, il Campidoglio avanzerà la richiesta di rendere obbligatorio per il lavoratore l'annuncio della propria adesione".

Non c'è bisogno di essere dei fini giuristi per notare la malcelata e gravissima compressione di un diritto costituzionalmente garantito e che vari Governi da qualche anno fanno di tutto per provare a demolire. Le limitazioni si manifesterebbero qui nell'introdurre pratiche e parametri affatto estranei al diritto del lavoro, naturalmente a solo danno dei lavoratori.

L'esercizio del diritto di sciopero resta poi il solo strumento di pressione nel disperato tentativo di sollecitare una presa di posizione e un intervento dell'Amministrazione comunale, nello sfascio generale dei servizi pubblici della Capitale, a partire dai trasporti (ricordiamo agli smemorati lo scandalo del 2013, concernente una stamperia clandestina di biglietti Atac gestita da esponenti dell'azienza, in relazione a fondi neri che cadevano a pioggia sui partiti della destra e del centrosinistra... da allora i provvedimenti presi per un'inversione di rotta sono davvero minimi, a partire dal permanere in giro dei soliti noti). Insomma, risolvere i problemi? No, zittire le proteste, scopo per il quale anche il Giubileo torna utile: quanto di più lontano dai valori e contenuti su cui il Vescovo di Roma ha chiamato l'anno di celebrazioni religiose!

Altro capitolo riguarda poi i cortei, di cui si prospetta uno spostamento in "zone meno congestionate" o fasce temporali di esclusione. Per reaizzare il tutto, naturalmente, il sindaco chiederebbe "poteri speciali". Nell'attesa di conferme o smentite di quanto riportato dalla stampa, non può non venire alla mente il precedente delle dichiarazioni roboanti di Alemanno (contrastate persino dal PD allora all'opposizione), e poi del protocollo sui cortei e dei provvedimenti con cui l'ex sindaco aveva tentato di limitare gravemente il diritto di manifestaze, anch'esso costituzionalmente garantito. Tali tentazioni neoautoritarie erano sfumate in quanto i provvedimenti, sistematicamente infranti da studenti e movimenti sociali determinati rivendicare i propri diritti, erano stati infine demoliti dal TAR, dopo una vicenda che aveva visto CGIL e Rifondazione Comunista agire in giudizio. Anche Marino farà bene a ricordare qualche passaggio della sentenza 1432/2012 del TAR Lazio:

"Le ordinanze impugnate, in ogni caso, violano il dettato di cui all’art. 17, co. 3, Cost. il quale, come evidenziato, dispone che delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.

Pertanto, occorre innanzitutto ribadire che l’esercizio della libertà di riunione, nel cui perimetro rientra la libertà di corteo, non richiede alcuna preventiva autorizzazione dell’autorità di pubblica sicurezza, ma il solo preavviso, per cui un provvedimento amministrativo che intenda disciplinare ex ante le modalità di svolgimento delle riunioni in luogo pubblico, comprimendo incisivamente la libertà di formazione dei cortei, si presenta già di per sé illegittimo in quanto violativo della citata norma costituzionale.

In altri termini, una regola dettata in via generale ed astratta che incide drasticamente sulla libertà di riunione garantita dall’art. 17 Cost. è evidentemente violativa di tale norma costituzionale in quanto tende a sostituire al regime costituzionale di tendenziale libertà un regime amministrativo in cui alla valutazione da compiere “a valle”, circa la eventuale sussistenza di comprovati motivi che giustificano il divieto, subentra una valutazione compiuta “a monte” di incompatibilità tout court di determinante modalità di svolgimento delle riunioni in luogo pubblico.

Le riunioni in luogo pubblico, inoltre, possono essere vietate solo per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica, o di ordine pubblico, di moralità o sanità pubblica, argomentando dal combinato disposto dell’art. 17, co. 3, Cost. e dell’art. 18, co. 4, TU leggi sulla pubblica sicurezza, e nell’esercizio del potere di veto, attribuito al Questore dall’art. 18 TULPS, è necessario indicare i “comprovati motivi”, vale a dire che occorre fornire una indicazione particolarmente rigorosa e coerente dei presupposti a base della determinazione adottata, proprio perché essa determina la compressione o addirittura il sacrificio di un diritto costituzionalmente garantito.

Va da sé, allora, che un provvedimento amministrativo, adottato peraltro al di fuori dei poteri straordinari attribuiti al Commissario, non può mai legittimamente imporre una volta e per tutte, vale a dire con valutazione ex ante che prescinde totalmente dalle indicazioni delle eventuali ragioni ostative relative alla singola manifestazione una volta ricevuto il preavviso della stessa, limitazioni o sacrifici al diritto di riunione in luogo pubblico ed alla libertà di corteo."

Foto: Flickr (Autore: Roberta)

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