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Marchionne for (n)ever

Mentre la Fiat ha una produzione che arranca e fa fatica da tutte le parti per far risalire gli acquisti del proprio prodotto, non è così per altre aziende del Gruppo. Il marchio Ferrari e quello della Maserati hanno comunque registrato in questi ultimi mesi una straordinaria crescita dovuta agli aumenti delle vendite. Le auto per la gente ordinaria delle classi medie e basse si vendono, ormai da tempo, a fatica, ma quelle per i ricchi vanno sempre a ruba. Il mercato delle auto di lusso non conosce crisi, ma quello che la conoscerà bene sarà il mondo degli operai che tali auto le produce. Tra poco anche gli operai della Ferrari e della Maserati conosceranno le vere politiche di Marchionne anche sulla loro pelle.

Il FQ ha riportato in un suo articolo la notizia che la Fiat sia in procinto di esportare il modello attuato a Pomigliano anche in altre aziende del gruppo; tutto ciò suona come “una vergogna”.

Proprio quando tale modello stava per essere attuato per la prima volta qualche annetto fa, Eugenio Scalfari, con un editoriale su Repubblica, introdusse l'idea che quella della città campana poteva essere un operazione “apripista” per altre aziende del gruppo Fiat e pose nel medesimo articolo una domanda molto arguta quanto inquietante: Andiamo dunque verso un rapido azzeramento delle conquiste sindacali e dell'economia sociale di mercato degli anni Sessanta fino all'inizio di questo secolo?” Anche allora, in un articolo dedicato all'azienda torinese, risposi affermativamente a questa domanda. Ora più che mai la cosa suona come una conferma. Infatti, gli operai del gruppo Fiat, sia emiliani che romagnoli, sono molti preoccupati per l'occupazione. A sentire le notizie, qualche modello della Maserati potrebbe essere assemblato negli stabilimenti di Grugliasco e non più a Modena. Passando poi alla Ferrari, la situazione è rischiosa anche lì. Infatti, la Fiat oltre al perenne rifiuto di rinnovare il contratto scaduto ormai da 3 anni, ha altresì dato notizia di voler applicare anche ai dipendenti di Maranello, quelli che producono “la rossa”, il medesimo contratto applicato a Pomigliano. I sindacalisti delle RSU Ferrari hanno detto che tale modello di lavoro è “senza democrazia, rappresentanza e diritti”. La cosa che manda in bestia è il fatto che, nonostante la situazione sia florida sia per Ferrari che per Maserati, il grande mastro puparo - che guadagna quanto cospicue migliaia di operai - vuole esportare con la solita nonchalance il modello applicato in stabilimenti che potevano avere problemi di produttività. Finora l'azienda di Maranello invece è riuscita a registrare un margine di vendite quasi del +17% nell'ultimo trimestre del 2011 rispetto a quello di poco superiore all' 1% della Fiat. In tutta questa operazione di “macelleria operaia” la cosa che preoccupa è la possibile precarietà di 400 operai, senza contare i danni al capitale umano dell'indotto.

Stiamo assistendo ancora una volta al consolidamento del potere di una grande azienda multinazionale, nata in Italia, più volte “salvata” e aiutata in varie epoche da denaro dei contribuenti italiani, ai danni però di quelli che con il proprio lavoro contribuiscono a far sì che il capitale dell'azienda cresca. Per ironia della sorte, invece, proprio quelli che il profitto lo creano devono vedersi trasformare il proprio contratto in qualcosa di più precario che peserà sulla loro testa come una spada di Damocle. Questa cosa che sta per avvenire alla Maserati e alla Ferrari suona come un ennesimo schiaffo a tutta la classe operaia. Operai che, con la propria professionalità costruiscono grazie al proprio know-how insieme a progettisti e ingegneri auto straordinarie quanto per lusso e quanto per tecnologia e prestazioni, si stanno per trasformare, come i propri colleghi delle altre aziende Fiat, in pedine sacrificabili ai quali possono essere tolti diritti sindacali, acquisiti con lotte e sacrifici, sicurezze e quant'altro; tutto perché l'azienda deve lucrare il più possibile sul plus valore.

In tutto ciò non colpisce neanche più il silenzio delle Istituzioni, le quali hanno investito fior di quattrini dei contribuenti in questi stabilimenti nel corso di decenni. Tutto tace! Si lascia a grandi "macellai" mano libera di sacrificare per amor di guadagno delle lobby che loro rappresentano, mentre queste foraggiano i propri aguzzini adeguatamente.

Assisteremo ancora una volta alla rappresentazione del vero volto della globalizzazione? Vedremo ancora il regresso della società che ha prestato la sua forza lavoro a delle Multinazionali "aliene" - per quanto riguarda l'aspetto umano - senza che lo Stato ci metta minimamente il dito? Certa industria è proprio come la classe politica: chiede sacrifici agli altri, ma si guarda bene dal farli essa stessa. Fino a quando continueremo con questa ipocrisia distruttiva?

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