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Macron, il leader del (non) partito

Quello di Macron potrebbe sembrare un mezzo miracolo.
Il giovane ministro dell'Economia di un governo in perdita di consenso e legato ad un partito in perdita di voti, è riuscito in pochi mesi a crearsi un movimento, a staccarsi dall'ombra di Hollande (di cui era consigliere) e del PS francese e a presentarsi agli elettori come il volto nuovo della politica.
Macron il rottamatore francese, quello che in Italia tutti guardano con interesse in Italia, con la solita domanda stupida, chi è il Macron italiano (ovvero il vincente) italiano?
 
Bene: Macron ha creato un movimento (EnMarche) raccogliendo finanziamenti privati (di cui non ha comunicato la lista, ponendo così un problema di potenziale conflitto di interesse) senza chiedere al momento finanziamenti pubblici (forse lo farà alle amministrative di giugno).
Con questo movimento si è presentato alle elezioni prendendo i voti anche dal suo partito socialista, che è finito al 6%.
Rottamatore (almeno dei partiti tradizionali) e anche Europeista convinto, Macron nelle sue interviste ha sempre avuto alle spalle la bandiera dell'Europa, non come quelli che se la mettono o tolgono per fare un capriccio con la matrigna UE (tipo minacciare di porre il veto all'Eurobilancio già approvato fino al 2021).
 
Europeista che intende rafforzare l'asse con la Germania (alla faccia dei Macron all'italiana) ed è pure favorevole ad una Europa a due velocità. Macron, come Grillo e come altri nazionalisti, si dice né di destra né di sinistra: cosa voglia dire non l'ho ancora capito. Forse destra e sinistra sono posizioni vecchie, superate, ma ricchi e poveri sono categorie reali. Come anche sfruttati e sfruttatori.
Persone che hanno mille possibilità (di reddito, di non pagare tasse, di assistenza, di carriera) e persone tagliate fuori.
 
Il suo programma si chiama “Mon contract avec la nation” che ricorda un po' troppo il contratto con gli italiani: in questo si parla di accoglienza, di inventare nuove protezioni nel mondo del lavoro ma anche di tagli nella macchina dello Stato.
Macron parla di riformare l'Europa, cosa a mio avviso impossibile finché ci sarà il dualismo Commissione e Parlamento. Finché ci saranno persone come Juncker, il politico del Luxgate.
Nella sua visione, ci deve essere un bilancio comune per la difesa e una vera condivisione dei valori fondamentali sull'immigrazione.
 
Siamo tutti contenti (a sinistra) che ha vinto Macron e non Le Pen, Hamon o Melenchon?
Mah.
Sono spariti i partiti tradizionali, con le loro strutture, con la loro presenza sul territorio e sono stati sostituiti da altro.
Quanto questo altro sia capace di raccogliere le istanze del territorio, delle persone (quelle tagliate fuori, senza opportunità, con meno tutele) è tutto da vedere. Non vorrei che, di fronte ad una crisi della sinistra e in generale del sistema dei partiti, ci trovassimo di fronte all'ennesimo Gattopardo, ad un cambio di verso che ha solo portato all'indietro nel tempo le lancette del paese.
 
Come tutta da capire la futura (eventuale) maggioranza parlamentare a cui dovrebbe appoggiarsi.
 

 

PS: della sua vita privata, della moglie, chiaramente tutto questo non ha alcuna importanza per un giudizio sulla sua politica. 
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