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Lucio Dalla: Radio Padania sparge fiele

E' Andrea Rognoni, dai microfoni della radio delle Camice verdi, a dissacrare il momento del dolore di milioni di fan del compianto Lucio Dalla e ad esprimere giudizi "stucchevoli" sulle poesie del cantore bolognese. 

E' stato il funerale teletrasmesso più toccante, dai tempi in cui Papa Giovanni Paolo II salì al Cielo. Piazza Maggiore, ribattezzata per l'occasione Piazza Grande, è colma di fan: Lucio Dalla è stato probabilmente il più grande (la considerazione è assolutamente personale) tra i cantautori della nostra "Banana Republic". Con Dalla muore non solo un talentuoso artista poliedrico, ma anche il più grande tra i poeti in musica contemporanei, umile cantastorie di rara umanità, artefice di testi tra i più profondi che si ricordino.

In un simile contesto di ossequioso rispetto, una voce canta fuori dal coro. Non per anticonformismo, ma per banalità. Non per dare un nuovo punto di vista interpretativo, ma per rimarcare una differenza culturale. E' dai microfoni di Radio Padania che Andrea Rognoni, già noto alle cronache per le deliranti affermazioni riguardanti Anna Frank, dà espressione al pensiero "nordista".

Per il conduttore di "Cultura Padana" il cantore bolognese il capolavoro "Caruso" si rivela essere "il più stucchevole". Di certo non passerà alla storia come il critico musicale del millennio. Né apprezza particolarmente 4-3-43, colpevole di dipingere un Gesù Bambino "figlio di ...", senza badare al cantico che inserisce il protagonista del brano in un'osteria con ladri e donne di malaffare: tra quegli emarginati che furono amati da nostro Signore Gesù Cristo.

"L'anno che verrà" invece, offre un'emancipazione che passa per il sesso e non per il lavoro: profetico e con un testo ancora attuale, a causa della penuria d'impiego che ci affligge oggi e che magari ci porterebbe a fare l'amore, ognuno come gli va, per riprendere il brano contestato dal leghista.

Rognoni non spreca aggettivi per definire Dalla: "italiota", "mistificatore", "prestidigitatore". Peccato che per definire Rognoni ne bastino giusto un paio di attributi... 

Il delirio Rognoniano arriva a tacciare il piccolo bolognese di "difesa dei dialetti, solo perché vuole un'Italia più centralizzata". Se il pensiero fosse di senso compiuto potremmo azzardare a sostenere una tesi contraria, benché il contenuto non richieda sforzi ulteriori se non quelli dello sberleffo che suscita. Magari avrà modo di approfondire il concetto in quella rivista su "L'Europa dei popoli", da lui diretta e fondata da Borghezio (altro raro esempio di cultura padana)

Allo stesso modo, saremmo lieti di comprendere il significato delle parole riguardanti il Lucio Dalla che rappresentava "quella Bologna che accoglie e raccoglie tutti", in una parvenza di delirio xenofobo malcelato. Siamo certi non vorrà insistere su tanta idiozia.

Ma, tutto sommato, le teorie di Rognoni sono solitamente un'ottima via di mezzo tra il Nostradamus "de noantri" e l'ultimo libro di Dan Brown, strizzando l'occhio al vecchio Martin Mystere: dopo averci informato sulla fondazione di L'Aquila sulla pianta della città di Gerusalemme, inizia ad esprimere deliranti teorie esoteriche , secondo le quali il crollo della basilica di Collemaggio indica la prossima islamizzazione dell'Europa cristiana. Un'attendibilità pari a quella che in banca viene concessa ai soldi del Monopoly.

Attendiamo con trepidazione le prossime piogge torrenziali che annunciano inequivocabilmente il nuovo diluvio universale, per condurre la nuova Arca è stato prescelto un certo Francesco Schettino. Biglietti in prevendita e diretta radiofonica dagli studi di Radio Padania. C'è da scommetterci.

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