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Libia. Torna la guerra e torna nel silenzio della gente

L’investimento sull’ignoranza, sulla scuola povera, sulla storia come educazione “patriottica” e legittimazione del presente, non delude le attese e gli interessi moltiplicano più e più volte il capitale.
Torna la guerra e non senti vibrare attorno a te la ripulsa per l’interminabile sequela di menzogne, conflitti sanguinosi e ributtanti ingiustizie. La gente non s’accorge nemmeno che in guerra ci andiamo in compagnia degli assassini di Regeni.


Per un quarto di secolo si sono messi abilmente assieme i fatti con un unico scopo: resuscitare i sudditi della ragion di Stato e degli interessi del grande capitale e celebrare i funerali dei cittadini. “Sovversivismo storiografico” direbbe Gaetano Arfè, che l’aveva intuito con indubbia precocità: si è lavorato perché Il passato tornasse passato, smarrisse i legami con la contemporaneità. Siamo a tal punto ormai, che nessuno ricorda più la libertà come vittima prediletta della guerra e intere generazioni credono possibili le “guerre per la democrazia”. Eppure l’avevamo imparato: la guerra è l’arma più efficace che il potere possegga contro i diritti.
Torna la guerra e i generali di Renzi portano in Libia un popolo che non ha più strumenti critici. Torna il “ritorno all’Africa”, con cui Mussolini condusse i nostri nonni alla tragedia. Torna, nell’indifferenza della scuola, nel silenzio di docenti complici o intimoriti. Torna e ancora una volta, nonostante i gas e il genocidio, le piume dei bersaglieri correranno al vento tra popolazioni che non hanno scelta: o li accoglieranno come liberatori o finiranno nella lista delle “canaglie” e dei “terroristi”.
Parificati fascismo e antifascismo, torna la guerra in Libia ed è di nuovo “santa”, contro il barbaro musulmano. Torna e nessuno ricorda che più o meno cento anni fa, da lì, dalla Libia, partimmo per la guerra mondiale, da lì vennero la fine della democrazia e la feroce dittatura totalitaria. Non poteva andare diversamente, del resto, nel cuore di una crisi finanziaria, dopo la manomissione della Costituzione, l’apoteosi della “Grande Guerra”, la rivalutazione del fascismo, le menzogne sulle foibe e la criminalizzazione dell’idea stessa di comunismo.

Doveva tornare e torna la guerra in una indifferenza generalizzata che è anche figlia di una “politica dell’oblio”, di manuali scolastici che hanno rinunciato a fornire strumenti critici adatti a leggere il presente attraverso la chiave preziosa del passato. Figlia di una scuola che in molti hanno distrutto e Renzi s’è intestata.

Torna la guerra, mentre la memoria di Stato, nei giorni comandati, ricorda un genocidio sterilizzato, che non sa e non può dire alla gente la sua verità disperata: il “secolo dei massacri” non è mai terminato.

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